Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17366 del 18/08/2011

Cassazione civile sez. III, 18/08/2011, (ud. 10/06/2011, dep. 18/08/2011), n.17366

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 16247/2009 proposto da:

G.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, P.ZA EMPORIO 16-A, presso lo studio dell’avvocato FERRI LIANA,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARINONI Roberto giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CENTAX SPA (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio dell’avvocato PAFUNDI

Gabriele, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CAFFI

MARIO giusta delega a margine del controricorso;

BANCO DI SICILIA SPA (OMISSIS), in persona del Responsabile del

Department Legale Avv. G.M., presso CANCELLERIA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato POLIZZOTTO Salvatore

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 116/2009 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, Sezione Civile, emessa il 05/03/2009, depositata il

08/05/2009; R.G.N. 186/2006.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/06/2011 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;

udito l’Avvocato MARINONI ROBERTO;

udito l’Avvocato SANTARELLI STEFANO per Avvocato PAFUNDI GABRIELE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con atto di citazione del novembre del 2000 l’avv. G. G. convenne in giudizio innanzi al tribunale di Nicosia il Banco di Sicilia s.p.a. e Centax s.p.a. (abilitata a garantire il pagamento ai prenditori di assegni da terzi) chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a seguito di due rifiuti, da parte di due venditori di merci di Enna e di Agrigento, di due assegni bancari che egli aveva rilasciato traendoli sul Banco di Sicilia, di cui era correntista.

Si dolse che in entrambe le occasioni (il 19.5.2000 e l’1.7.2000) Centax s.p.a., interpellata dai prenditori, avesse negato la garanzia benchè esistesse ampia provvista a copertura degli assegni; e che il Banco di Sicilia avesse offerto informazioni in violazione della legge sulla protezione dei dati personali, volta che egli non aveva mai autorizzato l’istituto di credito ad informare chicchessia sulla propria situazione bancaria.

Entrambi i convenuti resistettero.

Il tribunale accolse le domande con sentenza n. 123 del 2006, condannando ciascuna delle società convenute al pagamento di Euro 5.000, oltre alle spese.

La sentenza è stata totalmente riformata dalla corte d’appello di Caltanissetta che, con sentenza n. 116 dell’8.5.2009, ha rigettato le domande e condannato il G. alle spese del doppio grado.

Avverso detta sentenza ricorre per cassazione il soccombente affidandosi a due motivi.

Le società intimate resistono con distinti controricorsi.

Il ricorrente ed il Banco di Sicilia hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Col primo motivo di ricorso sono dedotte “violazione e falsa applicazione della L. n. 675 del 1996 (ed, legge sulla privacy)” per avere il Banco di Sicilia dato informazioni sulla solvibilità del G. – ma, recte, sulla sussistenza di provvista a copertura degli assegni -senza il suo consenso, che avrebbe dovuto essere espresso e documentato per iscritto a norma dell’art. 11, comma 3, della legge citata; consenso che il G. aveva prestato solo molti mesi dopo le vicende di cui si tratta, risalenti al maggio ed al luglio del 2000.

1.1.- Il motivo è inammissibile.

E’ pacifico che il danno di cui il ricorrente ha domandato il risarcimento consiste nell’essere apparso come persona insolvibile.

Una responsabilità del Banco di Sicilia si sarebbe dunque potuta configurare in relazione ad una comunicazione di tale contenuto che fosse stata data dall’istituto bancario a terzi; non, ovviamente, ad un’informazione di segno opposto, suscettibile se mai di risolversi nell’accettazione dell’assegno da parte del beneficiario, o alla mancanza di comunicazione, che avrebbe realizzato proprio la situazione che il ricorrente prospetta conforme a legge.

Ora, il G. non sostiene che il Banco di Sicilia avesse mai comunicato a Centax che i due assegni emessi dal primo non potessero essere pagati per mancanza di fondi.

Anzi, in relazione ad uno dei due assegni espressamente lo nega laddove, nell’illustrare il secondo motivo di ricorso (di cui si dirà in seguito), afferma che la garanzia era “stata negata dalla Centax in data 1.7.2000 non già per mancanza di fondi o per la presenza di indici di insolvibilità dell’esponente, bensì solo a causa dei problemi tecnici dei terminali della stessa Centax”, aggiungendo che “inoltre, nel corso del giudizio di primo grado, è stato accertato che la richiesta di bene fondi rivolta da Centax al Banco di Sicilia è avvenuta ben due giorni dopo il diniego della garanzia da parte della prima” (pagina 13 del ricorso).

In difetto del presupposto di fatto costituito da informazioni in concreto date dal Banco a Centax (presupposto che non si afferma sussistente nè in ricorso nè in sentenza) ed eziologicamente incidenti sul rifiuto degli assegni (in sentenza, a pag. 4, secondo capoverso, si afferma che Centax rifiutò la garanzia “nonostante il conto corrente fosse capiente”), il quesito di diritto posto dal ricorrente assume una valenza meramente astratta, insuscettibile di configurare l’interesse ad una decisione della corte di legittimità che stabilisca, ratione temporis, se “la legge sulla privacy (1.675/1996) deve essere interpretata nel senso che in assenza di un consenso scritto al trattamento ed alla divulgazione dei propri darti da parte di un correntista al proprio istituto di credito, quest’ultimo non possa fornire a terzi informazioni circa la copertura di un titolo di credito emesso dal medesimo correntista (il ed, bene fondi)”.

2.- Col secondo motivo di ricorso (erroneamente qualificato “d’appello” a pagina 11 del ricorso) la sentenza è censurata per violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 cod. civ., e dei principi sulla responsabilità per colpa.

Vi si sostiene che erroneamente la corte d’appello abbia escluso la responsabilità di Centax sulla esclusiva considerazione che, agendo in forza di specifico contratto di garanzia fideiussoria nei confronti degli esercenti commerciali, a ciò autorizzata dal 6 luglio 1994 e D.M. 2 aprile 1999 (in relazione al D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 106, comma 4, lett. b), essa è dunque abilitata “a consultare le banche allo scopo di poter controllare la sussistenza o meno di fondi necessari alla solvibilità del titolo negoziato” (così la sentenza impugnata, a pag. 10). Anche un’attività lecita, si afferma, può essere concretamente svolta in modo scorretto e causare come conseguenza un danno ingiusto: tanto era appunto accaduto nel caso di specie nel quale, a causa di problemi tecnici ai terminali della stessa Centax, la garanzia era stata negata senza esplicitarne le ragioni, così ingenerando la falsa impressione di difetto di copertura finanziaria del titolo, secondo quanto correttamente ritenuto dal tribunale.

Col quesito di diritto si prospetta l’insufficienza della liceità astratta di una condotta per escludere che essa possa essere produttiva di un danno ingiusto, dovendosi accertare se sussista colpa in ordine alle concrete modalità che ne abbiano connotato l’esercizio.

2.1.- Anche questo motivo è inammissibile per difetto di interesse.

Non è, infatti, censurata l’ulteriore ratio decidendi della corte d’appello nel senso che “manca anche il dato ontologico del danno morale e del danno da lesione di immagine che il G. rivendica.

E ciò sul presupposto che il mancato cambio di un assegno bancario non è un Fatto ingiusto e non è lesivo di immagine, esso è solo un mero fatto possibile e lecito, proprio perchè il pagamento con assegno è un pagamento convenzionale e può quindi essere legittimamente rifiutato, mentre l’obbligo di accettare contanti aventi corso legale è dato dalla legge” (così la sentenza impugnata, a pagina 11).

Al di là di ogni considerazione su tali affermazioni, preclusa dalla inammissibilità della censura, e al di là dell’astratta portata della questione di diritto posta dal ricorrente (suscettibile di coinvolgere l’ambito concettuale dei contratti con effetti protettivi nei confronti dei terzi, cui peraltro non è contenuto alcun riferimento nell’illustrazione del motivo, che prospetta la sola violazione dell’art. 2043 cod. civ.), sta il fatto che la non impugnata affermazione sull’insussistenza ontologica del danno sarebbe comunque idonea a sorreggere la decisione, quand’anche la censura mossa col secondo motivo fosse stata in ipotesi fondata.

La corte d’appello ha infatti ritenuto che, costituendo il rifiuto di un assegno bancario da parte del creditore un atto assolutamente lecito, la circostanza che gli assegni non fossero stati accettati non aveva leso l’immagine del traente. Il ricorrente si limita a sostenere che anche un atto lecito (peraltro riferendosi alla Centax e non al creditore, come aveva fatto la corte d’appello nel passo sopra trascritto) può essere produttivo di danni se posto in essere in modo “scorretto”, ma non chiarisce quale sia stata l’effettiva lesione dell’immagine dell’emittente, che non può essere costituita dal mero risentimento o dal fastidio personali (in se stessi integranti una conseguenza suscettibile di essere presunta), ma deve tradursi in un pregiudizio effettivo della considerazione di cui la persona goda nel contesto sociale.

3.- Il ricorso è respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che per il Banco di Sicilia liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 2.000,00 per onorari, e per Centax in Euro 1.200,00 di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge su entrambe le liquidazioni.

Così deciso in Roma, il 10 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 agosto 2011

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