Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17364 del 13/07/2017
Cassazione civile, sez. lav., 13/07/2017, (ud. 13/04/2017, dep.13/07/2017), n. 17364
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –
Dott. BRONZINI Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19438-2011 proposto da:
A.M., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEGLI SCIPIONI 110, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA
MARANDO, rappresentata e difesa dall’avvocato BENINO MIGLIACCIO,
giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del Presidente e
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI
FIORILLO, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 347/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,
depositata il 27/04/2011 R.G.N. 2950/2007.
Fatto
RILEVATO
che con sentenza in data 27.4.2011 la Corte di Appello di Napoli rigettava l’appello proposto dal A.M. avverso la sentenza del Tribunale di Napoli che aveva a sua volta rigettato la domanda di dichiarazione di nullità del contratto a termine stipulato tra le Poste Italiane e l’ A. dal 20.3.2004 al 31.5.2004 ai sensi della L. n. 368 del 2001, art. 1, per la sostituzione di personale assente, con diritto alla conservazione del posto, addetto al servizio di recapito presso il Polo Corrispondenza Campania ritenendo la clausola conforme alla disciplina del 2001 nonchè alle previsioni delle Direttiva in materia del 1999; inoltre si osservava che la prova espletata aveva dimostrato in concreto che le dedotte esigenze erano sussistenti e che la lavoratrice aveva sostituto personale assente con diritto alla conservazione del posto.
che avverso tale sentenza la A. con un motivo, resiste controparte con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
Che la censura mossa con il motivo è infondata atteso che la Corte territoriale non si è discostata dal consolidato orientamento di questa Corte che ha ripetutamente affermato che “in tema di assunzione a termine di lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 214 del 2009, con cui è stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2, l’onere di specificazione delle predette ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso del rapporto. Pertanto, nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità” (cfr. Cass. 26/01/2010 nn. 1576 e 1577 e numerose altre successive, si veda tra le molte Cass. 01/03/2016 n. 4020, 04/07/2016 n. 13587, 23/06/2016 n. 13055 e ord. sez. 6-L 07/04/2017 n. 9134).
che la Corte di appello ha anche valutato non solo la non genericità della clausola ma anche l’effettiva sussistenza delle dette ragioni di ordine sostitutivo ed ha accertato che la lavoratrice ha sostituito personale effettivamente assente con conservazione del posto, accertamento di fatto (come tale insindacabile in questa sede se non come vizio di motivazione) cui comunque nel motivo non si muovono rilievi di sorta;
che pertanto il ricorso deve essere rigettato in quanto infondato con condanna al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza, da liquidarsi nella misura di cui al dispositivo.
PQM
La Corte:
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi, nonchè in Euro 4.000,00 per compensi oltre alle spese generali al 15% ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 13 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2017