Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17341 del 17/08/2011

Cassazione civile sez. II, 17/08/2011, (ud. 21/06/2011, dep. 17/08/2011), n.17341

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

V.G.B. (OMISSIS), domiciliato ex lege

in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato

e difeso dall’avvocato SIMONELLI VINCENZO;

– ricorrente –

contro

COOP EDIL MIRAFIORI ARL (OMISSIS) in persona del suo Presidente

pro tempore, D.S.G. (OMISSIS), L.

G., B.C., S.A., P.

F.;

– intimati –

sul ricorso 31598-2005 proposto da:

D.S.G. (OMISSIS), domiciliata ex lege in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato DI SOMMA ANTONIO MARCO;

– controricorrente ricorrente incidentale –

contro

V.G.B., domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato SIMONELLI VINCENZO;

– controricorrente al ricorso incidentale –

e contro

P.F., B.C., L.G., COOP

EDIL MIRAFIORI SRL, S.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1607/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 26/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/06/2011 dal Consigliere Dott. LUCIO MAZZIOTTI DI CELSO;

udito l’Avvocato SIMONELLI Vincenzo difensore del ricorrente

principale e resistente al controricorso incidentale che ha chiesto

accoglimento delle proprie difese depositate;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto di

entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

V.G.B. conveniva in giudizio la Cooperativa Edilizia a r.l. Mirafiori chiedendone la condanna al pagamento della residua somma di L. 93.375.077 per l’esecuzione di un contratto di appalto volto alla costruzione in favore della convenuta di undici alloggi.

La Cooperativa, costituitasi, chiedeva il rigetto della domanda eccependo in via preliminare l’incompetenza del giudice adito in favore della competenza arbitrale.

In corso di causa intervenivano in giudizio, nella qualità di soci della Cooperativa, B.C. e D.S.G. avallando le ragioni della convenuta.

Con sentenza non definitiva 9/1/2001 l’adito tribunale di S. Maria Capua Vetere rigettava l’eccezione di incompetenza e la causa veniva rimessa sul ruolo per la prosecuzione del giudizio.

Si costituivano, con atto di intervento volontario, L. G., S.A. e P.F..

Con sentenza 2676/2002 il tribunale dichiarava inammissibile l’intervento proposto da L.G., S.A. e P.F. e condannava la Cooperativa a pagare all’attore L. 20 milioni oltre accessori. Avverso la detta sentenza il V. proponeva appello al quale resistevano:

a) la Cooperativa Mirafiori che spiegava appello incidentale;

b) la D.S. che eccepiva: l’estinzione del giudizio di primo grado per non aver l’attore ottemperato all’ordine del giudice di integrazione del contraddittorio; l’incompetenza del giudice adito in favore del collegio arbitrale; la carenza di legittimazione della Cooperativa; la non debenza della somma di Euro 10.329,14 perchè relativa all’ascensore che rientrava nella originaria somma pattuita per l’intero contratto di appalto;

c) il P. il quale formulava appello incidentale per la parte della sentenza impugnata con la quale era stato dichiarato inammissibile il suo intervento.

Con sentenza 26/5/2005 la corte di appello di Napoli:

1) dichiarava la contumacia di L.G., S. A. e B.C.;

2) rigettava l’appello principale;

3) rigettava gli appelli incidentali della Cooperativa e della D. S.;

3) dichiarava in parte inammissibile ed in parte rigettava l’appello incidentale del P..

La corte di merito, per quel che ancora rileva in questa sede, osservava: che, come risultava dalle prove documentali in atti (collaudo e Delib. IACP n. 1733 del 1999), l’importo dovuto al V. non corrispondeva a quanto dallo stesso richiesto in citazione; che la Delib. IACP n. 1733 del 1999, nell’approvare il certificato di collaudo nei limiti del finanziamento, aveva stabilito che all’impresa V. erano dovuti per i lavori in questione L. 540.367.795 e L. 50.828.600 per oneri revisionali e che andava rimessa a carico dei soci della cooperativa la spesa di L. 55.429.014 nonchè oneri eccedenti l’importo del finanziamento autorizzato; che oltre agli importi indicati nella citata Delib. IACP, da porsi a carico della Cooperativa, vi erano somme dovute a vari titoli dai singoli soci e in tali somme rientravano quelle oggetto delle richieste avanzate dal V. nel giudizio di gravame che, in assenza di prove idonee a supporto ed in assenza di legittimi contraddittori, andavano respinte; che le riserve di cui il V. chiedeva il pagamento – ad eccezione di quella riguardante l’ascensore – riguardavano lavori (nel dettaglio indicati) che erano stati richiesti o erano andati a beneficio dei singoli soci i quali erano tenuti a sopportare i relativi costi; che l’appello incidentale della Cooperativa era infondato in quanto la sentenza non definitiva aveva solo dichiarato la competenza del giudice adito e la parziale genericità della domanda introduttiva per la omessa precisa distinzione dei lavori commissionati dalla Cooperativa rispetto a quelli commissionati dai singoli soci; che la detta sentenza aveva invitato l’attore a precisare la propria domanda nei confronti dei singoli soci ed a chiamare in causa quelli eventualmente assenti; che l’impresa V. non aveva ritenuto di precisare la domanda e di chiamare in causa i soci che avevano commissionato i singoli lavori; che in conseguenza di tanto la domanda era stata accolta nei confronti della Cooperativa per la sola parte relativa ai lavori da questa commissionati e rigettata per la parte dei lavori commissionati dai singoli soci nei cui confronti non era stata formulata alcuna domanda; che quindi era infondata la tesi della Cooperativa di passaggio in giudicato a seguito della sentenza non definitiva; che la Cooperativa aveva contestato la condanna al pagamento dei lavori relativi all’ascensore sostenendo che l’opera era stata già ricompresa nel prezzo e che peraltro l’opera era stata commissionata dai soci; che, al contrario, agli atti non esisteva adeguata prova di quanto sostenuto dalla Cooperativa; che inoltre si trattava di opera di natura condominiale per cui il costo andava posto a carico della Cooperativa committente; che era infondata l’eccezione sollevata dalla D.S. in ordine all’asserita estinzione del giudizio per non aver il V. ottemperato all’ordine di integrazione del contraddittorio; che in primo grado non vi era stato alcun ordine di integrazione del contraddittorio avendo il primo giudice solo invitato l’attore a specificare la domanda e ad individuare, eventualmente integrando il contraddittorio, i relativi legittimati passivi; che, a fronte dell’inattività della parte, alcuna estinzione si era prodotta, ma solo il rigetto della domanda per i lavori non commissionati dalla convenuta Cooperativa ma dai singoli soci non chiamati in giudizio;

che del pari era infondata l’eccezione circa l’esistenza del giudicato sulla competenza del collegio arbitrale e circa la conseguente incompetenza del giudice adito; che, al contrario, con la sentenza non definitiva, non appellata, si era formato il giudicato sull’esistenza della competenza del giudice ordinario sulla domanda in esame.

La cassazione della sentenza della corte di appello di Napoli è stata chiesta da V.G.B. con ricorso affidato ad un solo motivo. Ha resistito con controricorso “ad adiuvandum” D. S.G. la quale ha proposto ricorso incidentale sorretto da tre motivi. Il V. ha resistito con controricorso al ricorso incidentale. Non hanno svolto attività difensiva in sede di legittimità gli intimati Cooperativa Edilizia Mirafiori a r.l., P.F., B.C., L.G. e S.A..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti a norma dell’art. 335 c.p.c..

Con l’unico motivo del ricorso principale V.G. B. denuncia violazione dell’art. 2696 c.c. e vizi di motivazione deducendo che la corte di appello ha errato nell’affermare che alcune delle richieste avanzate da esso ricorrente dovevano essere respinte perchè relative a lavori andati a beneficio dei singoli soci i quali avrebbero dovuto sopportarne i costi. Al contrario, secondo la Delib. IACP n. 3743 del 1999, i collaudatori con l’atto aggiuntivo 12/6/1995 avevano riconosciuto e ripartito l’importo a carico del finanziamento e l’importo diretto a carico della Cooperativa per opere non presenti in progetto: il detto atto aggiuntivo è parte integrante dell’atto di collaudo, approvato da esso ricorrente e dalla Cooperativa. Con i documenti prodotti esso V. ha provato il suo credito. La corte di appello non ha interpretato correttamente la menzionata Delib. IACP nella quale si precisa solo che i lavori aggiuntivi devono essere pagati in proporzione dai soci della Cooperativa e non ad esso V. e ciò perchè il rapporto contrattuale è tra quest’ultimo e la Cooperativa. Che questa sia la vera ed autentica interpretazione della detta delibera si ricava esplicitamente dalla lettura dell’atto aggiuntivo di collaudo del 12/6/1995. La corte di appello ha inoltre errato nel non considerare che sulla somma riconosciuta a titolo di compenso per l’ascensore ad esso ricorrente spettava la relativa revisione prezzi su L. 20 milioni pari a L. 1.933.157.

Le dette censure sono in parte infondate ed in parte inammissibili.

La prima censura – relativa ai lavori che secondo la corte di appello sarebbero “andati a beneficio dei singoli soci” e da questi richiesti – si risolve essenzialmente, pur se titolata come violazione di legge (art. 2697 c.c.) e come vizio di motivazione, nella prospettazione di una diversa valutazione del merito della causa e nella pretesa di contrastare il risultato dell’attività svolta dal giudice del merito nell’esercizio dei compiti allo stesso affidati e del suo potere discrezionale di apprezzamento dei fatti e delle risultanze istruttorie. Il ricorrente in sostanza contrasta e critica l’apprezzamento delle prove operato dal giudice del merito (omesso od errato esame di risultanze istruttorie, preferenza conferita ad alcune prove rispetto ad altre) incensurabile in questa sede di legittimità perchè sorretto da motivazione adeguata, logica ed immune da errori di diritto: il sindacato di legittimità è sul punto limitato al riscontro estrinseco della presenza di una congrua ed esauriente motivazione che consenta di individuare le ragioni della decisione e l’iter argomentativo seguito nell’impugnata sentenza. Inammissibilmente il ricorrente prospetta una diversa lettura del quadro probatorio dimenticando che l’interpretazione e la valutazione delle risultanze processuali sono affidate al giudice del merito e costituiscono insindacabile accertamento di fatto: la sentenza impugnata non è suscettibile di cassazione per il solo fatto che gli elementi considerati dal giudice del merito siano, secondo l’opinione del ricorrente, tali da consentire una diversa valutazione conforme alla tesi da essa sostenuta.

Nel caso in esame non sono ravvisabili nè il lamentato difetto di motivazione, nè le asserite violazione di legge: la sentenza impugnata è corretta e si sottrae alle critiche di cui è stata oggetto.

Come riportato nella parte narrativa che precede il giudice di appello – con indagine di fatto condotta attraverso l’esame degli elementi probatori acquisiti al processo – ha coerentemente affermato, sulla base di circostanze qualificanti, che alcune delle somme richieste dal V. si riferivano a lavori che erano stati richiesti non dalla Cooperativa, ma dai singoli soci i quali, quindi, “dovevano sopportarne i relativi costi”.

La corte di appello è pervenuta alle dette conclusioni attraverso argomentazioni complete ed appaganti, improntate a retti criteri logici e giuridici – nel pieno rispetto, al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente, delle regole che disciplinano l’onere della prova e con ragionamento ineccepibile – nonchè frutto di un’indagine accurata e puntuale delle risultanze istruttorie riportate nella decisione impugnata (collaudo, Delib. IACP n. 1743 del 1999). Il giudice di secondo grado ha dato conto delle proprie valutazioni, circa i riportati accertamenti in fatto, esaminando compiutamente le risultanze i-struttorie ed esponendo adeguatamente le ragioni del suo convincimento. Alle dette valutazioni il ricorrente contrappone le proprie, ma della maggiore o minore attendibilità di queste rispetto a quelle compite dal giudice del merito non è certo consentito discutere in questa sede di legittimità, ciò comportando un nuovo autonomo esame del materiale delibato che non può avere ingresso nel giudizio di cassazione.

Dalla motivazione della sentenza impugnata risulta chiaro che la corte di appello, nel porre in evidenza gli elementi probatori favorevoli alle principali tesi difensive della Cooperativa ha implicitamente espresso una valutazione negativa delle contrapposte tesi del V.).

Pertanto, poichè resta istituzionalmente preclusa in sede di legittimità ogni possibilità di rivalutazione delle risultanze istruttorie, non può la ricorrente pretendere il riesame del merito sol perchè la valutazione delle accertate circostanze di fatto come operata dal giudice di secondo grado non collima con le sue aspettative e confutazioni”.

Le censure in esame sono inoltre inammissibili per la loro genericità, oltre che per la loro incidenza in ambito di apprezzamenti riservati al giudice del merito, atteso che nel giudizio di legittimità il ricorrente che deduce l’omessa o l’erronea valutazione delle risultanze probatorie ha l’onere (in considerazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione) di specificare il contenuto delle prove mal (o non) esaminate, indicando le ragioni del carattere decisivo del lamentato errore di valutazione: solo cosi è consentito alla corte di cassazione accertare – sulla base esclusivamente delle deduzioni esposte in ricorso e senza la necessità di indagini integrative – l’incidenza causale del difetto di motivazione ( in quanto omessa, insufficiente o contraddittoria) e la decisività delle prove erroneamente valutate perchè relative a circostanze tali da poter indurre ad una soluzione della controversia diversa da quella adottata: nella specie le censure mosse dal ricorrente sono carenti sotto l’indicato aspetto in quanto non riportano il contenuto specifico e completo della Delib. IACP n. 1743 del 1999 che non sarebbe stata correttamente interpretata dalla corte di appello.

Sotto altro aspetto le censure concernenti gli asseriti errori che sarebbero stati commessi dal giudice di secondo grado nel ricostruire i fatti di causa sono inammissibili risolvendosi nella tesi secondo cui l’impugnata sentenza sarebbe basata su affermazioni contrastanti con gli atti del processo e frutto di errore di percezione o di una svista materiale degli atti di causa. Trattasi all’evidenza della denuncia di travisamento dei fatti contro cui è esperibile il rimedio della revocazione. Secondo quanto più volte affermato da questa Corte, la denuncia di un travisamento di fatto, quando attiene al fatto che sarebbe stato affermato in contrasto con la prova acquisita, costituisce motivo di revocazione e non di ricorso per cassazione importando essa un accertamento di merito non consentito in sede di legittimità La seconda censura mossa dal V. con la parte finale del motivo di ricorso in esame – concernente l’asserito errore che la corte di appello avrebbe commesso nel non aggiungere alla somma riconosciuta a titolo di compenso per l’ascensore quanto spettante per revisione prezzi – è inanimissibile perchè relativa ad una questione che dalla lettura della sentenza impugnata non risulta – nè è stato dedotto in ricorso – che abbia formato oggetto del contraddittorio nel giudizio di secondo grado.

Al riguardo va evidenziato che il giudice di primo grado aveva accolto la domanda del V. relativa al compenso per la costruzione dell’ascensore liquidando a tale titolo la somma di L. 20 milioni. Non risulta che con l’atto di appello il V. abbia lamentato il mancato aumento – per la revisione prezzi – della somma liquidata per la costruzione dell’ascensore.

In proposito è appena il caso di richiamare il principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui ove il ricorrente in sede di legittimità proponga una questione non trattata nella sentenza impugnata, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere (nella specie non rispettato) non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito.

La tesi esposta dal ricorrente non è quindi deducibile in questa sede di legittimità perchè introduce per la prima volta un autonomo e diverso sistema difensivo che postula indagini e valutazioni non compiute dal giudice di secondo grado perchè non richieste.

Con il primo motivo del ricorso incidentale D.S.G. denuncia violazione degli artt. 107 e 270 c.p.c. e mancanza di motivazione deducendo che il giudice di primo grado, con l’ordinanza 9/1/2001, aveva ordinato alla parte attrice di integrare il contraddittorio “nei confronti delle persone fisiche che hanno ordinato le opere di cui si chiede il pagamento”, previa precisazione della domanda, sia in ordine ai soggetti debitori, sia in ordine al quantum vantato in via individuale e/o solidale. La parte attrice non ha adempiuto a nessuno dei detti adempimenti e tutte le parti hanno invocato le conseguenze previste per tale inadempimento, cioè la cancellazione della causa dal ruolo ex artt. 270 e 107 c.p.c. Ciò non è stato fatto e la relativa omissione ha formato oggetto di appello incidentale che il giudice del gravame ha rigettato senza fornire alcuna motivazione al riguardo. Con il secondo motivo la ricorrente incidentale denuncia violazione dell’art. 340 c.p.c. deducendo che la corte di appello ha omesso di pronunciarsi sul capo della domanda incidentale di essa D.S. – relativa alla incompetenza del giudice ordinario – motivando ciò con la mancata impugnazione della sentenza parziale con la quale era stata affermata la competenza del G.O. Ad avviso della ricorrente incidentale la corte di appello ha errato in quanto alla udienza del 2/5/2001 il difensore di essa D.S. aveva fatto espressa riserva di impugnare la sentenza parziale per cui l’appello incidentale era stato regolarmente proposto.

Con il terzo motivo la ricorrente incidentale denuncia omessa motivazione su un punto fondamentale della domanda deducendo che essa D.S. in primo ed in secondo grado aveva eccepito il “bis in idem” ed il giudicato costituito dalla sentenza n. 2257/1990 con la quale il tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva dichiarato la proprio incompetenza per essere la controversia demandata ad un Collegio Arbitrale. Su tale motivo di gravame la corte di appello nulla ha statuito.

La dette censure sono manifestamente o inammissibili o infondate. Con riferimento al primo motivo del ricorso incidentale è evidente che la censura ivi sviluppata è frutto di una non attenta lettura e di una non corretta interpretazione della sentenza impugnata con la quale la corte di appello – al contrario di quanto sostenuto dalla D.S. – ha espressamente esaminato il motivo di gravame con il quale la D.S. aveva eccepito l’estinzione del giudizio per non aver il V. ottemperato all’ordine di integrazione del contraddittorio. Tale eccezione è stata ritenuta infondata dalla corte di merito dando in proposito ampia e coerente motivazione affermando – come sopra riportato nella parte narrativa che precede – che il giudice di primo grado non aveva ordinato l’integrazione del contraddittorio ed aveva solo invitato l’attore a specificare la domanda e ad individuare i soggetti passivi “eventualmente” integrando il contraddittorio, per cui dalla inattività della parte non si era prodotta alcuna estinzione. E’ appena il caso di osservare poi che la detta corretta motivazione non ha formato oggetto di censura da parte della D.S..

Il secondo motivo è inammissibile in quanto dalla consentita lettura dell’atto di appello come articolato dalla D.S. non risultano essere stati formulati specifici motivi di gravame avverso la sentenza non definitiva essendo stata solo genericamente richiesta la pronuncia di incompetenza. Anche il terzo motivo del ricorso incidentale è manifestamente inammissibile sotto un duplice profilo.

Da un lato va rilevato che la questione della proponibilità della domanda giudiziale in presenza di una clausola arbitrale era stata affrontata e risolta dal giudice di primo grado con la sentenza non definitiva per cui in tale sede (e negli eventuali giudizi di gravame avverso la detta sentenza) si sarebbe dovuto affrontare la questione dell’esistenza di un giudicato esterno sul punto.

Da altro lato va segnalato che – come dedotto dalla stessa D.S. nella premessa in fatto del ricorso incidentale – la questione del giudicato sulla questione della competenza del collegio arbitrale era stata prospettata nel giudizio di primo grado e non risulta (nè è stato affermato nel ricorso in esame) che sia stata riproposta in secondo grado per cui su tale questione la corte di appello non era tenuta a pronunciarsi.

In conclusione il ricorso principale e quello incidentale devono essere rigettati.

La reciproca soccombenza giustifica la compensazione integrale tra le parti delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2011

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