Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17352 del 17/06/2021

Cassazione civile sez. VI, 17/06/2021, (ud. 21/04/2021, dep. 17/06/2021), n.17352

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PONTERIO Carla – Presidente –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 160-2020 proposto da:

FIALS FEDERAZIONE ITALIANA AUTONOMIE LOCALI E SANITA’ – SEGRETERIA

PROVINCIALE DI (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ALBERTO BARBERA;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato TATIANA PRIOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 284/2019 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 12/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ELENA

BOGHETICH.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con sentenza n. 284 depositata il 7.5.2019 la Corte di appello di Messina ha respinto la domanda proposta da FIALS-Federazione Italiana Autonomie Locali e Sanità nei confronti dell’AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE di (OMISSIS) ritenendo, in conformità con la pronuncia del Tribunale adottata in sede di opposizione ai sensi della L. n. 300 del 1970, ex art. 28, carente il requisito dell’attualità della condotta antisindacale e, in parziale riforma della sentenza impugnata, compensando le spese di lite.

2. La Corte territoriale rilevava che la condotta antisindacale dell’Azienda sanitaria (consistita nello spostamento di dipendenti da una sede all’altra, non preceduta da informativa all’organizzazione sindacale) era cessata prima che si instaurasse il contraddittorio tra le parti mediante notifica del ricorso introduttivo, non sussistendo, pertanto, il requisito dell’attualità della condotta; in considerazione della revoca dei provvedimenti di spostamento dei dipendenti in data successiva al deposito del ricorso giudiziale (ma pur sempre precedente alla vocatio in ius) e della “opinabilità della questione di merito” relativa alla effettiva natura dei provvedimenti adottati dall’azienda, la Corte compensava integralmente le spese di lite.

3. avverso la sentenza ha proposto ricorso l’organizzazione sindacale articolando quattro motivi, illustrati da memoria, cui ha opposto difese l’Azienda sanitaria con controricorso;

4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 28, degli artt. 91,92,115,116413 c.p.c. avendo, la Corte territoriale, specificato – a differenza del Tribunale – che il momento di cessazione del requisito dell’attualità della condotta antisindacale (consistito nel momento della revoca dell’ultimo di tutti i provvedimenti di mobilità dei dipendenti dell’Azienda, il 9.6.2015) era intervenuto dopo il deposito del ricorso introduttivo del giudizio, quindi quando la lite già era pendente avanti all’ufficio giudiziario; da ciò doveva conseguire l’applicazione del principio di soccombenza virtuale per verificare – ai fini della determinazione delle spese di lite -la fondatezza della domanda e procedere a valutare se l’Azienda sanitaria aveva violato l’art. 18 del CCNL con lo spostamento, seppure d’urgenza, di alcuni dipendenti, non sussistendo ragioni per compensare le spese di lite;

2. Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. avendo, il Tribunale, ritenuto comunque oggetto di informazione preventiva lo spostamento di sede di alcuni dipendenti (pur non costituendo “mobilità” del personale), pronuncia che non era stata oggetto di appello incidentale da parte dell’Azienda.

3. Con il terzo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in quanto l’accoglimento, seppur parziale, del gravame proposto dall’organizzazione sindacale avrebbe dovuto determinare la condanna dell’Azienda al pagamento delle spese di lite.

4. Con il quarto motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., della L. n. 300 del 1970, degli artt. 91, 92,115,116413 c.p.c. avendo, la Corte territoriale, omesso la pronuncia sulla domanda – avanzata dall’organizzazione sindacale -della restituzione delle spese di lite pagate a suo favore in ottemperanza del decreto emesso dal Tribunale ai sensi della L. n. 300 del 1970, ex art. 28.

5. I primi tre motivi di ricorso sono inammissibili.

5.1. Preliminarmente, questa Corte ha già affermato che l’accertamento in ordine alla attualità della condotta antisindacale e alla permanenza dei suoi effetti costituisce un accertamento di fatto, demandato al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da adeguata motivazione, immune da vizi logici o giuridici (Cass. n. 23038 del 2010).

Nessuna lacuna motivazionale sussiste nel provvedimento impugnato il quale ha fornito dettagliata esposizione della successione cronologica degli eventi (provvedimenti della Azienda di spostamento dei dipendenti, provvedimenti di revoca, deposito del ricorso giudiziale, successiva notifica) e della carenza di effetti durevoli nel tempo (confermando, sul punto dell’assenza di attualità della condotta antisindacale, la sentenza del Tribunale, che a sua volta aveva confermato il decreto emesso ai sensi della L. n. 300 del 1970, ex art. 28). La Corte territoriale ha, dunque, accertato che, in data immediatamente successiva al deposito del ricorso e precedente alla notifica alla controparte (ossia – come correttamente rileva il ricorrente – quando la pendenza della lite si era già determinata), era cessata l’attualità della condotta.

5.2. In ordine alle spese di lite, la Corte territoriale – procedendo in base al principio della “ragione più liquida” – ha comunque ritenuto di compensare le spese di lite, fornendo all’uopo espressa motivazione, nella specie prendendo in considerazione il momento di cessazione dell’attualità della condotta.

Ebbene, con riguardo alla denuncia di violazione della norma di cui all’art. 91 c.p.c., comma 1, deve ribadirsi che, in questa sede di legittimità, la censura trova ingresso solo quando le spese siano poste a carico della parte integralmente vittoriosa (Cass. nn. 18128 e 26912 del 2020 “In materia di spese giudiziali, il sindacato di legittimità trova ingresso nella sola ipotesi in cui il giudice di merito abbia violato il principio della soccombenza ponendo le spese a carico della parte risultata totalmente vittoriosa, e ciò vale sia nel caso in cui la controversia venga decisa in ognuno dei suoi aspetti, processuali e di merito, sia nel caso in cui il giudice accerti e dichiari la cessazione della materia del contendere e sia, perciò, chiamato a decidere sul governo delle spese alla stregua del principio della cosiddetta soccombenza virtuale”.) e tanto non è dato cogliere dal provvedimento impugnato.

In ordine all’art. 92 c.p.c., va rilevato che, con sentenza n. 77 del 2018, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di detta disposizione, comma 2 (nel testo modificato dal D.L. n. 132 del 2014, art. 13, convertito in L. n. 162 del 2014) nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese di lite tra le parti anche qualora sussistano “altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni”; ebbene, nessuna censura – se non un’affermazione apodittica – viene rivolta dalla ricorrente con riguardo alla insussistenza di tali circostanze.

Nessuna specifica doglianza – se non il richiamo all’omessa applicazione del principio della soccombenza virtuale – viene avanzata dalla ricorrente in ordine alla insussistenza delle “eccezionali ragioni”, previste dall’art. 92 c.p.c., per la compensazione delle spese. Non essendo stata denunciata l’illogicità o l’erroneità della ragione considerata dalla Corte territoriale ai fini della compensazione delle spese, ragione che riguarda un determinato aspetto della controversia decisa dal giudice di merito, non si configura un vizio di violazione di legge (cfr. sul punto Cass. n. 9977 del 2019, Cass. n. 22310 del 2017). Insomma, il ricorso omette di censurare adeguatamente la decisione di compensazione delle spese giudiziali (che è fornita di specifica motivazione).

Non sussiste, inoltre, la dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c. atteso che il Tribunale ha rigettato il ricorso per difetto di attualità della condotta e che deve escludersi l’idoneità al passaggio in giudicato di statuizioni su segmenti della fattispecie (la necessità di informazione preventivi cfr. Cass. n. 10760 del 2019; Cass. n. 24783 del 2018) e, quindi, la necessità di appello incidentale.

6. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile.

La censura è prospettata con modalità non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, secondo cui parte ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel ricorso il contenuto della domanda giudiziale che deduce di aver proposto in sede di appello, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi solo così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto a presidio del suddetto principio dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

Va, in ogni caso, rilevato che in forza della riforma – in sede di appello – del capo della sentenza del Tribunale concernente il regolamento delle spese di lite, l’Azienda è obbligata alla restituzione delle eventuali somme incassate a titolo di spese legali.

7. Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza.

8. In considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidandole in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 1.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali pari al 15 % e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a 2 quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 21 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2021

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