Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17356 del 19/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 19/08/2020, (ud. 13/02/2020, dep. 19/08/2020), n.17356

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

G.S., rappresentato e difeso, giusta procura per atto di

Notar E.P., Rep. n. 434 del 19.9.2016, dagli Avv.ti

Stefania Martin del Foro di Padova, che ha indicato recapito PEC, e

Nicola Pagnotta, ed elettivamente domiciliato presso lo studio di

quest’ultimo, alla via Francesco Denza n. 15 in Roma;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

Avverso la sentenza n. 83, pronunciata dalla Commissione Tributaria

Regionale del Veneto il 20.6.2012 e pubblicata il 12.9.2012;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal

Consigliere Paolo Di Marzio;

la Corte osserva.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

a G.S. erano notificati dall’Agenzia delle Entrate gli avvisi di accertamento, emessi ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 41 e 41bis, e recanti n. (OMISSIS), in relazione all’anno 2003, e n. (OMISSIS), attinente all’anno 2004 (cfr. controricorso dell’Ente impositore, che chiarisce la numerazione), per effetto dell’accertamento del maggior reddito non dichiarato percepito dalla Gretan Srl, di cui era socio al 50%. L’Agenzia delle Entrate richiedeva al contribuente il pagamento della maggiore Irpef proporzionale al più elevato reddito conseguito, accertato nei confronti della società e ritenuto distribuito tra i soci. Nei confronti della società Gretan erano state svolte indagini della Guardia di Finanza, e ne era derivato l’accertamento di un maggior reddito ai fini Irap, Irpeg ed Iva, conseguente all’utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, nonchè a causa di indebita detrazione dell’Iva. Erano inviati gli avvisi di accertamento conseguenziali, in relazione ai medesimi due anni, anche all’altro socio della Gretan Srl, P.G.. Sia la società che i soci proponevano ricorso, ma successivamente il socio P. e la società rinunciavano alle loro impugnative, ed era dichiarata la cessazione della materia del contendere nei loro confronti, mentre proseguiva nel gravame il G..

L’odierno ricorrente contestava innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Padova, tra l’altro, che nessun reddito poteva ritenersi accertato nei suoi confronti, perchè il socio P. aveva dichiarato che i maggiori utili conseguiti dalla società erano stati investiti per retribuire “in nero” prestazioni fornite da terzi, ed anche in conseguenza delle sue dichiarazioni era stato promosso un giudizio penale, che non aveva però coinvolto in nessuna misura il G.. La CTP rigettava il suo ricorso.

Stefano G. gravava di appello la decisione sfavorevole assunta dalla CTP innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, la quale respingeva il ricorso sostenendo che, in conseguenza dell’intervenuta definitività dell’accertamento emesso nei confronti della società, il ricorrente non poteva più contestare il maggior reddito consequenziale accertato nei suoi confronti.

Avverso la decisione adottata dalla CTR del Veneto ha proposto ricorso per cassazione G.S., affidandosi a tre, articolati, motivi di gravame. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate, che ha pure proposto un motivo di ricorso incidentale condizionato, cui il contribuente ha replicato mediante controricorso. Il G. ha pure depositato atto di nomina di nuovi difensori e memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il suo primo motivo di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente censura la “nullità della sentenza per violazione degli artt. 99,100,112 e 200, c.p.c., e art. 24 Cost., nonchè la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c.” (ric., p. 5), per avere la CTR ritenuto che la definitività dell’accertamento tributario emesso nei confronti della società comporti la definitività dell’accertamento conseguenziale emesso nei confronti del socio, e non avere perciò pronunciato circa la proposta contestazione in ordine alla “legittimità dell’accertamento di maggiori utili societari” (ibidem).

1.2. – Mediante il secondo motivo di ricorso, proposto ancora ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il contribuente critica “l’illegittimità e l’infondatezza dell’accertamento di utili societari nella misura del 20% delle fatture di costo fittizie, quale risparmio avuto da Gre-tan Srl in ragione dell’attività criminosa di P., amministratore di Gre-tan Srl, che si estendeva anche in Unica Scarl, cioè al soggetto compiacente emittente le fatture” (ric., p. 14), e per aver omesso di pronunciare, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., “in ordine alla domanda avente ad oggetto l’illegittimità della presunzione di distribuzione degli utili ai soci” (ric., p. 15).

1.3. – Con il suo terzo motivo di gravame, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’impugnante contesta la nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione degli artt. 5 e 105 e ss. TUIR, del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 39, degli artt. 99,100,112, e 295 c.c., dell’art. 24 Cost., nonchè la falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., e art. 324 c.p.c., laddove la CTR “afferma che l’avvenuto accertamento della sussistenza di utili societari in modo definitivo comporta l’immodificabilità della quota (asseritamente) percepita dai soci” (ric., p. 25).

1.4. – L’Amministrazione finanziaria ha proposto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ricorso incidentale condizionato, per essere la CTR incorsa nella violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 53 e 18, nonchè 51 e 38, , e dell’art. 327 c.p.c., “per non avere i giudici di secondo grado dichiarato l’inammissibilità del ricorso in appello proposto dal signor G.S. e di conseguenza l’intervenuta definitività della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Padova n. 45/13/2010”, perchè “l’originale dell’atto di appello notificato all’ufficio non è stato sottoscritto da nessuno dei due difensori nominati” (contro-ric., p. 6).

2.1. – 2.2. – 2.3. – I motivi di impugnazione introdotti mediante il ricorso principale possono essere trattati congiuntamente, stante la stretta connessione che si rinviene tra le contestazioni proposte. Il contribuente, mediante i suoi, invero non sempre lineari, motivi di gravame, critica la impugnata decisione della CTR, in relazione ai profili della violazione di legge e della nullità della sentenza in conseguenza di omessa pronuncia, per aver ritenuto che la definitività dell’accertamento di un maggior reddito conseguito da una società di capitali avente ristretta base partecipativa, si risolve in un accertamento definitivo anche nei confronti dei soci cui siano imputati maggiori redditi da partecipazione, con la conseguenza che la CTR ha ritenuto di poter omettere di pronunciare sulle contestazioni proposte dal socio in ordine alla mancata percezione di utili distribuibili da parte della società, perchè i maggiori utili conseguiti dalla stessa sono stati in realtà investiti per retribuire “in nero” terzi fornitori della società. Deve in proposito evidenziarsi, innanzitutto, che il contribuente ha indicato in ricorso mediante quali atti processuali abbia proposto le proprie contestazioni, e come le abbia coltivate.

In relazione alla evidenziata materia controversa, la CTR scrive che “quanto al merito della questione rileva che il reddito accertato in capo alla società è divenuto definitivo per cessata materia del contendere, come stabilito dal primo giudice. Conseguentemente la quota di reddito attribuita al contribuente è divenuta immodificabile” (sent. CTR, IV).

Sul tema questa Corte di legittimità ha avuto occasione di pronunciarsi più volte, esprimendo un orientamento condivisibile ed ormai consolidato, ribadendo ripetutamente che “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base azionaria, ove siano accertati utili non contabilizzati, opera la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili stessi”, ma rimane comunque salvo il diritto del socio di fornire “la prova contraria che i maggiori ricavi sono stati accantonati o reinvestiti”, Cass. sez. V, 18.10.2017, n. 24534.

Sembra anche opportuno evidenziare come la Suprema Corte abbia di recente chiarito che “in tema di imposte sui redditi di capitale, per escludere l’operatività della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili, conseguiti e non dichiarati da una società a ristretta base partecipativa, non è sufficiente che il socio si limiti ad allegare genericamente la mancanza di prova di un valido e definitivo accertamento nei confronti della società, ma deve contestare lo stesso effettivo conseguimento, da parte della società, di tali utili, ove non sia in grado di dimostrare la mancata distribuzione degli stessi, stante l’autonomia dei giudizi nei confronti della società e del socio e il rapporto di pregiudizialità dell’accertamento nei confronti del primo rispetto a quello verso il secondo”, Cass. sez. V, 19.12.2019, n. 33976, ed occorre allora sottolineare pure che in questo giudizio il contribuente propone una pluralità di argomenti, volti ad affermare che l’accertamento tributario effettuato nei confronti della società risulta infondato. La decisione adottata dalla CTR non risulta quindi condivisibile, perchè la società di capitali avente ristretta base partecipativa può avere una qualsiasi ragione propria per non contestare un atto impositivo che importi l’accertamento di un maggior reddito nei suoi confronti, divenendo in conseguenza incontestabile l’atto impositivo, ma la scelta della società non può comportare la lesione dei diritti propri del socio, il quale intenda dimostrare di non aver percepito alcun reddito con-seguenziale, anche provando che nessun maggior reddito sia stato ottenuto dalla società cui partecipa.

Non si è attenuta a questi principi l’impugnata CTR, e le contestazioni introdotte mediante i motivi di ricorso principale devono quindi essere accolte.

2.4. – L’Amministrazione finanziaria ha proposto ricorso incidentale condizionato censurando la nullità della sentenza pronunciata dalla CTR del Veneto, perchè il ricorso introduttivo del giudizio di appello notificato all’Amministrazione finanziaria dal G. non risultava sottoscritto da alcun difensore. Afferma l’Ente impositore: “Non ha alcuna rilevanza che la copia dell’atto depositata presso la Commissione Regionale presentasse la sottoscrizione del difensore. La mancanza di quest’ultima nella copia notificata all’Ufficio comporta la nullità insanabile del ricorso in appello presentato ed il conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado” (ric. incidentale condizionato, p. 8).

In merito ha osservato la CTR che “la censura sull’inammissibilità dell’appello per mancata sottoscrizione dell’atto inviato all’Ufficio appare superata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione citata dal ricorrente” (sent. CTR, p. IV), e la motivazione risulta pertanto effettivamente carente, tuttavia la soluzione adottata dalla Commissione Tributaria Regionale appare condivisibile, e la motivazione può essere integrata. Occorre infatti rilevare, in proposito, come questa Corte abbia ripetutamente chiarito che la mancata sottoscrizione della copia del ricorso consegnata o spedita per posta all’Amministrazione comporta una mera irregolarità e non l’inammissibilità del gravame, se l’originale, depositato nella segreteria della Commissione Tributaria, risulta sottoscritto (da ultimo, cfr. Cass. sez. V, 4.7.2019, n. 17963), proprio quanto si è verificato nel caso in esame, non avendo la Corte di legittimità mancato di chiarire come “per impedire l’inammissibilità del ricorso sia sufficiente che almeno un esemplare dell’atto rechi la firma autografa dell’autore, irrilevante poi essendo, nel caso di notifica diretta a mezzo posta, l’irregolarità rappresentata dal fatto che tale esemplare sia quello depositato presso la segreteria della Commissione Tributaria e non quello consegnato all’Ufficio. La conclusione sopra enunciata, va aggiunto, non pregiudica il diritto di difesa dell’Ufficio, perchè, in ragione dello sfasamento tra il termine di costituzione del ricorrente (gg. 30 dalla proposizione del ricorso, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22) ed il termine di costituzione della parte resistente (gg. 60 dalla notifica, consegna o ricevimento del ricorso, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23) la parte resistente che riceva un ricorso, ancorchè non firmato, contro un proprio provvedimento è comunque in condizione di cominciare a predisporre le proprie difese, salvo stabilire se costituirsi o meno in giudizio dopo aver verificato la sussistenza della sottoscrizione sull’originale che il contribuente depositi nella segreteria del giudice adito nel termine di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22”, Cass. 17.11.2014, n. 24461 (conf. Cass. sez. 5, 19.5.2017, n. 12621).

Il motivo di ricorso incidentale introdotto dall’Amministrazione finanziaria risulta perciò infondato, ed in conseguenza deve essere rigettato.

Il ricorso principale introdotto dal contribuente deve essere pertanto accolto in relazione alle contestazioni esposte, con assorbimento delle ulteriori questioni proposte e, rigettato il ricorso incidentale condizionato introdotto dall’Amministrazione finanziaria, la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, in diversa composizione, perchè rinnovi il giudizio nel rispetto dei principi enunciati e provveda anche a disciplinare le spese di lite del giudizio di legittimità.

Rilevato che, in relazione al ricorso incidentale, risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1- quater.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale proposto da G.S., rigetta il ricorso incidentale proposto dall’Agenzia delle Entrate, cassa la decisione impugnata in relazione all’accoglimento del ricorso principale e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, in diversa composizione, cui demanda anche provvedere le spese di lite del giudizio di cassazione tra le parti.

Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2020

 

 

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