Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17365 del 23/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 23/07/2010, (ud. 15/06/2010, dep. 23/07/2010), n.17365

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. FOGLIA Raffaele – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MEMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 32075/2006 proposto da:

VENTANA CARGO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALLISNERI 11, presso

lo studio dell’avvocato PACIFICI Paolo, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato AMORE ARTURO, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

B.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A.

BAIAMONTI 4, presso lo studio dell’avvocato AMATO Renato, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SARNO SABINO, giusta

mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 991/2006 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 01/06/2006 r.g.n. 318/06;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

15/06/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO IANNIELLO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con ricorso notificato il 21 novembre 2006, la Ventana Cargo s.p.a.

ha chiesto, con un unico motivo, la cassazione della sentenza depositata il 1 giugno 2006 e notificata il successivo 27 settembre, con la quale la Corte d’appello di Torino, in parziale riforma della decisione del giudice di prime cure della medesima città, di rigetto delle domande svolte da B.V., autista dipendente della società, aveva accolto unicamente quella di annullamento del trasferimento di questi, disposto in data 23 maggio 2003, dalla sede di (OMISSIS) a quella di (OMISSIS), dalla quale era stato distaccato presso una terza società.

In proposito, la Corte territoriale aveva accolto le censure svolte dal dipendente appellante, secondo le quali la società non avrebbe fornito in giudizio la prova delle esigenze di trasferimento quanto alla sede di destinazione, esigenze da ritenere del resto insussistenti, come sarebbe stato dimostrato dal fatto che il B. era stato immediatamente distaccato presso una società terza.

Resiste alle domande B.V. con un proprio rituale controricorso.

Ambedue le parti hanno depositato memorie illustrative.

La società ricorrente denuncia l’illegittimità della sentenza impugnata per omesso esame di punti decisivi della controversia, violazione e falsa applicazione degli artt. 2105, 1175 e 1375 in relazione all’art. 2697 c.c. e artt. 112, 115, 409 e 100 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

In proposito, la ricorrente dichiara anzitutto di condividere l’affermazione di principio della sentenza secondo la quale, in linea con la regola della necessaria osservanza dei principi generali di correttezza e buona fede nell’esercizio dei poteri del datore di lavoro, può essere necessario che in materia di trasferimento del lavoratore, il datore di lavoro debba provare in giudizio, in caso di contestazione, la sussistenza delle ragioni organizzative e produttive a sostegno del trasferimento ex art. 2103 c.c., non solo con riferimento alla sede di partenza ma anche a quella di destinazione.

La Corte territoriale avrebbe però errato nell’applicazione di tale principio al caso di specie, in cui alla soppressione della filiale di (OMISSIS) (che sarebbe stata implicitamente riconosciuta dalla sentenza che non aveva accolto il relativo motivo di appello del B. e che comunque risulterebbe chiaramente dagli atti di causa richiamati dalla ricorrente) sarebbe seguito il trasferimento del B. all’unica altra sede della società a (OMISSIS), con conseguente distacco presso la capogruppo Arcese trasporti s.p.a. (la possibilità del quale, prevista nella stessa lettera di assunzione era stata accettata dal B.), per cui il trasferimento sarebbe stato adottato per favorire il dipendente, evitandone il licenziamento.

Il ricorso conclude con la richiesta di annullamento della sentenza impugnata e la formulazione del seguente quesito di diritto: “Se sia legittimo, a norma dell’art. 2103 c.c…. e se sia avvenuto nel rispetto delle clausole generali di correttezza e buonafede, a norma degli arti. 1175 e 1375 c.c., il trasferimento di un dipendente, qualora la sede di provenienza sia stata soppressa a seguito della cessazione dell’attività…, presso l’unica altra unità produttiva non vi siano mansioni cui adibire il lavoratore e per evitare il licenziamento… il datore di lavoro disponga il distacco del lavoratore presso la società capogruppo, distacco cui il dipendente aveva prestato consenso all’epoca della costituzione del rapporto di lavoro; se una volta ritenuta effettiva la soppressione della sede di partenza il lavoratore trasferito abbia interesse ad ottenere una pronuncia giudiziale in ordine alla legittimità del trasferimento dalla sede medesima”.

Col controricorso, B.V. deduce l’inammissibilità del ricorso, in quanto sia la deduzione del fatto che quella di (OMISSIS) sarebbe stata l’unica altra filiale della società, sia quella della soppressione della filiale di (OMISSIS) sarebbero state formulate per la prima volta in questo giudizio di legittimità, come risulterebbe del resto dal fatto che la ricorrente non indica, come dovrebbe in applicazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, in quale momento avrebbe svolto le relative deduzioni dei gradi di merito.

In via subordinata e nel merito, il controricorrente deduce l’infondatezza del ricorso, di cui chiede pertanto il rigetto.

Il ricorso è manifestamente infondato, al limite dell’ammissibilità.

La ricorrente non contesta infatti l’affermazione di principio della sen-tenza impugnata, secondo cui il trasferimento del lavoratore da parte del datore di lavoro deve poter trovare la propria giustificazione nel fatto che la prestazione lavorativa sia effettivamente più funzionale all’organizzazione dell’impresa in un luogo diverso da quello in cui veniva prestata in precedenza.

E deduce che nel caso in esame la Corte territoriale avrebbe errato nel non ritenere realizzate le condizioni cui la legge condiziona la legittimità del trasferimento, in considerazione del fatto che sarebbe stato viceversa provato in giudizio che la filiale di (OMISSIS) cui il B. era addetto come autista era stata soppressa mentre quella di (OMISSIS) sarebbe stata l’unica altra filiale della società, dalla quale poi il lavoratore sarebbe stato peraltro distaccato presso altra società capogruppo, in quanto anche presso tale filiale il lavoro di autista non sarebbe stato utilizzabile e l’alternativa sarebbe pertanto stata il suo licenziamento.

Contrariamente all’assunto del controricorrente, l’apparente novità della prima circostanza costituisce piuttosto il frutto di una imprecisa tecnica espositiva, risultando infatti tale circostanza in altre parti del ricorso meglio esplicitata in termini di avvenuta soppressione dei posti di lavoro dei sei autisti operanti a (OMISSIS), ove sarebbero rimasti solo impiegati e una attività di magazzino appaltata ad una cooperativa.

Viceversa la seconda circostanza, decisiva nell’economia della motivazione della Corte territoriale e relativa al fatto, non risultante dalla sentenza impugnata, di essere quella di (OMISSIS) l’unica altra filiale della società (da cui peraltro il B. sarebbe stato distaccato presso una società terza per evitarne il licenziamento), appare, come eccepito dalla difesa del controricorrente, deduzione in fatto del tutto nuova, in quanto proposta per la prima volta in questa sede di legittimità dalla ricorrente, che infatti non deduce, come eventualmente avrebbe dovuto in ossequio alla regola della autosufficienza del ricorso per cassazione (su cui cfr., anche recentemente, Cass. nn. 5043/09, 4823/09 e 338/09), di averla rappresentata nel giudizio di appello.

Non potendo pertanto l’esistenza di tale fatto essere accertata in questa sede, ne consegue, alla stregua degli elementi ritualmente versati in giudizio, la correttezza della valutazione conclusiva della Corte d’appello di Torino, di ingiustificatezza del trasferimento del B. a (OMISSIS).

Il ricorso va pertanto respinto, con le normali conseguenze in ordine al regolamento delle spese, operato in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente a rimborsare al B. le spese di questo giudizio di cassazione, liquidate in Euro 90,00 per spese ed Euro 2.500,00, oltre accessori, per onorari.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2010

 

 

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