Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17357 del 23/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 23/07/2010, (ud. 26/05/2010, dep. 23/07/2010), n.17357

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, BIONDI GIOVANNA, VALENTE NICOLA, giusta mandato in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

E.C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI

VALLE AURELIA 130, presso lo studio dell’avvocato ANGERILLI ALFREDO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANGERILLI VINCENZO, giusta

mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 115/2007 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 11/04/2007 r.g.n. 411/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/05/2010 dal Consigliere Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Ancona, confermando la sentenza di primo grado del Tribunale di Macerata, appellata dall’Inps, dichiarava il diritto di E.C.L., che a seguito di domanda di trasformazione della pensione di invalidita’ in pensione di vecchiaia aveva visto la medesima accolta con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda stessa, al mutamento del titolo della pensione con decorrenza dall’1.2.1994, primo giorno del mese successivo al compimento del 65 anno di eta’, e condannava l’Inps al pagamento delle relative differenze di pensione.

La Corte di merito riteneva applicabile anche alla specifica fattispecie oggetto del giudizio la regola posta dalla L. n. 155 del 1981, art. 6, comma 1 secondo cui la pensione di vecchiaia decorre dal primo giorno del mese successivo a quello del compimento dell’eta’ pensionabile, anche in caso di successiva presentazione della domanda, salva diversa volonta’ dell’assicurato.

L’Inps ricorre per cassazione con un motivo. Il C. resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 222 del 1984, art. 1, comma 10 del D.L. n. 463 del 1983, art. 8 convertito in L. n. 638 del 1983, del R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 60, del R.D.L. n. 639 del 1939, art. 9 della L. n. 218 del 1952, art. 2 del D.Lgs. n. 503 del 1992, artt. 1, 2, 5, 6.

Si sostiene che la trasformazione della pensione di invalidita’ in pensione di vecchiaia, costituendo oggetto di uno specifico diritto di opzione, non puo’ che essere conseguente alla domanda dell’interessato. Il ricorso e’ fondato.

Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (in particolare: da Cass. n. 622 del 2005, che, diversamente da quanto si afferma nella sentenza impugnata, affronta specificamente – e risolve nel senso prospettato dall’INPS – la questione della trasformazione della pensione di invalidita’ in pensione di vecchiaia; nonche’ da Cass. n. 855 del 2006, n. 4392 del 2007, n. 2879 del 2008, n. 24772 del 2009 e numerose altre conformi), nessuna disposizione normativa espressamente prevede l’automatica trasformazione della pensione di invalidita’ di cui al R.D.L. n. 636 del 1939 in pensione di vecchiaia al compimento dell’eta’ stabilita per il diritto a quest’ultima.

Del resto, la stessa possibilita’ di mutamento del titolo di pensione – anche nei casi di domanda dell’assicurato – e’ stata per anni oggetto di contrasto in dottrina e in giurisprudenza.

Detto contrasto, poi, per cio’ che riguarda la trasformazione della pensione di invalidita’ in pensione di vecchiaia, e’ stato risolto in senso affermativo dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 8433 del 2004, richiamando la previsione di trasformazione dettata, per l’assegno di invalidita’, dall’arti della L. n. 222 del 1984 ed osservando che i trattamenti di invalidita’, cosi’ come la pensione di vecchiaia, costituiscono forme di tutela che garantiscono il diritto del lavoratore a mezzi adeguati alle loro esigenze di vita, in attuazione dell’art. 38 Cost.

Peraltro ammettere una siffatta possibilita’ di conversione non significa affermare che essa operi automaticamente al verificarsi di un certo evento (nel caso, il compimento dell’eta’ pensionabile).

Ne’ un’estensione alla pensione di invalidita’ acquisita nel precedente regime della disciplina dettata per l’assegno dalla L. n. 222 del 1984, art. 1, comma 10 e’ sostenibile in via di interpretazione analogica (non consentita per le disposizioni di legge che fanno eccezione a una “regola”, qual e’, in via di principio, quella che rimette alla scelta del pensionato la mutabilita’ del titolo) e neppure in via di interpretazione estensiva (vedi sui limiti della interpretazione estensiva delle disposizioni “eccezionali” o “derogatorie” rispetto ad una avente natura di “regola”: Cass. n. 9205 del 1999), in ragione delle profonde differenze che corrono tra le due prestazioni, cosi’ come emergono dalle rispettive regolazioni normative ( e che rendono la pensione di invalidita’ molto piu’ favorevole per l’assicurato dell’assegno).

Basti considerare che l’assegno e’ prestazione di carattere non definitivo (ha durata triennale e, per la conferma, necessita di domanda del titolare: L. n. 222 del 1984, art. 1, comma 7) e non e’ reversibile ai superstiti (art. 1, comma 6, della stessa legge);

mentre la “vecchia” pensione di invalidita’ ha carattere definitivo (e’, infatti, soggetta solo a revoca per riacquisto della capacita’ di guadagno: R.D.L. n. 636 del 1939, art. 10), e’ reversibile ai superstiti e ne e’ espressamente consentita la conservazione in luogo del trattamento di vecchiaia dal R.D.L. n. 636 del 1939, art. 10 ultima alinea del comma 3 (nel testo risultante dalle modifiche apportate con il D.L. n. 463 del 1983, art. 8 conv. nella L. n. 638 del 1983), nella parte in cui stabilisce che la corresponsione della pensione di invalidita’ che sia stata sospesa (per i titolari di eta’ inferiore a quella prevista per il pensionamento di vecchiaia e in possesso di redditi superiori a un certo ammontare) e’ ripristinata “al raggiungimento dell’eta’ prevista per il pensionamento di vecchiaia dai rispettivi ordinamenti” . Sarebbe, quindi, privo di razionale fondamento (e, dunque, non giustificabile) estendere, attraverso il ricorso a metodologie interpretative, quella che e’, per certo, una previsione di favore per l’assicurato a una prestazione, come la pensione di invalidita’, per la quale potrebbe rivelarsi non altrettanto vantaggiosa, se non altro per il caso di una sua maggiore consistenza economica, che potrebbe renderne piu’ conveniente la conservazione nonostante la maturazione dei requisiti prescritti per il diritto alla pensione di vecchiaia.

In conclusione, il difetto di una specifica previsione di legge che espressamente stabilisca l’automatica trasformazione della pensione di invalidita’ in pensione di vecchiaia al compimento dell’eta’ pensionabile deve intendersi come riconoscimento al titolare della pensione di invalidita’ (libero di valutare i vantaggi della sua trasformazione nell’altro trattamento previdenziale) di uno specifico diritto di opzione, sicche’ la trasformazione medesima non puo’ che essere conseguente a una sua espressa domanda in tal senso.

Tanto comporta che la sentenza d’appello deve ritenersi giuridicamente errata nella parte in cui afferma che la pensione di invalidita’ dell’odierna intimata si era automaticamente trasformata in pensione di vecchiaia al perfezionarsi dei requisiti previsti per quest’ultima, necessitando, all’opposto, un’apposita domanda dell’interessato, la quale rileva anche ai fini della decorrenza del trattamento di vecchiaia che, dunque (giusta la previsione del D.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, art. 18), coincidera’ con il primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda medesima.

Il ricorso dell’INPS va, pertanto, accolto conseguendone la cassazione della sentenza impugnata. La causa puo’, tuttavi’a, essere decisa direttamente nel merito da questa Corte nel senso del rigetto della domanda della pensionata, posto che tra le parti si controverte solamente sulla decorrenza del diritto alla trasformazione.

Nonostante la soccombenza dell’attuale controricorrente, non deve disporsi per le spese dell’intero giudizio, ex art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo anteriore a quello di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito con modificazioni dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, non applicabile ratione temporis.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Nulla per le spese dell’intero processo.

Cosi’ deciso in Roma, il 26 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2010

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