Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17361 del 13/07/2017

Cassazione civile, sez. lav., 13/07/2017, (ud. 05/04/2017, dep.13/07/2017),  n. 17361

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7167/2014 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, C.F.

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e

difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici

domicilia ope legis in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI, 12;

– ricorrente –

contro

F.M. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO

BOER, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCIANO

NARDINO, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 508/2013 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 19/11/2013 R.G.N. 75/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/04/2017 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi;

udito l’Avvocato ANDREA FEDELI;

udito l’Avvocato ALBERTO BOER.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di Appello di Brescia ha confermato la sentenza del locale Tribunale che, accogliendo parzialmente il ricorso proposto da F.M. nei confronti del Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca, aveva accertato la validità e l’efficacia del contratto di lavoro sottoscritto il 22 gennaio 2010 e condannato il Ministero al risarcimento dei danni derivati dalla mancata esecuzione del contratto, pari alle retribuzioni maturate dal 1 febbraio 2010 sino alla effettiva immissione nel posto di lavoro.

2. La Corte territoriale ha premesso che il giudice di prime cure aveva disatteso le difese proposte dal MIUR, secondo il quale il contratto doveva ritenersi sottoposto alla condizione sospensiva dell’approvazione da parte del Ministero, non intervenuta in quanto a livello nazionale la quota invalidi risultava totalmente coperta. Secondo il Tribunale, infatti, non vi era traccia del diniego di approvazione e inoltre il resistente non poteva invocare la clausola di salvaguardia prevista dall’art. 9 del contratto, in forza della quale quest’ultimo doveva ritenersi risolto in caso di annullamento della procedura di reclutamento che ne costituiva il presupposto, perchè nel caso di specie detto annullamento aveva riguardato solo il contratto individuale.

3. Il giudice di appello ha ritenuto infondata la impugnazione proposta dal F. perchè: il danno da stress non era stato provato e non poteva essere desunto solo dalla mancata prestazione lavorativa; la perdita di chance non era configurabile in quanto, ai sensi della L. 12 marzo 1999, n. 68, art. 16, il disabile conserva la posizione in graduatoria anche nell’ipotesi in cui trovi nel frattempo altra occupazione; l’amministrazione non poteva essere condannata nè alla reintegrazione nè alla ammissione in servizio, potendo il giudice ordinario emettere solo una pronuncia accertativa del diritto e la conseguente condanna dell’ente pubblico al risarcimento del danno.

4. La Corte territoriale ha evidenziato, inoltre, che l’annullamento del contratto stipulato con il F. doveva ritenersi illegittimo per le ragioni già indicate dal Tribunale e pertanto ha rigettato anche l’appello incidentale del Ministero, compensando integralmente fra le parti le spese del grado.

5. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il MIUR sulla base di tre motivi. F.M. ha resistito con tempestivo controricorso e ha proposto ricorso incidentale sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso principale denuncia, con il primo motivo, ex art. 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c., perchè la Corte territoriale sarebbe incorsa in un evidente error in procedendo, tale da determinare la nullità della sentenza, avendo omesso completamente di esaminare e decidere l’appello incidentale, con il quale il Ministero aveva censurato la decisione del Tribunale che aveva ritenuto valido ed efficace il contratto stipulato dalle parti, sebbene lo stesso fosse sottoposto alla condizione sospensiva della approvazione da parte dell’ufficio centrale, mai intervenuta in quanto era già stato raggiunto il limite massimo riservato alle categorie protette ai sensi della L. n. 68 del 1999.

2. Con la seconda censura, formulata in via subordinata, il Ministero denuncia “violazione della L. n. 68 del 1999, R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 19 e art. 1418 c.c.”. Rileva il ricorrente che è principio generale della contabilità pubblica quello secondo cui gli atti di aggiudicazione definitivi e i contratti non sono obbligatori per l’amministrazione, finchè non vengano approvati dal Ministro o dall’ufficio a ciò delegato e sono eseguibili solo dopo detta approvazione. Il principio era stato sostanzialmente riprodotto dalle parti nel regolamento contrattuale, che prevedeva una clausola risolutiva espressa per l’ipotesi di mancata approvazione e/o annullamento della procedura di reclutamento. Aggiunge il Ministero che il contratto stipulato era affetto da insanabile nullità per violazione di norme imperative di legge, attesa la inesistenza della disponibilità organica, che è presupposto essenziale per l’assunzione.

3. La terza critica, formulata sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, addebita alla sentenza impugnata la violazione dell’art. 2697 c.c., perchè la Corte territoriale, senza motivare sul punto, ha riconosciuto a titolo di risarcimento del danno le retribuzioni maturate dal 1 febbraio 2010, sebbene il F. non avesse dimostrato alcunchè in merito al pregiudizio patrimoniale subito. Aggiunge che l’Amministrazione, unitamente alla Provincia di Brescia, aveva svolto attività di promozione e salvaguardia dei soggetti svantaggiati anche in favore del controricorrente, il quale aveva potuto acquisire titoli utili per il futuro inserimento lavorativo e sociale. La mancata stipula del contratto non era dipesa da un inadempimento colpevole e neppure poteva essere configurata responsabilità precontrattuale perchè l’impedimento derivava da norma imperativa di legge.

4. Il primo motivo del ricorso incidentale denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3 “violazione ed errata applicazione dell’art. 38 Cost., art. 1336 c.c., D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, L. n. 68 del 1999 , artt. 1, 3, 4, 7, 9” e censura il capo della decisione che ha ritenuto di non potere accogliere la domanda volta ad ottenere la condanna del Ministero a inserire il F. nei ruoli dell’amministrazione. Evidenzia il ricorrente che dopo la privatizzazione dell’impiego pubblico è consentita al giudice ordinario la pronuncia costitutiva del rapporto, ove venga accertato il diritto soggettivo alla assunzione. Precisa che l’incoercibilità dell’obbligo non è ostativa a detta pronuncia e aggiunge che il giudizio di ottemperanza in tanto può essere instaurato in quanto il giudicato individui un’obbligazione specifica non adempiuta dalla P.A..

5. Con la seconda critica F.M. si duole della “violazione ed errata applicazione degli artt. 2114, 2115 e 2120 c.c., nonchè dell’art. 112 c.p.c.” e denuncia, in sostanza, l’omessa pronuncia sul motivo di appello con il quale era stata reiterata la domanda volta ad ottenere la condanna del Ministero al versamento della contribuzione previdenziale e all’accantonamento delle quote di TFR. Evidenzia la contraddittorietà della sentenza impugnata che, pur dando atto nella motivazione del motivo di appello e dell’interesse alla impugnazione, ha poi confermato la pronuncia del Tribunale senza indicare le ragioni per le quali le domande non accolte, riproposte in sede di gravame, non potevano trovare ingresso.

6. Il terzo motivo denuncia, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione dell’art. 92 c.p.c., commi 2 e 3 e rileva che la Corte territoriale avrebbe dovuto condannare il Ministero al pagamento delle spese del grado, innanzitutto in considerazione della fondatezza dell’appello incidentale, ed in ogni caso perchè la soccombenza reciproca non giustificava la totale compensazione. Precisa al riguardo che il giudice di appello aveva riconosciuto l’omissione di condanna al versamento dei contributi e il diritto del F. a percepire la retribuzione globale di fatto, comprendente anche la quota di TFR, e, quindi, la parziale fondatezza della impugnazione incidentale, che comportava anche la inapplicabilità della sanzione prevista dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

7. Con la quarta critica si addebita alla sentenza impugnata la “violazione art. 37 c.p.c. e art. 409 c.p.c., n. 5” perchè ad avviso del ricorrente la Corte, nel negare l’immissione in ruolo del lavoratore avrebbe sostanzialmente declinato d’ufficio la giurisdizione del giudice ordinario che, invece, doveva essere riconosciuta perchè sono esperibili nei confronti della pubblica amministrazione che agisce iure privatorum azioni costitutive e di condanna.

8. Il primo motivo del ricorso principale è infondato perchè ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice sulla domanda o sul motivo di impugnazione ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto. Ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa o dell’eccezione fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa o l’eccezione non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass. 4.10.2011 n. 20311 e negli stessi termini Cass. 20.9.2013 n. 21612; Cass. 11.9.2015 n. 17956).

Nel caso di specie la Corte territoriale ha espressamente rigettato, nel dispositivo, l’appello incidentale e nella motivazione, dopo avere dato atto delle ragioni per le quali il Tribunale aveva disatteso le difese del Ministero (pag. 2 e 3 della sentenza), le ha fatte proprie, evidenziando che l’amministrazione, provvedendo ad annullare il contratto già stipulato con il F., aveva posto in essere un atto illegittimo.

Il vizio denunciato, pertanto, deve essere escluso, pur in assenza di una specifica argomentazione sui singoli motivi di appello, la cui infondatezza risulta implicitamente affermata attraverso il richiamo alle statuizioni della sentenza di primo grado ed alla ritenuta illegittimità della condotta del Ministero.

9. Parimenti infondata è la seconda censura del ricorso principale, perchè i rapporti di lavoro di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, regolati contrattualmente (dell’art. 2, comma 3), sono disciplinati, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel richiamato T.U., dal codice civile e dalle leggi sul rapporto di lavoro subordinato nell’impresa, in quanto gli atti di gestione sono adottati dall’ente con le capacità e i poteri del datore di lavoro privato (art. 5, comma 2, T.U.) e ciò rende inapplicabili le norme relative alle procedure di evidenza pubblica, non compatibili con la particolare natura del rapporto di lavoro.

9.1. La giurisprudenza di questa Corte è da tempo consolidata nel ritenere che, sorto il diritto soggettivo all’assunzione, per effetto della definitiva approvazione della graduatoria, non è consentito alla P.A. di sottrarsi unilateralmente al rispetto delle obbligazioni che derivano a suo carico dalla conclusione dell’iter concorsuale e ciò anche nell’ipotesi in cui l’amministrazione si sia riservata nel bando la facoltà discrezionale di procedere all’assunzione, perchè una tale clausola, risolvendosi in una condizione meramente potestativa, non si sottrae alla sanzione di nullità prevista dall’art. 1355 c.c. (Cass. Sez. U. 16.4.2007 n. 8951; Cass. Sez. U. 4.11.2009 n. 23327 e Cass. 1.10.2014 n. 20735).

La pubblica amministrazione, quindi, è tenuta a stipulare il contratto e può sottrarsi all’adempimento solo in presenza di cause di impossibilità sopravvenuta o di ragioni che determinerebbero la nullità del contratto per violazione di norme imperative di legge, fra le quali va annoverata la illegittimità delle operazioni concorsuali e della graduatoria approvata all’esito delle stesse.

9.2. A maggior ragione, poi, non è consentito all’ente di sciogliersi unilateralmente dal contratto già stipulato se non nei casi in cui il contratto stesso, in quanto viziato da nullità, sia totalmente inefficace, di modo che il comportamento dell’amministrazione, la quale non può esercitare in questa materia poteri di autotutela, possa essere equiparato a quello del contraente che faccia valere l’assenza del vincolo contrattuale quale conseguenza della sussistenza di una causa di invalidità insanabile dell’atto (Cass. 8.4.2010 n. 8328; Cass. 1.10.2015 n. 19626; Cass. 7.7.2016 n. 13884).

9.3. Analoghi principi operano anche nelle ipotesi in cui, per le qualifiche meno elevate, il reclutamento avvenga nel rispetto della procedura prevista dalla L. n. 56 del 1987, art. 16 e del D.P.R. n. 487 del 1994, art. 27, perchè, una volta che l’avviato al lavoro sia stato positivamente valutato quanto alla idoneità a ricoprire la posizione lavorativa, sorgono rispettivamente, in capo all’avviato, il diritto soggettivo all’assunzione e, a carico dell’amministrazione, l’obbligo di contrarre, che è anche suscettibile di esecuzione in forma specifica, qualora siano già stati predeterminati qualifica, mansioni e trattamento economico e giuridico (in tal senso Cass. 3.3.2014 n. 4915; Cass. 9.12.2015 n. 24833 e la giurisprudenza ivi richiamata).

9.4. Quanto, poi, all’assunzione di lavoratori appartenenti alle categorie protette, questa Corte ha precisato che l’atto amministrativo di avviamento da parte dell’ufficio competente fa sorgere il diritto soggettivo del lavoratore alla costituzione del rapporto, alla quale il datore di lavoro può sottrarsi solo allegando e dimostrando l’illegittimità dell’atto medesimo, che, proprio perchè incidente su una posizione giuridica soggettiva piena, può essere eventualmente disapplicato dal giudice ordinario ove vengano riscontrati i denunciati profili di illegittimità (Cass. 27.5.2010 n. 12968 e Cass. 13.1.2009 n. 488).

10. Tutti i richiamati principi inducono ad escludere la fondatezza del motivo di ricorso, nella parte in cui fa leva sulla mancata approvazione da parte del Ministero per sostenere l’inefficacia del contratto stipulato dalle parti e la insussistenza del diritto soggettivo del F. ad essere assunto e ad espletare le mansioni per le quali era stato avviato al lavoro.

E’ incontestato, infatti, che il ricorrente incidentale, iscritto nelle liste di cui alla L. n. 68 del 1999, era stato avviato al lavoro presso l’Ufficio Scolastico Provinciale all’esito di avviso pubblico (evidentemente bandito ai sensi della L. n. 68 del 1999, art. 9, comma 5), in quanto collocatosi al primo posto, ed aveva sottoscritto il contratto individuale, al quale, poi, la Pubblica Amministrazione non aveva dato esecuzione, perchè, a detta del Ministero, il contratto non poteva essere stipulato, essendo ormai esaurita la quota di riserva in favore dei soggetti affetti da disabilità.

Ribadito che nell’impiego contrattualizzato la P.A. non può esercitare poteri di autotutela e può solo far valere l’assenza del vincolo contrattuale nei casi di invalidità dell’atto per nullità insanabile dello stesso, ritiene il Collegio che detta evenienza non possa essere ravvisata nel caso di specie, in relazione alle ragioni addotte dal ricorrente principale, perchè la pretesa di fare leva sull’avvenuto adempimento a livello nazionale degli obblighi derivanti dalla L. n. 66 del 1999, non trova riscontro nel dato normativo che, invece, conforta la tesi sostenuta dal controricorrente in merito alla necessità di calcolare la quota di riserva in relazione all’ufficio presso il quale il F. era stato avviato.

10.1. La L. n. 68 del 1999, art. 5, nel testo applicabile ratione temporis alla fattispecie, al comma 8 prevedeva che “I datori di lavoro, pubblici e privati, possono essere autorizzati, su loro motivata richiesta, ad assumere in un’unità produttiva un numero di lavoratori aventi diritto al collocamento obbligatorio superiore a quello prescritto, portando le eccedenze a compenso del minor numero di lavoratori assunti in altre unità produttive della medesima regione. Per i datori di lavoro privati la compensazione può essere operata in riferimento ad unità produttive ubicate in regioni diverse”.

La disposizione è poi stata modificata dalla L. n. 148 del 2011, di conversione del D.L. n. 138 del 2011, che ha operato una differenziazione fra datori di lavoro pubblici e privati, prevedendo solo per questi ultimi la compensazione automatica dell’eccedenza verificatasi in una unità produttiva con il minor numero di assunzioni protette effettuate in altra unità, anche se ubicata in diversa regione, mentre per i primi ha lasciato inalterato il regime della previa autorizzazione, stabilendo, al comma 8 ter che “I datori di lavoro pubblici possono essere autorizzati, su loro motivata richiesta, ad assumere in una unità produttiva un numero di lavoratori aventi diritto al collocamento obbligatorio superiore a quello prescritto, portando le eccedenze a compenso del minor numero di lavoratori assunti in altre unità produttive della medesima regione”.

10.2. Ai fini della quantificazione della quota di riserva prevista dell’art. 3, comma 1, rilevano, quindi, sia l’organico complessivo nazionale del datore di lavoro pubblico, sia la consistenza del singolo ufficio, perchè il rapporto percentuale deve essere garantito innanzitutto sulla base dell’organico di quest’ultimo, fatta salva la possibilità di operare delle compensazioni che, peraltro, sono subordinate ad autorizzazione, concedibile solo qualora l’eccedenza si verifichi in altro ufficio della stessa regione.

La pretesa del Ministero di sottrarsi alle obbligazioni contrattuali assunte solo perchè a livello nazionale la quota risultava già esaurita, è, quindi, destituita di fondamento in quanto contrastante con la disciplina dettata dalla L. n. 68 del 1999, che pone ulteriori condizioni per la legittima compensazione, condizioni alle quali non ha fatto alcun cenno il ricorrente principale, il quale non ha neppure indicato le norme della disciplina speciale rilevanti nella fattispecie, limitandosi a richiamare dell’art. 7, comma 2, che riguarda le modalità di reclutamento e non i criteri per la quantificazione della quota di riserva.

10.3. Va, poi, aggiunto che anche nell’impiego pubblico contrattualizzato opera il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui, qualora il lavoratore avviato al lavoro convenga l’ente pubblico per l’accertamento del suo diritto soggettivo all’assunzione, sarà il datore di lavoro destinatario dell’atto amministrativo di avviamento a dovere contestare la legittimità dell’atto, deducendo specifiche circostanze che escludano l’insorgenza dell’obbligo di assunzione, fornendone la relativa prova e sollecitando il giudice ordinario ad effettuare il sindacato incidentale di legittimità, che resta circoscritto al vizio denunciato (cfr. Cass. 26.1.2015 n. 1335 e la giurisprudenza ivi richiamata).

10.4. Il dispositivo della sentenza impugnata, di rigetto dell’appello incidentale del Ministero, è, quindi, conforme a diritto sicchè questa Corte deve limitarsi, ex art. 384 c.p.c., comma 4, a correggere la motivazione nei termini sopra indicati, Il secondo motivo di ricorso va, pertanto, rigettato sulla base dei principi di diritto di seguito enunciati: ” a) Nell’impiego pubblico contrattualizzato il momento di insorgenza del diritto alla assunzione del disabile iscritto nelle liste di cui alla L. n. 68 del 1999 è connesso alla forma di reclutamento e per le qualifiche meno elevate sorge con l’atto di avviamento al lavoro, successivo, nell’ipotesi prevista dalla L. 12 marzo 1999, n. 68, art. 9, comma 5 (soppresso dal D.Lgs. n. 151 del 2015) e attualmente dall’art. 7, comma 1, della stessa legge (sostituito dal richiamato D.Lgs. n. 151 del 2015), alla formazione della graduatoria limitata a coloro che aderiscono alla specifica occasione di lavoro.

b) Il datore di lavoro pubblico non può esercitare poteri di autotutela nè sottrarsi alla esecuzione del contratto, se non nel caso in cui lo stesso sia affetto da nullità per contrasto con norma inderogabile di legge, che si verifica qualora l’assunzione sia avvenuta in violazione delle norme che disciplinano le forme di reclutamento.

c) Ai sensi della L. n. 68 del 1999, art. 5, nelle diverse versioni succedutesi nel tempo, il datore di lavoro pubblico deve rispettare la quota di riserva prevista dall’art. 3 della stessa legge nella singola unità produttiva, salva l’autorizzazione alla compensazione con eccedenze verificatesi in altre unità della medesima regione”.

11. Parimenti infondato è il terzo motivo del ricorso principale perchè, una volta esclusa la legittimità della condotta tenuta dal Ministero e, quindi, la non imputabilità dell’inadempimento, opera il principio secondo cui il datore di lavoro, inadempiente all’obbligo di assunzione dell’avviato al lavoro ai sensi della L. n. 482 del 1968 e della successiva L. n. 68 del 1999, è tenuto, per responsabilità contrattuale, a risarcire l’intero pregiudizio patrimoniale che il lavoratore ha subito durante tutto il periodo in cui si è protratta l’inadempienza, pregiudizio che può essere in concreto determinato, senza bisogno di una specifica prova offerta dal lavoratore, sulla base del complesso delle utilità (salari e stipendi) che quest’ultimo avrebbe potuto conseguire ove tempestivamente assunto, mentre spetta al datore di lavoro provare l’aliunde perceptum, oppure la negligenza del lavoratore nel cercare altra proficua occupazione (cfr., tra le altre, Cass. n. 1335 del 2015; Cass. n. 488 del 2009; Cass. n. 2402 del 2004).

12. Il primo ed il quarto motivo del ricorso incidentale, che per la loro connessione logico-giuridica possono essere trattati congiuntamente, sono fondati. La Corte territoriale, infatti, nell’affermare che il giudice ordinario “può soltanto emettere una pronuncia accertativa del diritto del ricorrente all’esecuzione del contratto… oltre alla condanna, questa propria della sua giurisdizione, al risarcimento del danno”, non ha considerato che il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 2, attribuisce al giudice ordinario il potere di adottare “nei confronti delle pubbliche amministrazioni tutti i provvedimenti di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati. Le sentenze con le quali riconosce il diritto all’assunzione…hanno effetto costitutivo…del rapporto di lavoro”.

E’, pertanto, inapplicabile nella materia dell’impiego pubblico contrattualizzato il divieto di imposizione da parte del giudice di un obbligo di facere alla Pubblica Amministrazione perchè, come chiarito da tempo dalla giurisprudenza di questa Corte, “il Giudice del lavoro ha il potere di emanare qualsiasi tipo di provvedimento, ivi compresa la sentenza di condanna ad un facere, essendo irrilevante l’insuscettibilità di esecuzione forzata, che ne condiziona, eventualmente, soltanto l’esecuzione” (Cass. 26.11.2008 n. 28274 che richiama Cass. 14 ottobre 2005 n. 19900).

13. E’, invece, inammissibile il secondo motivo del ricorso incidentale.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno infatti affermato che “nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riguardo all’art. 112 c.p.c., purchè il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorchè sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge” (Cass. Sez. U. 24.7.2013 n. 17931; negli stessi termini Cass. 28.9.2015 n. 19124 e Cass. 10.6.2016 n. 11988).

Nel caso di specie il motivo, che nella rubrica richiama erroneamente l’art. 360 c.p.c., n. 3, fa leva sulla asserita violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato ma non contiene alcun cenno alla nullità della decisione e, quindi, la fattispecie è sovrapponibile a quella esaminata dalle Sezioni Unite, che dalla errata formulazione della censura hanno fatto discendere la inammissibilità della stessa.

14. In via conclusiva, vanno accolti solo il primo ed il quarto motivo del ricorso incidentale, con rinvio per un nuovo esame alla Corte di Appello di Brescia, in diversa composizione, che si atterrà al principio di diritto enunciato al punto 12, provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità. Resta conseguentemente assorbito il terzo motivo del ricorso incidentale concernente il regolamento delle spese del giudizio di appello, che dovrà essere nuovamente effettuato a seguito della cassazione con rinvio della sentenza.

15. Pur a fronte della infondatezza del ricorso principale, non sussistono le condizioni richieste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, perchè la norma non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo.

PQM

 

La Corte accoglie il primo e il quarto motivo del ricorso incidentale, assorbito il terzo, rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il secondo motivo del ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Brescia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2017

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