Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17349 del 23/07/2010

Cassazione civile sez. I, 23/07/2010, (ud. 30/06/2010, dep. 23/07/2010), n.17349

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.A. (c.f. (OMISSIS)) elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MEDAGLIE D’ORO 157, presso

l’avvocato VICINANZA ALESSANDRA, rappresentato e difeso dall’avvocato

VICINANZA RAFFAELE, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.M.C., CI.MA., PROCURATORE GENERALE

DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 604/2006 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 27/02/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/06/2010 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo,

rigettati o assorbiti gli altri.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso ritualmente depositato, C.A. chiedeva pronunciarsi la separazione dalla moglie C.M.C..

Fallito il tentativo di conciliazione,il Presidente del Tribunale di Napoli autorizzava i coniugi a vivere separatamente,affidava le figlie alla madre,fissando un assegno di L. 900.000 mensili per il mantenimento della moglie e delle figlie e rinviava davanti all’istruttore.

Si costituiva la resistente chiedendo pronunciarsi la separazione con addebito al marito ,ed un adeguamento dell’assegno.

Il ricorrente, a sua volta, costituendosi con nuovo difensore, chiedeva pronunciarsi l’addebito nei confronti della moglie.

Il Tribunale,con sentenza del 11/9/2005,dichiarava la separazione senza addebito, affidava la figlia minore alla madre, statuendo le modalita’ di visita da parte del padre, e fissava un assegno di mantenimento in favore della moglie e delle figlie di complessivi Euro 760,00 (200,00 Euro per la moglie e 280,00 Euro per ciascuna delle figlie) con pagamento diretto da parte della societa’ Tirrenia di Navigazioni, datrice di lavoro del ricorrente, compensando le spese.

Avverso tale decisione proponeva appello il C., convenendo in giudizio sia la moglie che la figlia maggiorenne, lamentando che il Tribunale avesse ritenuto inammissibile la sua richiesta di addebito, in quanto formulata con la comparsa di costituzione del nuovo procuratore, contestando, inoltre, la previsione di modalita’ di visita non idonee riguardosi incontri con la figlia minore e la fissazione di assegni per la moglie e la figlia maggiorenne sull’assunto che non fosse stato provato che le stesse non erano indipendenti economicamente e che non era stato dato ingresso alla richiesta di informative ex art. 213 c.p.c..

Chiedeva quindi la riduzione del suo contributo ad Euro 250,00 per la sola figlia minore.

Si costituiva C.M., in proprio, lamentando di essere stata evocata in giudizio personalmente e, comunque, riportandosi alle difese svolte in prime cure dalla madre con lei convivente.

Si costituiva l’appellata C., deducendo l’infondatezza del gravame di cui chiedeva il rigetto.

La Corte d’appello di Napoli ,con sentenza 604/06, accoglieva parzialmente l’appello riguardo alle modalita’ di visita del padre nei confronti della figlia minore confermava, nel resto, la decisione del giudice di prima cure.

Avverso la detta sentenza ricorre per cassazione sulla base di quattro motivi il C. di cui non resistono le intimate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il C. contesta la pronuncia di inammissibilita’ della domanda di addebito.

Con il secondo motivo si duole della rimessione all’accordo tra le parti delle modalita’ di visita della figlia minore.

Con il terzo motivo assume che non andava concesso alcun assegno di mantenimento per la moglie in ragione della addebitabilita’ della separazione a quest’ultima.

Con il quarto motivo lamenta il mancato esame della documentazione probatoria da parte della Corte d’appello.

Il primo motivo e’ infondato.

La domanda di addebito e’ stata avanzata dal ricorrente solo nel corso del giudizio di primo grado con il deposito di una comparsa da parte del nuovo difensore.

Del tutto correttamente detta domanda e’ stata dichiarata inammissibile per tardivita’ alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte che ha ritenuto che nel giudizio di separazione personale, il ricorso introduttivo rappresenta l’atto di riscontro, “quoad tempus”, della tempestivita’ delle domande avanzate dal ricorrente, cosicche’ la domanda di addebito, proposta da quest’ultimo, non contenuta nel ricorso medesimo, ma avanzata o nella fase dinanzi al presidente del tribunale o in un momento ancora successivo ad essa, soggiace alla sanzione dell’inammissibilita’, perche’ introduce, nell’originario contenzioso, un nuovo tema d’indagine, non rappresentando mera deduzione difensiva o semplice sviluppo logico della contesa instaurata con la domanda di separazione. (ex plurimis v. da ultimo Cass 11305/07; Cass 25618/07).

Ne’ puo’ ritenersi che detta nuova domanda possa essere introdotta a seguito della domanda di addebito della controparte poiche’ – anche a volere in ipotesi ritenere che il ricorrente abbia rispettato i termini di cui all’art. 183 c.p.c., comma 4 per proporre la nuova domanda (e cio’ non risulta) – le domande di addebito non presentano tra loro alcuna interdipendenza, nel senso che il riconoscimento dell’addebito a carico di uno dei coniugi non esclude l’addebitabilita’ della separazione anche all’altro, per cui le stesse vanno autonomamente e tempestivamente proposte.

Il secondo motivo del ricorso e’ inammissibile.

La figlia C.E., minorenne all’epoca della pronuncia della sentenza di secondo grado, risulta infatti dagli atti essere divenuta maggiorenne nelle more del giudizio onde non sussiste piu’ alcun interesse da parte del C. ad ottenere una regolamentazione delle visite.

Il terzo motivo e’ anch’esso inammissibile perche’, essendo inammissibile la domanda di addebito a carico della moglie, a quest’ultima non puo’ essere negato per tale ragione il diritto all’assegno di mantenimento.

Infondato e’, infine, il quarto motivo, con cui il ricorrente si lamenta della mancata richiesta di informazioni ex art. 213 c.p.c. presso gli uffici finanziari e previdenziali delle dichiarazioni della C., poiche’, come correttamente ritenuto dalla Corte d’appello, tale richiesta non puo’ avvenire a fini esplorativi (ma solo a seguito di adeguate allegazioni e produzioni probatorie della parte richiedente, che nella circostanza non vi erano state avendo rilevato la Corte d’appello che il C. non aveva neppure allegato quale attivita’ lavorativa avrebbe svolto la moglie. Tale motivazione risulta del tutto conforme a quanto piu’ volte ritenuto da questa Corte secondo cui l’esercizio del potere, previsto dall’art. 213 c.p.c., di richiedere d’ufficio alla P.A. le informazioni relative ad atti e documenti della stessa che sia necessario acquisire al processo ^rientra, al pari del ricorso ai poteri istruttori previsti dall’art. 421 c.p.c., nella discrezionalita’ del giudice e non puo’ comunque risolversi nell’esenzione della parte dall’onere probatorio a suo carico, con la conseguenza che tale potere puo’ essere attivato soltanto quando, in relazione a fatti specifici gia’ allegati, sia necessario acquisire informazioni relative ad atti o documenti della P.A. che la parte sia impossibilitata a fornire e dei quali solo l’Amministrazione sia in possesso proprio in relazione all’attivita’ da essa svolta. (Cass 6218/09).

Il ricorso va in conclusione respinto. Nulla spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 30 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2010

 

 

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