Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17360 del 23/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 23/07/2010, (ud. 09/06/2010, dep. 23/07/2010), n.17360

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2931/2007 proposto da:

B.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato GARLATTI Alessandro, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati, RICCIO

Alessandro, PREDEN SERGIO, VALENTE NICOLA, giusta mandato in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 870/06 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 04/12/2006 r.g.n. 766/05;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

09/06/2010 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA per delega RICCIO ALESSANDRO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 29.11 – 4.12.2006 la Corte d’Appello di Milano, nel radicato contraddittorio con l’Inps, succeduto all’Inpdai a seguito dell’intervenuta soppressione di quest’ultimo Istituto ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 42, ha confermato la sentenza di prime cure, che aveva ritenuto operante, nei confronti di B.M., il divieto di cumulo fra il trattamento pensionistico ed il reddito da lavoro autonomo ai sensi del D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 10, come modificato dalla L. n. 537 del 1993, art. 11.

A sostegno del decisum la Corte territoriale ha rilevato che il B. non poteva vantare, al 31 dicembre 1994, i requisiti contributivi minimi per la liquidazione della pensione di vecchiaia o di anzianità, non risultando ancora perfezionato, alla predetta data, il quinquennio di assicurazione presso l’Inpdai, solo dopo aver compiuto il quale, ai sensi di quanto disposto dalla L. n. 44 del 1973, art. 5, l’assicurato, giovandosi anche della pregressa contribuzione accreditata presso l’Inps, aveva maturato il diritto al trattamento pensionistico, effettivamente ottenuto, a carico dell’Inpdai.

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, B. M. ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico motivo.

L’intimato Inps ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia violazione della L. n. 44 del 1973, art. 5, nonchè vizio di motivazione, dolendosi che la Corte territoriale abbia ritenuto ostativa al diritto al cumulo tra pensione e reddito di lavoro autonomo il mancato conseguimento, alla data del 31.12.1994, dell’anzianità contributiva di cinque anni presso l’Inpdai, nonostante la completa equiparazione, con effetto ex tunc, tra i periodi contributivi per cui era stata operata la ricongiunzione. Contrariamente all’avviso dell’Istituto controricorrente, deve ritenersi soddisfatto il requisito di cui all’art. 366 bis, poichè il quesito di diritto formulato pone sostanzialmente l’accento sul rilievo da attribuire, ai fini de quibus, al complesso dei vari periodi contributivi e risulta quindi coerente con la dedotta violazione di norme di diritto, laddove il vizio di motivazione – come tale da riferirsi ad una omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – risulta solo enunciato nell’intestazione del motivo, ma non si sostanza in una precisa censura sulla ricostruzione fattuale della vicenda.

2. La soluzione della questione all’esame richiede di stabilire se i requisiti contributivi minimi per la liquidazione della pensione di vecchiaia o di anzianità (giusta la previsione di cui al D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 10, comma 8, come modificato dalla L. n. 537 del 1993, art. 11), dovessero non solo essere maturati alla data del 31.12.1994, ma essere anche presenti presso l’Ente destinato ad erogare la pensione (e, quindi, se, nel caso di specie, fosse ostativo al cumulo tra pensione e reddito tra lavoro autonomo il mancato raggiungimento, alla data predetta del 31.12.1994, del quinquennio minimo di anzianità contributiva presso l’Inpdai, come ritenuto dalla Corte Territoriale) ovvero se, per il mantenimento della più favorevole previgente normativa sul cumulo, dovessero soltanto sussistere i requisiti per godere di un trattamento pensionistico – di anzianità o di vecchiaia – presso qualsiasi Istituto assicurativo.

Tale questione è già stata esaminata dalla giurisprudenza di legittimità e risolta nel senso che, in materia di cumulo tra pensione di anzianità o vecchiaia e reddito da lavoro (dipendente o autonomo), l’applicabilità della norma transitoria di cui al D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 10, comma 8, come modificato dalla L. n. 537 del 1993, art. 11), che consente il mantenimento, anche dopo l’entrata in vigore del citata D.Lgs. n. 503 del 1992, del precedente regime se più favorevole, è subordinata all’unica condizione di aver completato entro il 31 dicembre 1994 la contribuzione minima della pensione (cfr, Cass., n. 10709/2002; cfr, altresì, in fattispecie parzialmente diverse, Cass., nn. 12151/2003; 6573/2004).

Ritiene il Collegio di dovere dare continuità a tale orientamento ermeneutico, sia perchè il mantenimento della previgente più favorevole disciplina è testualmente previsto all’unica ricordata condizione di avere completato entro il 31 dicembre 1994 la contribuzione minima per la liquidazione della pensione, sia perchè, come è stato osservato, una diversa interpretazione da un lato condurrebbe a ritenere che la norma fosse stata dettata per una finalità, sicuramente ad essa estranea, di incentivazione dell’esodo per coloro che, per essere in possesso già alla data del 31 dicembre 1994 di tutti i requisiti per godere di un qualsiasi trattamento pensionistico (di anzianità o di vecchiaia) presso qualsiasi Istituto assicurativo, avevano un concreto vantaggio a collocarsi in quiescenza al fine di evitare il penalizzante sistema del cumulo tra pensione e redditi da lavoro, e dall’altro, consentirebbe, illogicamente, a chi abbia maturato il diritto a pensione al dicembre 1994 di non essere assoggettato al cumulo tra pensione e redditi da lavoro in caso di concreto esercizio di tale diritto e di non potere, di contro, più usufruire di tale vantaggio in caso di protrazione del lavoro e posticipazione del collocamento in pensione (cfr., Cass., n. 10709/2002, in motivazione).

3. Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata, che non ha fatto corretta applicazione della normativa di legge in materia, va cassata, con rimessione al Giudice indicato in dispositivo (dovendo essere fattualmente accertato se, alla data del 31 dicembre 1994, il B. fosse o meno in possesso di tutti i requisiti per usufruire di un qualsiasi trattamento pensionistico), che procederà a riesaminare la controversia facendo applicazione dei principi innanzi enunciati e provvedendo altresì sulle spese di lite afferenti al presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2010

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