Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17350 del 17/06/2021
Cassazione civile sez. VI, 17/06/2021, (ud. 21/04/2021, dep. 17/06/2021), n.17350
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PONTERIO Carla – Presidente –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 36130-2019 proposto da:
D.E., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e
difesa dall’avvocato MARIA FERRARO;
– ricorrente –
contro
ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL
LAVORO (INAIL), in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo
studio dell’avvocato LUCIANA ROMEO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato TERESA OTTOLINI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4203/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,
depositata il 05/08/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 21/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ELENA
BOGHETICH.
Fatto
RILEVATO
Che:
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Napoli, in riforma della pronuncia del Tribunale della medesima sede, ha rigettato la domanda di D.E. – quale erede di F.P. – e dei figli F.R. e F.D. proposta nei confronti dell’INAIL per la liquidazione della rendita ai superstiti in relazione all’infortunio subito dal de cuius.
2. La Corte territoriale territoriale – dato atto della rinuncia agli atti del giudizio da parte dei figli di F.P. ( D. e R.), rinuncia ribadita in sede di appello – sulla scorta della rinnovata consulenza tecnica d’ufficio (in qualità di medico specialista in medicina legale), rilevava che la morte di F.P. (per infarto miocardico acuto con conseguente arresto cardiocircolatorio) era collegata ad un rischio generico, dovendosi escludere – alla luce dell’esame della documentazione sanitaria, della perizia di primo grado, degli atti prodotti e delle produzioni delle parti – la causa violenta.
3. Avverso la sentenza la D. ha proposto ricorso, articolato in due motivi, illustrato da memoria, cui ha opposto difese l’INAIL con controricorso;
4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
Diritto
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo di ricorso si deduce mancato esame e mancata comparazione tra i fatti, la relazione del consulente tecnico d’ufficio incaricato in primo grado e la perizia del secondo grado avendo, la Corte territoriale, recepito acriticamente le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio mentre la natura violenta dell’evento è rinvenibile nella dinamica dei fatti che portarono alla morte sul lavoro il F., in relazione alla pregressa condizione di stress dovuta alla perdita del posto di lavoro. E’ rinvenibile una contraddizione interna nella perizia del consulente tecnico d’ufficio che ha premesso la difficoltà del caso (vista l’assenza di un’autopsia e la mancanza di certezze sulla sopravvenienza di un infarto del miocardio) ed ha concluso “in scienza e coscienza” sostenendo che il decesso “pare” “si possa identificare in un infarto miocardico acuto conseguente arresto cardiocircolatorio intervenuto in soggetto fumatore ed affetto da blocco di branca destra all’ECG”.
2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 112,115,116 c.p.c. nonchè vizio di motivazione avendo omesso, il consulente tecnico d’ufficio, di rispondere alla domanda posta dal consulente di parte se si poteva affermare che il F. poteva salvarsi nel caso in cui fosse stato soccorso in mattinata al verificarsi del primo evento doloroso.
3. I motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente per la loro intima connessione, sono inammissibili.
4. Preliminarmente, la censura è prospettata con modalità non conformi al principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, secondo cui parte ricorrente avrebbe dovuto, quantomeno, trascrivere nel ricorso il contenuto dei documenti invocati (relazione del c.t.u.), fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali, potendosi solo così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente previsto a presidio del suddetto principio dall’art. 366, comma 1, n. 6, e dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.
5. Costituisce, inoltre, orientamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui, nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali e assistenziali derivanti da patologie dell’assicurato, le conclusioni del consulente tecnico di ufficio sulle quali si fonda la sentenza impugnata possono essere contestate in sede di legittimità solo ex art. 360 c.p.c., n. 5 e nella misura in cui si denunci una documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medico-legale o dai protocolli praticati per particolari assicurazioni sociali, risolvendosi altrimenti in un mero dissenso diagnostico non deducibile in sede di legittimità (cfr., fra le tante, Cass. nn. 8654 del 2008, 22707 del 2010, 1652 del 2012 e, tra le più recenti, Cass. n. 23093 del 2016, Cass. n. 27807 del 2017, Cass. n. 21301 del 2020);
nel quadro del suddetto enunciato si è, altresì, precisato che le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio disposta dal giudice non possono utilmente essere contestate in sede di ricorso per cassazione mediante la pura e semplice contrapposizione ad esse di diverse valutazioni perchè tali contestazioni si rivelano dirette non già ad un riscontro della correttezza del giudizio formulato dal giudice di appello bensì ad una diversa valutazione delle risultanze processuali; e tale profilo non rappresenta un elemento riconducibile al procedimento logico seguito dal giudice bensì costituisce semplicemente una richiesta di riesame del merito della controversia, inammissibile in sede di legittimità (Cfr. ex plurimis, Cass. nn. 14374/2008, 7341/2004 e 15796/2004).
6. Ciò posto, i motivi sono, all’evidenza, inammissibili, proponendosi di veicolare – ad onta del riferimento a presunte violazioni di legge sostanziale e processuale – una richiesta di riesame del giudizio di fatto in base al quale la Corte territoriale ha escluso la ricorrenza in specie dell’eziologia professionale della malattia denunciata.
7. Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza.
8. In considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidandole in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 21 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2021