Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1735 del 23/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 23/01/2017, (ud. 20/12/2016, dep.23/01/2017),  n. 1735

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMANDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26631/2015 proposto da:

B.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO

211, presso lo studio dell’avvocato RICCARDO ANDRIANI, che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ITALFONDIARIO S.P.A., nella qualità di mandataria di INTESA SANPAOLO

SPA, nonchè nella qualità di mandataria di CASTELLO FINANCE SRL,

in persona del procuratore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DI VILLA GRAZIOLI 15, presso lo studio dell’avvocato BENEDETID

GARGANI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUIDO

GARGANI, giuste procure speciali in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

EREDITA’ GIACENTE di G.L., M.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4089/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

25/05/2015, depositata il 07/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/12/2016 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con ricorso affidato a sei motivi, B.C. ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Roma, in data 7 luglio 2015, che aveva rigettato il gravame dal medesimo B. interposto, unitamente a M.G., contro la decisione del Tribunale della stessa Città che, a sua volta, aveva dichiarato inefficace nei confronti di Intesa Gestione Crediti S.p.A. la donazione della quota del 50% della nuda proprietà dell’immobile sito in (OMISSIS) intervenuta il (OMISSIS) tra G.L. e B.C., nonchè della compravendita, sempre in data (OMISSIS), con cui M.G. aveva trasferito alla G. il 50% dell’usufrutto ed al B. il 50% della nuda proprietà dello stesso predetto immobile;

che resiste con controricorso la Italfondiario S.p.A., nella qualità di mandataria di Intesa Sanpaolo S.p.A. e di Castello Finance s.r.l.;

che non hanno svolto attività difensiva in questa sede M.G. e l’eredità giacente di G.L.;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti costituite, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide, per le ragioni di seguito esposte, la proposta del relatore;

che con il primo motivo è dedotta la violazione dell’art. 81 c.p.c.,per difetto di prova della legittimazione ad causam della Italfondiario S.p.A., non rilevata dalla Corte territoriale;

che il motivo è inammissibile, giacchè il ricorrente ha mancato del tutto di fornire le necessarie indicazioni di contenuto e di localizzazione (ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) in ordine agli atti processuali ed ai documenti all’uopo rilevanti, là dove, peraltro, non viene affatto dedotta alcuna specifica contestazione (neppure in questa sede) circa la documentazione prodotta da Italfondiario e comprovante la relativa legittimazione ad causam, siccome spesa anche nel giudizio di appello;

che con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 111 Cost., art. 132 c.p.c. e art. 2901 c.c., n. 2, per aver la Corte territoriale omesso di riferirsi alla dolosa preordinazione degli atti dispositivi tra debitore e terzo in ragione della anteriorità di essi rispetto all’insorgenza del credito fideiussorio, da ravvisarsi non al momento della prestazione della fideiussione, ma “allorchè la banca ha fatto valere la garanzia”;

che il motivo è manifestamente infondato, avendo la Corte territoriale correttamente applicato il seguente e consolidato principio di diritto: “L’azione revocatoria ordinaria presuppone per la sua esperibilità la sola esistenza di un debito e non anche la sua concreta esigibilità, sicchè, prestata fideiussione a garanzia delle future obbligazioni del debitore principale nei confronti di un istituto di credito, gli atti dispositivi del fideiussore, successivi alla prestazione della fideiussione medesima, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti alla predetta azione, ai sensi dell’art. 2901 c.c., n. 1, prima parte, in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore (e, in caso di atto a titolo oneroso, del terzo) di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore (scientia damni), ed al solo fattore oggettivo dell’avvenuto accreditamento di denaro da parte della banca, senza che rilevi la successiva esigibilità del debito restitutorio o il recesso dal contratto” (Cass. n. 762/2016);

che con il terzo mezzo si prospetta la violazione dell’art. 111 Cost., art. 132 c.p.c. e art. 2901 c.c., n. 1, per aver la Corte territoriale omesso di motivare in ordine alla consapevolezza del pregiudizio alle ragioni creditorie ed al requisito della dolosa preordinazione degli atti dispositivi;

che il motivo è inammissibile quanto al requisito della “dolosa preordinazione”, che (come già emerge da quanto rilevato in sede di scrutinio del secondo motivo) non è affatto pertinente alla ratio decidendi; mentre, è manifestamente infondato quanto al profilo della scientia damni, giacchè la motivazione della Corte di appello è tutt’altro che apparente, risultando invero pienamente intelligibile, là dove, poi, le ulteriori critiche si snodano secondo la prospettiva non più veicolabile del vizio di cui al previgente (e non applicabile al presente giudizio) dell’art. 360 c.p.c., n. 5;

che con il quarto mezzo si deduce la violazione dell’art. 111 Cost., artt. 132 e 116 c.p.c. e art. 2901 c.c., n. 1, per aver la Corte territoriale motivato in modo apparente sulla insussistenza di pregressi crediti del B. (cessionario della G.) nei confronti del M. e sul conseguente requisito della scientia damni, anche in ragione della inconsistenza della prova desunta da non precisate dichiarazioni rese da una parte (il curatore dell’eredità giacente) in un altro procedimento;

che il motivo è in parte manifestamente infondato (là dove denuncia una motivazione apparente, che, invece, è ben lungi dal potersi apprezzare come tale o come espressiva di insanabili contraddizioni intrinseche: cfr. pp. 8/10 della sentenza di appello) e in parte inammissibile (là dove censura la valutazione di merito sulla congruenza e rilevanza della prova atipica tratta da altro procedimento giudiziario, senza, peraltro, dare contezza dei contenuti propri di essa);

che con il quinto mezzo si prospetta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, consistente nella “mancanza di danno patrimoniale subito dal M. e, quindi, della ovvia mancanza di consapevolezza in capo alla G. e al B. di tale (inesistente) elemento”, oltre che “sulla situazione finanziaria della Termomac”;

che il motivo è manifestamente infondato, giacchè la Corte territoriale (pp. 9/11 della sentenza di appello) ha esaminato, con motivazione intelligibile e priva di aporie insanabili, il requisito dell’eventus damni in relazione alla cessione di quota proprietaria del bene immobile da parte del M. (che, del resto, si risolve nella dimostrazione della pericolosità dell’atto impugnato in termini di una possibile, quanto eventuale, infruttuosità della futura esecuzione sui beni del debitore: Cass. n. 10399/2014), nonchè quello della scietia damni anche in riferimento alla situazione finanziaria della società Termomac;

che con il sesto mezzo è dedotta la violazione dell’art. 2909 c.c., in relazione alla asserita insussistenza del credito nei confronti di B.;

che il motivo è in parte manifestamente infondato (là dove si duole della opponibilità ad esso B. del decreto ingiuntivo recante il credito nei confronti dei fideiussori, giacchè l’accertamento su esistenza e consistenza di detto credito è avvenuto direttamente nella fase di merito del presente giudizio, di cui è parte il B.; con conseguente inconferenza del precedente giurisprudenziale del 2014 citato in ricorso) e in parte inammissibile (là dove, con deduzioni affatto generiche, si duole della valutazione del giudice del merito sulla valenza probatoria del decreto ingiuntivo non opposto e divenuto esecutivo, senza neppure dedurre un vizio di omesso esame secondo il paradigma del vigente dell’art. 360 c.p.c., n. 5);

che il ricorso va, pertanto, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo in conformità ai parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014;

che nulla è da disporsi in ordine alla regolamentazione di dette spese nei confronti degli intimati che non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

PQM

LA CORTE

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2017

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