Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1734 del 23/01/2019

Cassazione civile sez. VI, 23/01/2019, (ud. 07/11/2018, dep. 23/01/2019), n.1734

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21387-2017 proposto da:

SIDEM COMMERCIALE SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore e

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA D. FONTANA, 12, presso lo studio dell’avvocato AMORUSO

GENNARO MARIA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MOSCARINO DANIELA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 603/1/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 15/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/11/2018 dal Consigliere Relatore Dott. GORI

PIERPAOLO.

Fatto

RILEVATO

Che:

– Con sentenza n. 603/1/17 depositata in data 15 febbraio 2017 la Commissione tributaria regionale del Lazio (in seguito, la CTR) respingeva l’appello proposto dalla SIDEM Commerciale srl (in seguito, la contribuente) in liquidazione avverso la sentenza n. 3330/19/16 della Commissione tributaria provinciale di Roma (in seguito, la CTP) che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento per II.DD. ed IVA 2007;

– La CTR osservava in particolare che la mancata presentazione della dichiarazione annuale non solo legittimava l’avviso di accertamento secondo la metodologia induttiva “pura” D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 41, ma al contempo rendeva del tutto irrilevante la mancata allegazione all’atto impositivo del PVC redatto nei confronti di società terza (Antares Industriale Group spa) e quindi infondata la relativa eccezione di invalidità dell’atto impositivo stesso, appunto basandosi esso sulle presunzioni “supersemplici” consentite dalla tipologia di accertamento utilizzato;

– Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione tre motivi;

– L’ Agenzia delle entrate si è costituita tardivamente al solo fine di partecipare al contraddittorio orale.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– Deve per primo essere esaminato il secondo motivo del ricorso, stante la sua pregiudizialità logico-giuridica. Con tale mezzo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata per vizio motivazionale assoluto (motivazione apparente);

– La censura è infondata. Va ribadito che “La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture” (Cass. Sez. Un., 3 novembre 2016 n. 22232);

– La motivazione della sentenza impugnata non corrisponde affatto ai paradigmi negativi individuati nel principio di diritto di cui a tale arresto giurisprudenziale, contenendo piuttosto una puntuale valutazione di merito sul motivo del gravame della società contribuente, riproponente l’eccezione di invalidità dell’atto impositivo impugnato per mancata allegazione del PVC redatto nei confronti di società terza.

Tale motivazione deve dunque considerarsi satisfattiva dello standard del “minimo costituzionale” (cfr. Cass. Sez. Un. n. 8053/2014);

– Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente si duole della violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, della L. n. 241 del 1990, art. 3, della L. n. 212 del 2000, art. 7, poichè la CTR ha respinto l’eccezione, proposta fin dal ricorso introduttivo della lite, di invalidità dell’avviso di accertamento impugnato per mancata allegazione del PVC redatto nei confronti della Antares Industriale Group spa;

– La censura è inammissibile. Va ribadito che “La proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al “decisum” della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., n. 4, con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio” (Cass. 7 settembre 2017 n. 20910);

– E’ evidente che al mezzo de quo è applicabile in senso sfavorevole il principio di diritto di cui a tale arresto giurisprudenziale. Il giudice tributario di appello infatti ha espressamente denegato che la mancata allegazione del PVC in questione abbia la minima incidenza sull’atto impositivo impugnato, trattandosi di un accertamento induttivo “puro” legittimato dalla mancata presentazione della dichiarazione tributaria di periodo;

– Il ricorrente non critica tale, effettiva e sostanziale ratio decidendi, bensì, astraendone, sviluppa la censura in esame sulla questione dell’effetto invalidante della carenza documentale eccepita, sicchè non riguardando appunto la prima va considerato inammissibile;

– Con il terzo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la ricorso lamenta la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., desumendone la critica della valutazione del contesto probatorio effettuata dalla CTR laziale;

– La censura è inammissibile. Va ribadito che: “In tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorchè si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione” (Cass. 27 dicembre 2016 n. 27000);

– “In tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012” (Cass. 12 ottobre 2017 n. 23940);

– Lo sviluppo della censura collide radicalmente con i limiti del sindacato di questa Corte quali enucleabili dai principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali, mirando appunto ad una “revisione” del giudizio meritale, sotto il profilo della valutazione probatoria, che in base a detti arresti giurisprudenziali non è giuridicamente possibile;

– In conclusione, il ricorso va rigettato e nessuna statuizione va adottata in punto di spese di lite, essendo l’Agenzia costituita solo ai fini della discussione orale.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

La Corte dà atto che, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (legge di stabilità 2013), per effetto del presente provvedimento sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis, testo unico spese di giustizia.

Così deciso in Roma, il 7 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2019

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