Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17364 del 23/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 23/07/2010, (ud. 15/06/2010, dep. 23/07/2010), n.17364

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. FOGLIA Raffaele – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MEMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9379/2007 proposto da:

Z.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOSUE’

BORSI 4, presso lo studio dell’avvocato BRUNO ALFREDO, rappresentato

e difeso dagli avvocati ROTELLA Maria Irene, PRESTIA SALVATORE,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI

Antonietta, MARITATO LELIO, CORRERA FABRIZIO, giusta delega in calce

alla copia notificata del ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1552/2006 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 16/11/2006 r.g.n. 272/04;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

15/06/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO IANNIELLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con ricorso notificato il 17 marzo 2007, Z.N. ha chiesto, con due motivi corredati da quesiti ex art. 366 bis c.p.c., la cassazione della sentenza depositata il 16 novembre 2006, con la quale la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la decisione di primo grado del Tribunale della medesima città, di rigetto dell’opposizione da lui proposta nei confronti dell’INPS avverso il decreto ingiuntivo del 16 novembre 1992, avente ad oggetto il pagamento di L. 17.843.728 per contributi INPS, gestione artigiani – e somme aggiuntive – relativi agli anni 1981-1985.

Col primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 646 e 653 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata, laddove questa, pur dando atto che lo Z., relativamente ai contributi dovuti per gli anni successivi al 1981, aveva presentato nel 1993 domanda di condono versando conseguentemente all’INPS gli importi dovuti (L. 13.351.937) – come fatto presente nell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo e riconosciuto in giudizio anche dall’INPS -, aveva inopinatamente respinto l’opposizione, invece di revocare il decreto ingiuntivo e decidere in merito ai contributi per l’anno 1981.

Col secondo motivo di ricorso, la difesa dello Z. denuncia la violazione e falsa applicazione della L. 4 luglio 1959, n. 463, art. 1, nonchè il vizio di motivazione della sentenza.

In proposito il ricorrente afferma che, avendo ricordato in appello che la legge indicata aveva esteso l’obbligo assicurativo per IVS ai titolari di imprese artigiane soggetti all’assicurazione malattia di cui alla L. 29 dicembre 1956, n. 1533, aveva dedotto (come ribadito anche in questa sede) che tale obbligo nasce con la costituzione dell’impresa. Ciò posto, aveva sostenuto e sostiene di non dovere per l’anno 1981 i contributi IVS richiesti col decreto ingiuntivo, in quanto in tale anno non aveva ancora iniziato alcuna attività e l’INPS, sul quale incombeva il relativo onere probatorio, non aveva mai dimostrato in giudizio l’iscrizione dello Z. in quell’anno nell’albo delle imprese artigiane.

A tali obiezioni, la Corte territoriale non aveva fornito alcuna risposta, dando irragionevolmente per scontato che i contributi fossero dovuti anche per l’anno 1981.

Il ricorrente conclude con la richiesta di cassazione della sentenza impugnata.

L’INPS, regolarmente intimato, ha depositato la procura ai propri difensori.

Il primo motivo di ricorso è fondato.

Secondo infatti la giurisprudenza assolutamente prevalente di questa Corte, a partire da Cass. S.U. n. 7448 del 1993 (cfr. ex ceteris, Cass. nn. 10229/02 3984/03, 15026/05, 16911/05, 4103/07, 6514/07;

contro Cass. n. 12521/98), cui il collegio dichiara di aderire, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il cui oggetto non è ristretto alla verifica delle condizioni di ammissibilità e di validità del decreto ma si estende all’accertamento dei fatti costitutivi del diritto, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza – e non a quello anteriore della domanda o dell’emissione del decreto ingiuntivo -, l’accertamento della fondatezza della deduzione dell’opponente di avvenuto pagamento, anche parziale e anche verificatosi successivamente alla emanazione e notifica del decreto ingiuntivo, comporta la revoca integrale del decreto opposto, al quale sì sostituisce la sentenza di condanna al pagamento dell’eventuale residuo del credito originario.

Avendo il ricorrente dedotto e provato fin dall’opposizione e successivamente in fase di appello (come da atto la sentenza impugnata) l’avvenuto pagamento, a seguito di condono (e quindi con sanzioni ridotte), dei crediti contributivi originariamente portati dal decreto ingiuntivo e relativi ad anni successivi al 1981, i giudici di merito avrebbero dovuto comunque revocare tale decreto, procedendo all’accertamento dell’eventuale credito residuo dell’INPS, invece di rigettare l’opposizione seguendo la tesi, ormai superata nella giurisprudenza di questa Corte, della rilevanza del successivo pagamento unicamente in sede esecutiva.

11 secondo motivo è viceversa inammissibile.

A proposito dei contributi relativi all’anno 1981, la sentenza impugnata riferisce unicamente che nel giudizio di secondo grado l’appellarle aveva proposto una eccezione di prescrizione, che i giudici hanno pertanto esaminato e ritenuto infondata.

11 ricorrente deduce oggi viceversa di avere sostenuto la propria richiesta di rigetto della domanda di pagamento dei contributi per l’anno 1981 anche con l’affermazione che in tale anno non aveva ancora avviato la propria attività di impresa artigiana.

In siffatta situazione e in ossequio alla regola dell’autosufficienza del ricorso per cassazione (oggi ribadita dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 5), il ricorrente avrebbe dovuto riprodurre la parte dell’atto di appello in cui afferma che tale ulteriore deduzione sarebbe stata sviluppata, per consentire a questa Corte la valutazio-ne della rilevanza della censura relativa al conseguente eventuale vizio in procedendo (cfr.

Cass. 10 marzo 2008 n. 6294).

Concludendo, il ricorso va accolto nel primo motivo e dichiarato inammissibile nel secondo; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Reggio Calabria, che si atterrà, nel decidere il caso in esame, al principio di diritto sopra ribadito con riguardo alla sorte del decreto ingiuntivo opposto nel caso di intervenuto pagamento anche parziale del debito con esso ingiunto.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Reggio Calabria.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2010

 

 

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