Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1736 del 25/01/2011

Cassazione civile sez. III, 25/01/2011, (ud. 10/12/2010, dep. 25/01/2011), n.1736

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMATUCCI Alfonso – Presidente –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10003/2006 proposto da:

Z.M., (OMISSIS), considerato domiciliato “ex

lege” in ROMA, presso CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE rappresentato e

difeso dall’avvocato DEPLANO Salvatore E FALZETTI CARLO giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

C.N., (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA SABOTINO 46, presso lo studio dell’avvocato PROPERZI

Patrizia, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 178/2006 del TRIBUNALE di CAGLIARI, Sezione

Civile, emessa il 19/01/2006, depositata il 23/01/2006; R.G.N.

5803/2004.

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/12/2010 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMEN DOLA;

udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale Dott. FEDELI

Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 15 aprile 2003 Z.M. convenne in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Cagliari C.N. esponendo che il giorno 9 febbraio 2002, mentre viaggiava a bordo del proprio motoveicolo, era andato a collidere contro una capra che improvvisamente si era immessa nella sede stradale, riportando nell’urto i danni dei quali veniva ora a chiedere il ristoro.

Il convenuto eccepì il concorso colposo dello Z., segnatamente allegando che questi procedeva a velocità elevata, malgrado la segnalazione di curva pericolosa e di attraversamento di animali.

Offrì in ogni caso la somma di Euro 8.000,00, che la controparte accettò a titolo di acconto.

Con sentenza del 24 maggio 2004 il Giudice di Pace accolse integralmente la domanda, condannando il C. al pagamento della somma di Euro 7.344,62, al netto del già versato acconto.

Proposto gravame dal soccombente, il Tribunale di Cagliari in data 23 gennaio 2006, in riforma della decisione impugnata, ha dichiarato la pari responsabilità di Z.M. e di C.N. nella causazione del sinistro, conseguentemente condannando il primo alla restituzione in favore del secondo della somma di Euro 15.019,17, oltre interessi.

Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione Z. M., formulando quattro motivi.

Resiste con controricorso C.N..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 Col primo motivo l’impugnante lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 100 e 345 cod. proc. civ., artt. 1180, 2033 e 2697 cod. civ., per avere il giudice di merito ritenuto tardivamente proposta l’eccezione volta a far valere il difetto di legittimazione e di interesse del C. a chiedere la restituzione delle somme a lui corrisposte in dipendenza del sinistro, essendo state queste, in realtà, versate da un terzo, e precisamente da Fata Assicurazioni s.p.a., società che assicurava il bestiame del C.. Sostiene l’impugnante che l’eccezione, attenendo alla regolare costituzione del contraddittorio, era rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, e dunque anche in sede di legittimità (confr. Cass. civ. 9 luglio 2001, n. 9289).

1.2 Col secondo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., perchè il Tribunale lo aveva condannato alla restituzione in favore della controparte della somma di Euro 15.019,17, pur essendo la domanda indimostrata sia nell’an che nel quantum, posto che nessun pagamento risultava a lui effettuato, ad eccezione di quello di Euro 8.000,00, eseguito da Fata Ass.ni s.p.a.

nella prima udienza davanti al Giudice di Pace.

2. I due motivi, che si prestano a essere esaminati congiuntamente, per la loro stretta connessione, sono infondati per le ragioni che seguono.

Il Tribunale, occupandosi in via preliminare, del difetto di legittimazione e/o di interesse dell’appellante a domandare la restituzione delle somme ricevute dalla controparte, ha ritenuto infondata l’eccezione, in quanto generica e tardivamente svolta, precisando al riguardo che solo in comparsa conclusionale l’appellato aveva per la prima volta contestato di avere ricevuto le predette somme dal C.. Ha aggiunto che, in ogni caso, andavano riconosciuti la legittimazione e l’interesse dell’impugnante a chiedere la restituzione delle somme corrisposte all’appellato in esecuzione della sentenza di primo grado e che la relativa domanda, per giurisprudenza costante, ben può essere proposta anche nel giudizio di appello.

3. Osserva il collegio che, così argomentando, il giudice di merito ha fatto corretta applicazione del principio di diritto, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo cui con la pubblicazione della sentenza di riforma, vengono immediatamente meno, ex art. 336 cod. proc. civ., l’efficacia degli atti o provvedimenti di esecuzione spontanea o coattiva della sentenza di primo grado; che da tanto consegue l’obbligo di restituzione delle somme corrisposte per effetto della stessa; che la relativa richiesta non costituisce domanda nuova, di talchè essa ben può essere proposta anche in appello, purchè formulata con l’atto di gravame, salvo che l’esecuzione sia avvenuta successivamente alla proposizione dell’impugnazione (confr. Cass. civ. 30 aprile 2009, n. 10124).

4. Con specifico riferimento, poi, alle deduzione svolte dall’impugnante, dall’esame degli atti, direttamente effettuato dal collegio, in applicazione del principio per cui il giudice di legittimità è giudice anche del fatto tutte le volte in cui venga denunciata la violazione di una norma processuale, emerge che, costituendosi nel giudizio di appello, il ricorrente si limitò a dedurre genericamente il difetto di legittimazione e/o di interesse della controparte a chiedere la restituzione delle somme pagate, senza neppure collegare l’eccezione all’intervento della società assicuratrice e, in ogni caso, senza contestare l’avvenuta corresponsione dell’intero importo a lui riconosciuto dal giudice di prime cure, di talchè correttamente la Corte territoriale ha valutato l’eccezione, da un lato, generica e, dall’altro, tardivamente precisata, nei termini in cui essa è stata oggi posta a fondamento delle censure in esame, solo in sede di comparsa conclusionale.

5. Si prestano a essere scrutinati congiuntamente, involgendo questioni ancora una volta connesse, i successivi due motivi di ricorso.

5.1 Col terzo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ., per avere il giudice a quo ritenuto infondata l’eccezione volta a far valere la novità, e quindi l’inammissibilità della domanda dell’attore di accertamento del concorso di colpa dello Z. nella causazione del sinistro, benchè essa fosse stata avanzata solo in appello, essendosi il convenuto limitato in primo grado a chiedere esclusivamente il rigetto della domanda contro di lui azionata.

5.2 Col quarto mezzo deduce contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia. Evidenzia che la Curia territoriale, dopo avere ritenuto ammissibile e fondata la doglianza con la quale il C. aveva lamentato l’ammissione della prova testimoniale da lui articolata anche relativamente a capitoli implicanti valutazioni o giudizi, aveva contraddittoriamente escluso che l’articolazione istruttoria presentasse parti di tal fatta.

6. Le critiche sono prive di pregio.

Mette conto evidenziare che il decidente ha segnatamente escluso che la prospettazione del concorso di colpa dello Z. nella causazione del sinistro implicasse una questione nuova, affermando che il convenuto lo aveva espressamente allegato già nel giudizio di primo grado; che lo stesso aveva formulato in proposito specifici capitoli di prova, regolarmente ammessi ed espletati; che il Giudice di Pace, nel motivare la decisione, aveva esposto, ancorchè succintamente, le ragioni del suo convincimento anche con riguardo al dedotto concorso colposo. Quanto al merito del rilievo, ha poi ritenuto che l’apprezzamento del materiale istruttorio imponeva di affermare la pari responsabilità dell’attore e del convenuto nella causazione del sinistro, segnatamente evidenziando che lo Z. neppure aveva offerto di provare di avere effettuato una manovra di fortuna al fine di evitare l’impatto con l’animale; che i testi escussi non avevano descritto il comportamento della capra come improvviso e imprevedibile; che a circa 500 metri dal punto d’urto vi era segnaletica verticale indicante curva pericolosa e limite di 50 chilometri orari di velocità.

7. Ora, la decisione del giudice di merito resiste alle critiche del ricorrente in ragione del principio, già affermato da questa Corte e pienamente condiviso dal collegio, per cui in tema di responsabilità per danni derivanti dall’urto tra un autoveicolo e un animale, la presunzione di responsabilità oggettiva a carico del proprietario o dell’utilizzatore di quest’ultimo concorre con la presunzione di colpa a carico del conducente del veicolo, ai sensi dell’art. 2054 cod. civ., comma 1, segnatamente precisandosi al riguardo, da un lato, che nella specie non concorrono due presunzioni di colpa, ma una presunzione di responsabilità oggettiva (art. 2052 cod. civ.) e una presunzione di colpa (art. 2054 cod. civ., comma 1); dall’altro, che anche nel caso in cui il danneggiato non sia un terzo, ma lo stesso conducente e questi non dimostri di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno ai fini del superamento della presunzione di responsabilità a suo carico, il risarcimento spettantegli dovrà esser corrispondentemente diminuito, in applicazione del primo comma dell’art. 1227 cod. civ., richiamato dall’art. 2056 cod. civ. (confr. Cass. civ., 9 gennaio 2002, n. 200).

A ciò aggiungasi che, mentre è priva di qualsivoglia rilievo la discrasia tra l’affermata fondatezza del motivo di appello volto a far valere l’inammissibilità della prova testimoniale dedotta dallo Z. e la successiva negazione dell’esistenza di articolazioni implicanti valutazioni o giudizi – trattandosi, evidentemente, di mero errore materiale, ininfluente sulla scelta decisoria adottata – la sentenza impugnata offre in ogni caso ampia ed esaustiva motivazione del convincimento del giudice di merito in ordine al mancato superamento della presunzione di cui all’art. 2054 cod. civ., comma 1, e cioè della mancata dimostrazione, a opera del conducente, di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. Ne deriva che le critiche formulate al riguardo dal ricorrente si risolvono, in definitiva, nella sollecitazione alla rilettura dei fatti e delle prove, preclusa in sede di legittimità.

In tale contesto il ricorso deve essere rigettato.

Il ricorrente rifonderà alla controparte le spese di giudizio nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.700,00 (di cui Euro 200,00 per spese), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2011

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