Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17351 del 19/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 19/08/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 19/08/2020), n.17351

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22095-2013 proposto da:

SOCIETA’ FATTORI AUTOMOBILI SRL, elettivamente domiciliata in ROMA V.

PANAMA 74, presso lo studio dell’avvocato GIANNI EMILIO IACOBELLI,

che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE II ROMA, in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO TERRITORIALE ROMA 6 EUR TORRINO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 27/2013 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 15/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/01/2020 dal Consigliere Dott. ANDREA VENEGONI.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

La società Fattori Automobili srl, con sede in Roma, impugnava un avviso di accertamento relativo ad ires, irap ed iva per l’anno 2006 con cui venivano accertati maggiori redditi in relazione all’attività di commercio di autovetture. In particolare, venivano contestate omessa contabilizzazione di ricavi, deduzione di costi per operazioni inesistenti nell’ambito di frodi carosello e per altre spese.

La CTP di Roma rigettava il ricorso e la CTR del Lazio rigettava l’appello della società.

Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorre a questa Corte il contribuente sulla base di sei motivi.

Si costituisce l’Agenzia con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con il primo motivo il contribuente deduce violazione di norme di diritto, violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, con riferimento alla pronuncia della CTR di infondatezza dell’appello per mancanza di motivi specifici, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3

La CTR ha errato sull’interpretazione della norma sopra enunciata, laddove ha ritenuto che l’appello non rispondesse ai criteri di specificità, avendo riproposto i motivi del ricorso introduttivo.

Con il secondo motivo deduce violazione di norme di diritto; violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 53, dell’art. 54 e 56 del decreto cit., anche in relazione all’art. 2729 e 2727 c.c., nonchè dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7 e degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione alla contestata omessa fatturazione di ricavi, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3

In merito alla omessa contabilizzazione di ricavi, che consisterebbe secondo l’accertamento nell’avere venduto in nero alcune vetture per le quali risultava la fattura di acquisto e non di vendita, il ricorrente, oltre a contestare la vendita in nero affermando che le vetture non sono mai entrate nella sua disponibilità, essendo provento di un raggiro intentato ai suoi danni e per il quale aveva sporto querela, contesta comunque che per determinare i ricavi l’ufficio ha fatto ricorso a percentu di ricarico senza alcun elemento di supporto, senza prova, e la CTR ha legittimato tale modo di procedere.

Con il terzo, articolato, motivo, il contribuente deduce omesso esame circa più fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, e violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 115 c.p.c.

Con il quarto motivo deduce violazione dell’art. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’omessa valutazione della prova documentale costituita dalle distinte inventariali degli anni 2004 e 2005 della società ricorrente. Violazione dell’art. 2697 c.c., anche in relazione agli art. 2727 c.c. e ss.

La CTR ha omesso l’esame delle prove documentali.

Con il quinto motivo deduce omessa pronuncia in relazione all’art. 112 c.p.c., violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato in ordine all’illegittimità dell’avviso di accertamento nella parte in cui veniva contestato il regime iva applicato.

La CTR non si è pronunciata sulla non corretta applicazione dell’iva da parte della società, con riferimento all’applicazione di aliquote non pertinenti su fatture emesse, che avevano determinato un’evasione di 724 Euro, evidenziata nel processo verbale e contestata dal contribuente.

Con il sesto motivo deduce violazione di norme di diritto – violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 5 (c.d. Statuto del contribuente) – art. 360 c.p.c., n. 3

La CTR ha male interpretato la norma sulla contestazione della società, atteso che la verifica presso la sede era durata quasi tre mesi, disattendendo la rilevanza della violazione della stessa.

Il primo motivo è fondato, con assorbimento dei restanti.

Va rilevato, innanzi tutto, che la sentenza della CTR è, in sostanza, una decisione di inammissibilità dell’appello della società per mancanza dei requisiti di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53.

Nonostante la sentenza dichiari “infondato” l’appello e si soffermi poi a motivare su alcune questioni chiaramente di merito, resta il fatto che la prima “ratio decidendi” della stessa, assorbente di tutte le altre considerazioni, è che l’atto di impugnazione non soddisfa i requisiti del suddetto art. 53, ed il gravame è, quindi, inammissibile. In tal senso, anche l’analisi di alcune questioni di merito dell’accertamento, contenute nella sentenza, appare in realtà funzionale alla valutazione di carattere processuale del primo motivo, e, in questo senso, è da ritenere svolta “ad abundantiam”. (al riguardo, Sez. Un., n. 24469 del 2013).

Così inquadrata la questione, le considerazioni della CTR non sono condivisibili, ad iniziare da quella che porta il giudice di secondo grado a ritenere l’impugnazione viziata perchè costruita essenzialmente sulla riproposizione dei motivi e delle ragioni dedotte nel ricorso introduttivo, anzichè essere una critica alla decisione di primo grado.

Per quanto sia vero, infatti, che il requisito della specificità esige che le argomentazioni dell’appellante vengano contrapposte a quelle svolte nella sentenza impugnata (Sez. I, n. 21566 del 2017), questa Corte ha affermato che la riproposizione anche in appello delle ragioni del ricorso di primo grado, e quindi contro l’atto impositivo, non è di per sè causa di inammissibilità dello stesso.

In particolare, secondo sez. VI-5, n. 30525 del 2018

la riproposizione, a supporto dell’appello proposto dal contribuente, delle ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, atteso il carattere devolutivo pieno, in tale giudizio, dell’appello, quale mezzo di gravame non limitato al controllo di vizi specifici, ma volto ad ottenere il riesame della causa nel merito.

Ancora, Sez. VI-5, n. 24641 del 2018 ha ritenuto che anche nell’ipotesi in cui la parte (nella specie, l’Ufficio, ma il principio non cambia anche in riferimento al contribuente) si limiti a ribadire ed a riproporre in appello le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato già dedotte in primo grado, deve ritenersi assolto l’onere d’impugnazione specifica richiesto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, che costituisce norma speciale rispetto all’art. 342 c.p.c.

Sez. V, n. 32954 del 2018, ha precisato che la riproposizione a supporto dell’appello delle ragioni inizialmente poste a fondamento dell’impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur per implicito, in termini inequivoci, come il collegio ritiene sia avvenuto nel caso di specie.

Nello stesso senso, sez. VI – 5, ord. n. 30525 del 2018, sez. VI – 5, ord. n. 1200 del 2016.

La sentenza impugnata ha, invece, concluso in senso non conforme a questi principi.

Inoltre, in ricorso il ricorrente ha indicato i punti specifici dell’appello con i quali aveva articolato l’impugnazione, cosicchè ritenere il gravame carente di specificità non appare corretto.

La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata in riferimento al primo motivo, che è assorbente rispetto agli altri, con rinvio della causa alla CTR del Lazio, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.

PQM

Accoglie il primo motivo, con assorbimento dei restanti.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla CTR del Lazio, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2020

 

 

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