Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17344 del 23/07/2010
Cassazione civile sez. I, 23/07/2010, (ud. 16/06/2010, dep. 23/07/2010), n.17344
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –
Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –
Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –
Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –
Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
a motivazione semplificata sul ricorso 772/2009 proposto da:
C.I. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente
domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA N. 86, 1^ PIANO, INT. 5,
presso l’avvocato MARTIRE Roberto, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato OMINI Andrea, giusta procura speciale REP.
ATTI NOTARILI N. 23/08 dell’17.11.08 – AMBASCIATA D’ITALIA ad
ABIDJAN;
– ricorrente –
contro
PREFETTURA DI MILANO, in persona del Prefetto pro tempore,
domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 2360/2008 del GIUDICE DI PACE di MILANO,
depositato il 08/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
16/06/2010 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato MARTIRE che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per l’inammissibilità
o rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto del 8 maggio 2008 il Giudice di Pace di Milano respinse il ricorso proposto dal signor C.I. ((OMISSIS)), contro il provvedimento di espulsione emesso dal Prefetto di Milano in data 5 aprile 2008. Il giudice osservò che il ricorrente non aveva provato d’essere convivente con il figlio minore di nazionalità italiana, e che la sua pericolosità sociale era provata dai documenti prodotti dalla questura.
Per la cassazione del provvedimento ricorre il signor C., con atto notificato dal procuratore a mezzo posta (consegna all’ufficio postale in data 7 gennaio 2009).
L’amministrazione intimata resiste con controricorso notificato il 16 febbraio 2009.
Il ricorrente ha depositato una memoria.
Il collegio in camera di consiglio ha stabilito che la sentenza sia redatta a motivazione semplificata.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso propone quattro mezzi d’impugnazione. Il primo verte su vizi di motivazione circa la mancanza di prova dell’effettiva convivenza del ricorrente con il figlio minore in (OMISSIS); il secondo sulla violazione di norme di diritto per la mancata assunzione della prova testimoniale richiesta, e propone due quesiti di diritto sull’ammissibilità della prova per testimoni e sull’applicabilità delle norme sulla prova testimoniale nel giudizio di opposizione al decreto di espulsione; il terzo sull’insufficiente motivazione sulla pericolosità sociale del ricorrente; e il quarto sulla violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 e di disposizioni del codice di rito, e propone tre quesiti di diritto concernenti la mancanza d’interesse della questura nel giudizio di opposizione al decreto di espulsione, la necessità in ogni caso di una rituale costituzione della parte quale premessa del deposito di documenti, e l’inutilizzabilità di documenti prodotti da una parte non regolarmente costituiti.
Il primo e il terzo mezzo sollecitano in sostanza, seppure sotto la rubrica del vizio di motivazione, un riesame del materiale probatorio di causa, e sono pertanto inammissibili. Il secondo mezzo è a sua volta inammissibile perchè propone come censura di violazione di norme una doglianza per la mancata ammissione di una prova testimoniale, che andava proposta sotto la rubrica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riproducendo nel ricorso il contenuto della prova richiesta. Il quarto censura l’utilizzazione a fini di prova di documenti prodotti da una parte non costituita, ma lo fa sotto la rubrica della violazione di legge invece che sotto quello del vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), ed omette quindi di illustrare il carattere decisivo della documentazione in questione, di cui invece nel precedente motivo dichiara di non contestare il contenuto ma la rilevanza. Anche questo motivo, dunque, è inammissibile.
In conclusione il ricorso è inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità sono a carico della parte soccombente e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.000,00.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte Suprema di Cassazione, il 16 giugno 2010.
Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2010