Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17342 del 13/07/2017


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Cassazione civile, sez. I, 13/07/2017, (ud. 31/05/2017, dep.13/07/2017),  n. 17342

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15040/2015 proposto da:

P.A.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via P.

Matteucci n. 41, presso il proprio Studio, rappresentato e difeso da

se medesimo;

– ricorrente –

contro

Banca Nazionale del Lavoro S.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

G. Pisanelli n. 40, presso l’avvocato Biscotto Bruno, che la

rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 404/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

31/05/2017 dal cons. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 20 gennaio 2015, ha rigettato la domanda, proposta da P.A.G., di condanna della Banca Nazionale del Lavoro alle restituzioni e al risarcimento del danno derivante dall’infausto acquisto di azioni (OMISSIS) per l’importo di Euro 92.502,46, in esecuzione di un contratto, stipulato nel maggio 2002, di negoziazione di strumenti finanziari e di deposito titoli, così riformando l’impugnata sentenza del tribunale.

2.- Secondo la Corte, il P. – il quale aveva stipulato, in data 23 maggio 2002, un contratto quadro per deposito e amministrazione titoli – aveva ricevuto le dovute informazioni, avendo dichiarato di avere compreso la documentazione sui rischi generali degli investimenti; il giorno successivo egli aveva impartito il primo ordine di acquisto, eseguito solo in parte dalla banca, la quale aveva informato il cliente che si trattava di operazione inadeguata, in considerazione della “particolare tipologia di rischio” e del fatto che si trattava di “titolo quotato fuori dai mercati regolamentati (Nasdaq)”; con due successivi ordini del 28 e 29 maggio, il P. aveva ordinato l’acquisto di ulteriori azioni; non rilevava che la seconda e la terza operazione non recassero l’espresso avvertimento dell’inadeguatezza dell’investimento, essendovi una connessione tra le tre operazioni ed essendo la terza operazione “accessoria” alla prima del 24 maggio; il nesso causale tre le eventuali omissioni dell’intermediario e il danno lamentato era insussistente; pertanto, la Corte ha rigettato la domanda di P. e lo ha condannato a restituire le somme versate dalla banca, nonchè alle spese di entrambi i gradi di giudizio.

3.- Avverso questa sentenza P. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui si è opposta la BNL. Il ricorrente ha presentato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo è denunciato omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, discusso tra parti, circa la mancata spunta, nel contratto quadro del 23 maggio, della casella riguardante l’adempimento degli obblighi informativi gravanti sulla banca.

1.1.- Il controricorrente ha infondatamente eccepito l’inammissibilità del motivo, poichè la questione dell’inadempimento della banca agli obblighi informativi, relativi alla fase della stipula del contratto quadro, non sarebbe stata dedotta dall’interessato nel giudizio di merito. Tale questione, al contrario, è stata introdotta dal P. nel giudizio di appello, oltre che in primo grado (seppure nella comparsa conclusionale), ed è stata comunque esaminata nella sentenza impugnata, come risulta dal riferimento alla documentazione sui rischi generali degli investimenti, consegnata all’investitore, che dimostrerebbe, secondo la Corte di merito, l’adempimento di quegli obblighi.

1.2.- Il motivo è fondato.

Il Tribunale, al fine di giustificare l’inadempimento della banca agli obblighi informativi, previsti dal D.Lgs. del 24 febbraio 1998, n. 58, art. 21 (t.u.f.), artt. 28 e 29 reg. Consob n. 11522/1998, aveva rilevato che “nel contratto scritto in atti non è barrata la corrispondente casella riguardante il compimento di tale attività” – cioè riguardanti l’esperienza dell’investitore in materia finanziaria, la sua situazione finanziaria, gli obiettivi di investimento e la propensione al rischio – e che la prova orale richiesta sul punto dalla banca fosse irrilevante perchè riguardante “ad aspetti diversi”. Questo fatto decisivo per il giudizio non è stato esaminato dalla Corte d’appello e ciò si traduce in un vizio della sentenza impugnata, censurabile (e censurato) a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (nuova versione, applicabile ratione temporis). Se è vero che la mancata spunta della pertinente casella non precludesse alla banca di dimostrare comunque l’adempimento di quegli obblighi informativi, non è su questa dimostrazione che è fondata la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale si è limitata a rilevare che il P. aveva ricevuto e compreso la documentazione sui rischi generali degli investimenti. Tuttavia, è noto che gli obblighi informativi a carico dell’intermediario non sono assolti dalla consegna del documento generale sui rischi degli investimenti, di cui all’art. 28 del citato Regolamento Consob, che assolve unicamente ad una funzione strumentale e propedeutica alla stipulazione del contratto generale e serve a rendere l’investitore più consapevole rispetto ai rischi dell’investimento o del mandato conferito (Cass. n. 3889/2014).

2.- Con il secondo motivo il ricorrente ha denunciato violazione dell’art. 21 t.u.f., Artt. 28 e 29 reg. Consob n. 11522/1998, per avere ritenuto che la banca lo avesse informato dell’inadeguatezza della prima operazione, mentre l’informazione era stata del tutto generica, mediante un vago riferimento alla “particolare tipologia di rischio”, trattandosi di “titolo quotato fuori dai mercati regolamentati (Nasdaq)”, e alla possibile presenza di “interesse in conflittò “, mentre l’informazione per essere effettiva e completa avrebbe dovuto indicare le ragioni dell’inadeguatezza con riferimento all’oggetto specifico e all’entità dell’investimento, anche in relazione alle disponibilità finanziarie dell’investitore.

A questo motivo è connesso il quarto motivo, con il quale è denunciata violazione dell’art. 21 t.u.f., artt. 28 e 29 reg. Consob n. 11522/1998, per avere ritenuto adempiuto l’obbligo informativo in relazione al secondo e al terzo ordine d’acquisto, in quanto “accessori” al primo ordine, in relazione al quale quell’obbligo sarebbe stato assolto con l’avvertenza dell’inadeguatezza dell’operazione; la tesi sostenuta nel motivo è che, al contrario, non sarebbe possibile desumere presuntivamente l’adempimento degli obblighi informativi a carico dell’intermediario, in relazione ad uno o più ordini d’investimento, dall’eventuale (e comunque contestato) adempimento di quei medesimi obblighi in relazione ad un ordine precedente, sia pure riferito alla medesima tipologia di titoli.

2.1.- Si deve preliminarmente rispondere all’eccezione della controricorrente di inammissibilità del secondo motivo, per effetto del giudicato che si sarebbe formato sul capo della sentenza del Tribunale che aveva ritenuto adempiuti gli obblighi informativi (e insussistente la responsabilità della banca) con riferimento al primo ordine di acquisto. E’ sufficiente considerare che il Tribunale aveva condannato la BNL alle restituzioni anche con riferimento al primo ordine e che il P. non aveva interesse ad impugnare il relativo capo della sentenza di primo grado, sicchè nessun giudicato può dirsi formato sull’incidentale affermazione del primo giudice circa l’assolvimento degli obblighi informativi riguardanti il primo ordine. Questa conclusione è coerente con il principio secondo cui l’interpretazione del giudicato, interno ed esterno, va effettuata alla stregua sia della motivazione sia del dispositivo della sentenza (Cass. n. 769/2014, n. 24594/2005).

2.2.- Entrambi i motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati.

Questa Corte ha avuto occasione di evidenziare che la sottoscrizione, da parte del cliente, della clausola in calce al modulo d’ordine, contenente la segnalazione d’inadeguatezza dell’operazione sulla quale egli è stato avvisato, è idonea a far presumere assolto l’obbligo previsto in capo all’intermediario dall’art. 29, comma 3 reg. Consob n. 11522 del 1998 e che, tuttavia, a fronte della contestazione del cliente, il quale alleghi l’omissione delle informazioni, grava sulla banca l’onere di provare, con qualsiasi mezzo, di averle specificamente rese (Cass. n. 11578/2016).

Pertanto, quando il cliente – come nella specie – abbia contestato di avere ricevuto informazioni sufficienti a metterlo in condizioni di esprimere una consapevole scelta di investimento, l’intermediario è pur sempre tenuto a dimostrare di avere adempiuto all’obbligo “legale” di rendere tutte le informazioni previste in suo favore dall’ordinamento di settore, a norma dell’art. 23, comma 6 t.u.f.

Solo in tal modo è possibile rimanere ancorati al principio secondo cui, nel giudizio di risarcimento del danno proposto da un risparmiatore, il giudice di merito, per assolvere l’intermediario finanziario dalla responsabilità conseguente alla violazione degli obblighi informativi previsti dalla legge, non può limitarsi ad affermare che manca la prova della sua negligenza ovvero dell’inadempimento, ma deve accertare se sussista effettivamente la prova positiva della sua diligenza e dell’adempimento delle obbligazioni poste a suo carico e, in mancanza di tale prova, che deve essere fornita dall’intermediario (art. 23 t.u.f.), quest’ultimo sarà tenuto al risarcimento degli eventuali danni causati al risparmiatore.

Ne consegue che, in caso di operazione non adeguata, l’intermediario può darvi corso solo a seguito di un ordine impartito per iscritto dall’investitore, in cui però sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze fornitegli dal primo (Cass. n. 5089/2016). Infatti, l’ordine scritto di dare corso comunque ad un’operazione, pur inadeguata, non è atto pregiudizialmente idoneo a fare assolvere l’intermediario da responsabilità, quando costui non abbia dimostrato la “completezza” dell’avvertimento dato al cliente, che deve necessariamente risultare dal medesimo ordine che deve contenere un “esplicito riferimento alle avvertenze ricevute” (art. 29, comma 3 Regol. Consob n. 11522 del 1998), non rilevando che il cliente abitualmente investa in titoli finanziari, perchè ciò non basta a renderlo investitore qualificato (Cass. n. 22147/2010); si è precisato che la dichiarazione del cliente, su modulo predisposto dalla banca e da lui sottoscritto, in ordine alla propria consapevolezza circa la natura di “operazione non adeguata”, non costituisce dichiarazione confessoria, nè è sufficiente a far ritenere dimostrato, da parte dell’intermediario, l’adempimento degli obblighi informativi da parte dell’intermediario (Cass. n. 20178/2014); ed ancora, la semplice clausola “rischio Paese” è inidonea a provare l’adempimento dei suddetti obblighi (Cass. n. 8314/2017), ed ugualmente è inidonea l’informazione circa il rapporto tra il rendimento ed il rischio del prodotto negoziato o – come nella specie – per essere il “titolo quotato fuori dai mercati regolamentati” o per la possibile presenza di un imprecisato “interesse in conflitto”.

La giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 1376/2016) ha puntualizzato che le informazioni previste dall’ordinamento di settore (artt. 21, comma 1, lett. a-b t.u.f., e art. 28, commi 2 e art. 29 Regolamento Consob n. 11522/1998), che la banca intermediaria è tenuta a dare prima di effettuare qualunque operazione, devono essere adeguate in concreto, cioè devono soddisfare le esigenze del singolo rapporto in relazione alle caratteristiche personali ed alla situazione finanziaria del cliente e, in particolare, devono riguardare: 1) la natura e le caratteristiche peculiari del titolo, con particolare riferimento alla rischiosità del prodotto finanziario offerto; 2) la precisa individuazione del suo emittente (precisandosi, in particolare, se si tratta di uno Stato, di un ente locale, o di una società privata), non essendo sufficiente la mera indicazione che si tratta di un “Paese emergente”; 3) il rating nel periodo di esecuzione dell’operazione ed il connesso rapporto rendimento/rischio; 4) eventuali situazioni di grey market, ovverosia di carenza di informazioni circa le caratteristiche concrete del titolo; 5) l’avvertimento circa il pericolo di un imminente default dell’emittente; 6) inoltre, la comunicazione di tutte le notizie conoscibili in base alla necessaria diligenza professionale e l’indicazione, in modo puntuale, di tutte le specifiche ragioni idonee a rendere un’operazione inadeguata rispetto al profilo di rischio dell’investitore, ivi comprese quelle attinenti al rischio di default dell’emittente con conseguente possibilità di mancato rimborso del capitale investito, in quanto tali informazioni costituiscono reali fattori per effettuare la scelta di investimento, in modo effettivamente consapevole (Cass. n. 12544/2017).

Nella fattispecie in esame, il giudizio di falsa applicazione dei menzionati principi in materia di intermediazione finanziaria è corroborato dall’erroneità dell’argomentazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale l’avvertimento circa l’inadeguatezza del primo investimento sarebbe implicitamente riferibile anche agli investimenti effettuati con i due successivi ordini di acquisto, in virtù della connessione presente tra le tre operazioni. E ciò non solo perchè già il primo avvertimento era – per le ragioni esposte – inidoneo, ma anche perchè si trattava di investimenti autonomi e di importo diverso, seppure aventi ad oggetto titoli analoghi, che imponevano alla banca di dare informazioni specifiche per ciascuno di essi.

3.- Il terzo motivo, riguardante le restituzioni con riferimento al primo ordine di acquisto, è assorbito.

4.- In conclusione, in relazione ai motivi accolti (primo, secondo e quarto), la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese.

PQM

 

La Corte accoglie il primo, il secondo e quarto motivo di ricorso e dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 31 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2017

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