Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17351 del 23/07/2010

Cassazione civile sez. lav., 23/07/2010, (ud. 04/03/2010, dep. 23/07/2010), n.17351

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. CURCURUTO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. BALLETTI Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. GENTILE

8, presso lo studio dell’avvocato STUDIO LEGALE WSM &

PARTNERS,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALONGI ANTONIETTA, giusta

mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA DIFESA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 606/2005 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 13/07/2005 R.G.N. 1298/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/03/2010 dal Consigliere Dott. CURCURUTO Filippo;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto dei primi due motivi,

accoglimento del terzo.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

C.A., psicologo convenzionato, dal mese di luglio 1991, con l’Amministrazione della Difesa per il servizio di psicologia presso l’Ospedale Militare di (OMISSIS), proponeva appello avverso la sentenza del Giudice del Lavoro del Tribunale di Palermo, con la quale, nonostante le risultanze della CTU contabile disposta, era stata respinta la sua domanda di accertamento del diritto al calcolo dell’indennita’ di caro vita secondo i criteri di cui alla L. n. 38 del 1986 e del D.P.R. n. 13 del 1986, richiamati dal D.P.R. n. 261 del 1992 e la conseguente richiesta di condanna del Ministero della Difesa al pagamento delle differenze retributive dal 1995 in poi, avendo egli accettato la corresponsione della minore indennita’ nel contratto individuale.

Il C. impugnava la sentenza e la Corte d’Appello di Palermo, disattendendo la motivazione del Tribunale, affermava il diritto del ricorrente nella misura da lui chiesta ma, operando una compensazione “atecnica”, tra le maggiori somme accertate in forza della domanda del C. ed altre somme che l’amministrazione gli aveva corrisposto negli anni precedenti, cosi’ come risultante dalla CTU suppletiva, rigettava la domanda e condannava l’appellante alle spese.

Il C. chiede la cassazione della sentenza con ricorso per due motivi. Il Ministero della Difesa e’ rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo di ricorso e’ dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 416 c.p.c. e dell’art. 436 c.p.c., anche in relazione all’art. 112 c.p.c., e dello stesso art. 112 c.p.c., nonche’ omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione sul punto specifico degli oneri di deduzione, allegazione e prova.

Si sostiene che, costituendo la compensazione, tecnica o atecnica che sia, un fatto estintivo o modificativo del diritto vantato dall’attore, essa ha natura di eccezione e non di mera difesa, e pertanto deve essere proposta nel rispetto del termine di cui all’art. 416 c.p.c. e, in appello, dell’art. 436 c.p.c..

La Corte territoriale, pronunciandosi sulla compensazione, avrebbe violato l’art. 112 c.p.c., in quanto tale questione era stata posta dal Ministero esclusivamente nelle note difensive di primo grado e non con un’apposita domanda riconvenzionale.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce ancora violazione dell’art. 112 c.p.c..

Si sostiene che la Corte d’appello avrebbe pronunziato solo sulla domanda di condanna dell’indennita’ di carovita maturata dal marzo 1995, omettendo invece di pronunciare sulla domanda di condanna dell’amministrazione a corrispondere la maggiore indennita’ di caro vita come accertata in giudizio per il periodo successivo al deposito del ricorso.

Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. sotto diverso profilo.

Si sostiene che la Corte d’appello avrebbe omesso di pronunziare sulla domanda di applicazione del punto 2 della norma finale n. 2 dell’annesso C al D.P.R. n. 261 del 1992, in base al quale il ricorrente avrebbe avuto, in ogni caso, al diritto al mantenimento del trattamento economico di miglior favore “ad personam”, in luogo di quello inferiore arbitrariamente attribuitogli.

Con il quarto motivo di ricorso e’ dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. e la conseguente insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto dell’individuazione della soccombenza. Si afferma che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’Appello, la quale ha condannato alle spese il ricorrente, sulla base dell’affermata soccombenza, la parte soccombente in entrambi i giudizi sia in realta’ il Ministero della Difesa, in quanto, sia in primo sia in secondo grado, e’ stata confermata la misura dell’indennita’ di caro vita calcolata dal ricorrente.

Il primo motivo e’ infondato.

La Corte territoriale ha infatti operato conformemente all’indirizzo largamente prevalente nella giurisprudenza di questa Corte, e qui condiviso, secondo cui l’istituto della compensazione presuppone l’autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti, mentre e’ configurabile la cosiddetta compensazione impropria allorche’ i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto, nel qual caso la valutazione delle reciproche pretese importa soltanto un semplice accertamento contabile di dare ed avere e a cio’ il giudice puo’ procedere senza che sia necessaria l’eccezione di parte o la proposizione di domanda riconvenzionale.

(Cass. 648/1999; 16561/2002; 28855/2008).

Il secondo e il terzo motivo possono essere trattati congiuntamente perche’ connessi. La Corte li giudica infondati.

Il ricorrente sostiene che la sua domanda di indicizzazione dell’indennita’ di carovita fin dal 1986 sulla base tabellare di cui all’AEC recepito con D.P.R. n. 261 del 1992, implicherebbe una domanda di accertamento di tale diritto anche per il periodo successivo all’introduzione del giudizio. Egli assume inoltre di aver proposto una domanda diretta a mantenere ad personam il trattamento piu’ favorevole in luogo di quello attribuitoli dall’amministrazione.

Ma la Corte di merito (v. sent. p. 3) ha precisato quale a suo avviso fosse l’oggetto del giudizio sicche’ ci si trova di fronte ad un problema di interpretazione della domanda, rientrante nell’esclusiva competenza del giudice di merito, e non di omissione di pronunzia.

Quanto al terzo motivo va inoltre anche sottolineato che la Corte non avrebbe avuto ragione di esprimersi in modo esplicito sulla domanda visto che aveva riconosciuto il diritto del ricorrente al trattamento piu’ favorevole sulla base dell’interpretazione delle norme di riferimento.

Il quarto motivo e’ infondato.

La Corte territoriale ha infatti operato conformemente al principio secondo cui, in materia di procedimento civile, il criterio della soccombenza deve essere riferito alla causa nel suo insieme, con particolare diretto riferimento all’esito finale della lite, sicche’ e’ totalmente vittoriosa la parte nei cui confronti la domanda avversaria sia stata totalmente respinta (Cass. 3422/1971 e piu’ di recente Cass. 5373/2003).

In conclusione, il ricorso deve esser rigettato, senza pronunzie sulle spese in assenza di attivita’ difensiva della parte intimata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 4 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2010

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