Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17341 del 13/07/2017

Cassazione civile, sez. I, 13/07/2017, (ud. 07/04/2017, dep.13/07/2017),  n. 17341

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21829/2013 proposto da:

Centro Manzoni S.r.l., nonchè per quanto occorrente Commercio e

Finanza Leasing & Factoring S.p.a., in persona dei rispettivi

legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate in

Roma, Via Donatello n. 75, presso l’avvocato Barenghi Andrea, che le

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Fierro Mauro, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

Azienda Sanitaria Locale Napoli (OMISSIS) Centro, in persona del

Direttore Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma,

Via dei Pontefici n. 3, presso lo Studio Capece Minutolo Del Sasso,

rappresentata e difesa dall’avvocato Ceglio Fulvio, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2396/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 27/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/04/2017 dal cons. MARULLI MARCO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito, per le ricorrenti, l’Avvocato Barenghi Andrea che si riporta.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.1 I ricorrenti, ciascuno nella loro qualità, censurano con l’odierno ricorso fondato su tre motivi, la sentenza 2396/2012 con la quale la Corte d’Appello di Napoli, a definizione del gravame da essi proposto, ha confermato la decisione che in primo grado ne aveva respinto la domanda intesa a conseguire la condanna della convenuta ASL al pagamento degli interessi stabiliti dal D.Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, art. 5 sulle prestazioni riabilitative erogate in favore degli assistiti al SSN.

1.2. Il giudice d’appello, nel motivare il pronunciato rigetto, ricostruiti i rapporti tra le parti alla stregua del modello concessorio, in relazione al quale la parte pubblica conserva intensi poteri attuativi e di controllo anche nella fase attuativa del rapporto, capaci di riflettersi in termini negativi anche nella regolazione dei profili accessori, si è detto convinto che non sia perciò “applicabile la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 231 del 2002 per le transazioni commerciali governate invece da principi di piena autonomia contrattuale delle parti” e che i corrispettivi spettanti agli operatori accreditati “debbano essere più propriamente qualificati in termini di tariffe per l’espletamento del pubblico servizio piuttosto che in termini di prezzi di mercato”.

1.3. Al proposto ricorso, seguito pure da memoria ex art. 378 c.p.c., resiste con controricorso l’ente intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti si dolgono ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, della violazione e falsa applicazione in cui il giudice adito sarebbe incorso nel dare applicazione al D.Lgs. n. 31 del 2002, artt. 1, 2, 3, 4, e 5 con riferimento al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, artt. 8 quater, 8 quinquies ed 8 sexies e agli artt. 3, comma 12 e 30 comma 2 del Codice dei contratti pubblici, rivelandosi invero l’adottata interpretazione erronea rispetto al sintagma transazione commerciale usato dal D.Lgs. n. 231 del 2002, che è termine “generico”, utilizzato in senso “fattuale” dalla fonte comunitaria da cui promana; rispetto alla fonte del rapporto obbligatorio azionato nella specie individuato “nell’atto di accreditamento, anzichè nei contratti” stipulati per l’erogazione delle prestazioni; rispetto alla ratio del D.Lgs. n. 231 del 2002 intesa a scoraggiare il “trasferimento” delle conseguenze economiche negative dell’adempimento tardivo dalla sfera del debitore a quella del creditore; rispetto, infine, al regime giuridico dei contratti della P.A. che non può essere considerata “in qualche modo privilegiato” al confronto con quello applicabile ai privati.

1.2. Il motivo è fondato e la sua fondatezza, comportando l’accoglimento del ricorso e la cassazione dell’impugnata decisione, determina l’assorbimento degli altri motivi.

1.3. Benchè la specie in discussione si sottrae ratione temporis alle modifiche introdotte nel D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 4 del D.Lgs. 9 novembre 2012, n. 192, art. 1, comma 1, lett. d), che, dando attuazione all’art. 4, comma 4, lett. b), Dir UE 7/2011 e prevedendo ora al comma 5, lett. b) che “i termini di cui al comma 2 sono raddoppiati: b) per gli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria e che siano stati debitamente riconosciuti a tale fine”, ha posto fine alla vexata quaestio dell’applicabilità ai pagamenti dovuti dagli enti pubblici delle disposizione relative alla lotta contro i ritardi dei pagamenti recate dal citato D.Lgs. n. 231 del 2002 – e ciò perchè dette modifiche sono destinate a divenire vincolanti D.Lgs. n. 192 del 2012, ex art. 3, comma 1, a decorrere dal 1.1.2013 – non dubita la Corte che anche in pregresso tempo, nella vigenza, cioè, del D.Lgs. n. 231 del 2002 prima delle ricordate modifiche, la questione dovesse – e debba perciò – essere risolta nei medesimi termini.

Giova al riguardo richiamare il recente precedente di questa Corte (Cass., Sez. 3, 11/10/2016, n. 20391), che, pur disconoscendone l’applicabilità nel caso di specie, circa il raggio di azione delle disposizione in parola, esaminando funditus la questione, ha in linea generale espresso il condivisibile convincimento che anche le prestazioni in favore di un ente pubblico – e segnatamente, come nel caso odierno ed in quello affrontato dal citato precedente, le prestazioni in campo sanitario – costituiscano transazioni commerciali ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2002, alla cui natura di comuni accordi contrattuali non crea ostacolo la circostanza che alla loro stipulazione si addivenga, nel comparto in esame, secondo l’iter delineato dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, all’esito di una sequenza operativa, le fasi iniziali della quale sono scandite, attraverso l’adozione dei provvedimento di autorizzazione e di accreditamento, da un’evidente manifestazione della potestà di imperio attribuita alla P.A.

Esattamente dipinge questo iter il citato precedente, sottolineando che a seguito dell’adozione del provvedimento di accreditamento provvedimento amministrativo che abilita la struttura, previamente autorizzata all’esercizio dell’attività sanitaria, ad inserirsi nel servizio sanitario pubblico e che è pertanto riconducibile al genus della concessione – l’attività della pubblica amministrazione – nella prima fase che conduce all’accreditamento connotata dalla supremazia dell’ente pubblico e dalla spendita di poteri pubblicistici intesi a determinare i livelli prestazionali imposti all’accreditato “non si arresta a livello provvedimentale, ma percorre una sequenza gestionale in cui l’esercizio dello ius imperii passa a un accessorio esercizio del suo ius privatorum, stipulando un apposito negozio con il soggetto che ha conferito la concessione per interferire, seppur su un piano tendenzialmente paritario, nella gestione della concessione stessa”. Quello che così prende forma, perciò, “si qualifica ed assume la forma di un contratto nel quale (…) quelle che sono così diventate le parti di un negozio bilaterale determinano il contenuto degli obblighi che l’accreditato assume a favore degli utenti (…), nonchè il conseguente corrispettivo che l’ente pubblico a sua volta si obbliga a pagargli”. Ricostruita in questi termini, come pure il precedente citato chiosa in conclusione, la vicenda negoziale si iscrive perciò senza riserve nell’arco di efficacia del D.Lgs. n. 231 del 2002 e, dunque, comporta nel caso in cui il ritardo nei pagamenti divenga intollerabile, l’adozione delle severe disposizioni in tema di interessi moratori da esso previste.

1.4. Erra, dunque, il giudice gravato il cui ragionamento non tiene conto della sequenza operativa delineata dal D.Lgs. n. 504 del 1992 e della natura, inconfutabilmente negoziale, degli accordi che l’ASL stringe con singoli operatori accreditati ai fini dell’erogazione di prestazioni in campo sanitario.

2. La sentenza va perciò cassata e la causa va rimessa al giudice a quo per il necessario seguito a mente dell’art. 383 c.p.c., comma 1.

PQM

 

Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti, cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Napoli che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 4 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2017

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