Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17347 del 19/08/2020

Cassazione civile sez. trib., 19/08/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 19/08/2020), n.17347

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 904-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MARINA 2000 SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DI VILLA

SEVERINI, 54 presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE TINELLI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MAURIZIO DE LORENZI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 44/2012 della COMM.TRIB.REG. FIRENZE,

depositata il 11/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/01/2020 dal Consigliere Dott. ANDREA

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

La società Marina 2000 srI era oggetto di accertamento ai fini delle imposte dirette ed iva per l’anno 2004, in relazione alla compravendita di nove abitazioni civili facenti parte di un unico complesso immobiliare sito in Massa.

In particolare, per quattro vendite l’accertamento si basava sullo scostamento dei prezzi dichiarati dai valori dell’Osservatorio del mercato immobiliare (OMI), sulla scarsa redditività delle operazioni secondo i valori dichiarati, sul confronto con i mutui ipotecari contratti dagli acquirenti, su perizie di stima e su indagini bancarie relative agli acquirenti, da cui emergeva che questi ultimi avevano effettuato prelievi non giustificati.

Per le restanti cinque vendite, l’accertamento si basava sullo scostamento dai valori OMI e sul fatto che vi erano forti analogie tra questi appartamenti ed i quattro sopra citati per caratteristiche, stato conservativo, ubicazione, facendo tutti parte del medesimo complesso.

La società impugnava l’avviso, e la CTP di Massa modificava l’accertamento nel quantum, riducendo il maggior reddito attribuibile ad essa.

La società proponeva appello, così come l’ufficio appello incidentale, e la CTR della Toscana accoglieva l’appello principale, annullando l’accertamento, e respingeva l’appello incidentale.

Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorre a questa Corte l’ufficio sulla base di due, articolati, motivi.

Resiste la società con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con il primo motivo l’ufficio deduce violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2, artt. 2697,2727 e 2729 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3

La CTR ha errato nel modo di procedere alla valutazione degli indizi forniti dall’ufficio, avendoli esaminati frammentariamente ed omettendo una valutazione unitaria degli stessi; ha sostanzialmente negato la possibilità di procedere ad accertamento mediante elementi indiziari ed ha errato nell’affermare che i dati OMI non sono validi e non sono utilizzabili.

Con il secondo motivo deduce in subordine insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5

Il fatto controverso e decisivo era se l’accertamento si fondasse o meno su valide presunzioni, e la CTR non ha esaminato compiutamente fatti quali lo scostamento dei prezzi dai mutui, i prelevamenti non giustificati, le perizie di stima prodotte dagli stessi acquirenti.

Il contribuente in via preliminare eccepisce l’inammissibilità del ricorso dell’ufficio per violazione dell’art. 366 c.p.c., per mancata esposizione dei fatti di causa.

Nel merito contesta gli stessi fatti posti a base dell’ufficio per l’accertamento, come un significativo scostamento tra i prezzi dichiarati ed i mutui, o l’effettuazione di prelievi non giustificati in prossimità dei pagamenti dei prezzi.

L’eccezione è infondata, atteso dal ricorso i fatti ed i motivi di doglianza sono pienamente comprensibili.

I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente, sono fondati.

La CTR afferma un principio errato quando sostiene che i valori OMI sono “non validi e inutilizzabili” per l’accertamento, e, ancora più, “cancellati dal legislatore con L. n. 88 del 2009, su indicazione della Comunità Europea”. La L. n. 88 del 2009, in realtà, non li ha resi inutilizzabili, ma ha solo nuovamente attribuito il valore di presunzione semplice, anzichè legale come era avvenuto tra il 2006 e la L. 88 del 2009, allo scostamento del reddito dichiarato da essi. Questa Corte si è già espressa in merito in varie occasioni.

Sez. V, ord. n. 9453 del 2019, specificamente in tema di iva, ha affermato che:

In tema di accertamento dell’IVA, la riformulazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 3, ad opera della L. n. 88 del 2009, (comunitaria 2008), ha eliminato con effetto retroattivo, stante la finalità di adeguamento al diritto unionale – la stima basata sul valore normale nelle transazioni immobiliari, sicchè la prova dell’esistenza di attività non dichiarate, derivanti da cessioni di immobili, può essere desunta anche sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti, secondo gli ordinari criteri di accertamento induttivo, che non sono esclusi dall’art. 273 della direttiva 2006/112/Cee, dovendo gli Stati membri assicurare l’integrale riscossione del tributo armonizzato e l’efficacia della lotta contro l’evasione.

Anche sez. V, n. 2155 del 2019, ha ribadito che:

Nell’ipotesi di contestazione di maggiori ricavi derivanti dalla cessione di beni immobili, la reintroduzione, con effetto retroattivo, della presunzione semplice, ai sensi della L. n. 88 del 2009, art. 24, comma 5, (legge comunitaria 2008), che ha modificato il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, sopprimendo la presunzione legale (relativa) di corrispondenza del prezzo della compravendita al valore normale del bene, introdotta dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, conv. in L. n. 248 del 2006, non impedisce al giudice tributario di fondare il proprio convincimento su di un unico elemento, purchè dotato dei requisiti di precisione e di gravità, elemento che non può, tuttavia, essere costituito dai soli valori OMI, che devono essere corroborati da ulteriori indizi, onde non incorrere nel divieto di “presumptio de presumpto”.

Lo scostamento dai valori OMI, quindi, non è un elemento del tutto inutilizzabile, come afferma la CTR, potendo fondare l’accertamento, se accompagnato da ulteriori elementi che confermano la presunzione.

Nello stesso senso anche Sez. V, n. 9474 del 2017, secondo cui:

In tema di accertamento dei redditi d’impresa, in seguito alla sostituzione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, ad opera della L. n. 88 del 2009, art. 24, comma 5, che, con effetto retroattivo, stante la sua finalità di adeguamento al diritto dell’Unione Europea, ha eliminato la presunzione legale relativa (introdotta dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 3, conv., con modif., dalla L. n. 248 del 2006) di corrispondenza del corrispettivo della cessione di beni immobili al valore normale degli stessi (così ripristinando il precedente quadro normativo in base al quale, in generale, l’esistenza di attività non dichiarate può essere desunta “anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti”), l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla predetta cessione di beni immobili non può essere fondato soltanto sulla sussistenza di uno scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore normale del bene quale risulta dalle quotazioni OMI, ma richiede la sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti.

La CTR, quindi, parte da un presupposto errato, che vizia l’intera sentenza, affermando che lo scostamento dai valori OMI è del tutto inutilizzabile ai fini accertativi.

Successivamente analizza anche gli altri elementi (importo dei mutui, prelievi, valori normali), ed esclude che ognuno di essi sia univoco per fondare l’accertamento, ma anche in questa analisi la CTR non è convincente; sullo scostamento dal valore dei mutui fornisce una motivazione con cui sembra, in sostanza, negare in maniera assoluta valore a tale elemento, mentre la giurisprudenza afferma, al contrario, che lo scostamento del prezzo dichiarato dal valore del mutuo può anche fondare da solo l’accertamento.

Sez. V, ord. n. 14388 del 2017, in particolare, conclude nel senso che

In tema di accertamento induttivo del reddito d’impresa, l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla cessione di beni immobili può essere fondato anche soltanto sull’esistenza di uno scostamento tra il minor prezzo indicato nell’atto di compravendita e l’importo del mutuo erogato all’acquirente, ciò non comportando alcuna violazione delle norme in materia di onere della prova.

La circostanza che, in concreto, lo scostamento fosse così minimo da non essere sufficiente a fondare la presunzione, come segnala il contribuente in controricorso, è questione di fatto non sindacabile in questa sede.

Piuttosto, la sentenza impugnata si fonda su un principio errato, per cui occorre che venga cassata, analogamente a quanto questa Corte ha disposto nella causa decisa da sez. V n. 34709 del 2019, con rinvio proprio per riesaminare la situazione di fatto alla luce del principio corretto, nonchè per la decisione sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata, con rinvio della causa alla CTR della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2020

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