Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17336 del 17/08/2011

Cassazione civile sez. II, 17/08/2011, (ud. 17/05/2011, dep. 17/08/2011), n.17336

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12690/2005 proposto da:

COND (OMISSIS) NELLA PERSONA DEL SUO AMMINISTRATORE E

LEGALE RAFPRESENTANTE PRO TEMPORE GEOM. B.C. P.I.

(OMISSIS), C.G., A.L., B.

M., P.R., BR.AL., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato

ROMANELLI Guido Francesco, che li rappresenta e difende unitamente

agli avvocati VALENTI ANTONELLA, SOLARO LUIGI, PIOZZO DI ROSIGNANO

CESARE;

– ricorrenti –

contro

PR.CA. C.F. (OMISSIS), P.M. C.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PIERLUIGI

DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato CONTALDI Mario, che

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato SERENO ARGENTA

ENRICO;

– controricorrenti –

e contro

L.V.D., CO.AN., D.E.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1757/2004 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 03/11/2004;

udita la relazione cella causa svolta nella pubblica udienza del

17/05/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;

udito l’Avvocato Ludovica Franzin con delega depositata in udienza

dell’Avv. Romanelli Guido Francesco difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento delle difese Depositate, ed insiste;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 6-12-1997 presso la Pretura di Asti ai sensi dell’art. 688 c.p.c. e art. 1171 c.c. il Condominio (OMISSIS), A.L., Br.Al., C.G., P. R. e B.M., proprietari di unità immobiliari site nel suddetto edificio condominiale, premesso che il piano terreno pilotis del fabbricato condominiale, di proprietà di D.E., P.M., Pr.Ca. ed Co.An., era circondato da un marciapiede e da un sedime condominiale suddiviso con delibera del 18-6-1990 in otto posti auto assegnati agli otto condomini, esponevano che il Comune di Asti in data 21-4-1997 aveva autorizzato la costruzione di autorimesse al predetto piano pilotis, e che tale costruzione, iniziata il 3-12-1997 con l’occupazione anche di suolo condominiale da parte dell’impresa individuale L.V. D., impediva, con gli accessi carrai alle autorimesse, il pieno utilizzo del parcheggio condominiale, era lesiva del decoro architettonico dello stabile, era pericolosa per la stabilità della soletta del piano pilotis, occupava in parte verso l’esterno il sedime di proprietà del condominio, comprendeva al suo interno i pilastri portanti condominiali, tra cui quello contenente le tubazioni di scarico del condominio con la conseguenza, in caso di guasto, della necessità di entrare in uno dei garage privati da costruire, inglobava le luci che rischiaravano il piano pilotis ed impediva in parte l’accesso al piano condominiale.

I ricorrenti quindi, prospettando la ricorrenza degli estremi della pericolosità della nuova opera, dello spoglio clandestino e violento e della turbativa del possesso sulle aree condominiali, domandavano in via cautelare nei confronti dell’impresa costruttrice e dei sopra menzionati proprietari del piano pilotis l’ordine di sospensione dei lavori e di reintegra nel possesso, prefigurando nel merito la formulazione delle domande volte ad ottenere la declaratoria di illegittimità dell’opera e la condanna delle controparti alla riduzione in pristino ed al risarcimento dei danni.

Si costituivano in giudizio il D., il P., la Pr. e la Co. assumendo l’infondatezza delle pretese di controparte sia per essere le stesse contrastanti con il regolamento di condominio-che riconosceva ai proprietari del piano pilotis la più assoluta discrezionalità in ordine alla sua utilizzazione e la più ampia facoltà di costruzione, onde censuravano di illegittimità la suddetta delibera condominiale che aveva stabilito l’istituzione dei posti auto esterni – sia negando che la soletta dello stesso fosse inadatta alla nuova utilizzazione.

Il Pretore adito all’esito della espletata CTU con ordinanza del 13/5/1998 disponeva la riduzione in pristino dell’opera e, comunque, la rimozione dei manufatti contestati.

Successivamente il Tribunale di Asti con provvedimento del 17-11-1988 rigettava il reclamo proposto dal D. e dal P. avverso la suddetta ordinanza.

fato In seguito, dopo che i ricorrenti all’udienza del 15-1-2001 avevano atto che l’opera era stata volontariamente demolita dai resistenti, il Tribunale (subentrato nelle more al Pretore) con sentenza del 9-10-2001 confermava il provvedimento interinale emesso dal Pretore il 13-5-1998.

Proposto gravame da parte di P.M. e della Pr. cui resistevano il Condominio (OMISSIS), la A., il Br., il B. la C. e P.R., mentre gli altri intimati restavano contumaci la Corte di Appello di Torino con sentenza del 3/11/2004, in accoglimento dell’appello, ha respinto le domande proposte dagli appellati con il ricorso depositato presso la Pretura di Asti il 6-12-1997 ed ha revocato l’ordinanza del Pretore di Asti de 13-5-1988 nei confronti di P.M. e della Pr..

Per la cassazione di tale sentenza il Condominio (OMISSIS), la A., il B., il Br., il C. e P.R. hanno proposto un ricorso articolato in tre motivi cui P. M. e la Pr. hanno resistito con controricorso; il D., la Co. ed il L.V. non hanno svolto attività difensiva in questa sede; i ricorrenti hanno successivamente depositato una memoria.

Questa Corte con ordinanza del 9-12-2010 ha concesso il termine di giorni 90 al Condominio (OMISSIS) per il deposito della delibera assembleare di autorizzazione dell’amministratore a proporre il ricorso per cassazione.

Il ricorrente Condominio (OMISSIS) ha ottemperato ritualmente a tale ordinanza con il deposito in data 2-3-2011 della suddetta delibera.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti, denunciando violazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1369 e 1371 c.c., censurano la sentenza impugnata per aver erroneamente interpretato l’art. 21 del regolamento condominiale e per aver quindi affermato il diritto dei proprietari del piano pilotis di destinare la loro proprietà esclusiva a qualunque uso privato, incluso quello a garage, ed il loro diritto, accessorio al primo, di accedervi con automezzi a detrimento dell’uso da parte di tutti i condomini della parte comune antistante.

Essi anzitutto osservano che, in conformità con il criterio ermeneutico che richiama la comune intenzione delle parti (art. 1362 c.c.), nella specie si sarebbe dovuto fare riferimento alla volontà dei redattori del regolamento ed alle finalità originarie delle relative clausole; sarebbe stato quindi rilevante considerare che, quando era stato predisposto il regolamento, la situazione in fatto era diversa da quella attuale, posto che allora, e fino al 1990, nella parte comune antistante l’edificio esisteva un’area verde destinata ad aiuola che si conciliava perfettamente con il riconoscimento in proprietà esclusiva del piano pilotis; pertanto i redattori del regolamento, nel concedere a taluni condomini i diritti esclusivi sul piano pilotis, non avevano prefigurato un uso dello stesso che avrebbe comportato una definitiva alterazione della destinazione dell’area verde antistante e l’impossibilità da parte dei condomini di farne uso come in precedenza.

I ricorrenti poi rilevano che l’interpretazione censurata dell’art. 21 del regolamento si poneva in contrasto con il testo letterale della suddetta disposizione, nel senso di non aver considerato il reale significato delle espressioni esemplificative delle opere che i proprietari del piano pilotis avrebbero potuto compiere sulla loro proprietà, non riconducibili ad un uso ad autorimessa ma piuttosto a locali espositivi o negozi, cosicchè la volontà dei redattori del regolamento era diretta ad una destinazione di esso del tutto conciliabile con la destinazione delle parti comuni antistanti e con il decoro dell’edificio.

Sotto ulteriore profilo i ricorrenti poi rilevano l’erronea interpretazione della disposizione regolamentare secondo la quale il piano pilotis avrebbe potuto essere “o giudizio insindacabile del o dei proprietari adibito ad usi privati”, posto che l’espressione “insindacabile”non era riferita all’uso (nel senso che i proprietari del piano pilotis avrebbero potuto fare della loro proprietà qualsiasi cosa), ma era rafforzativa del concetto che i suddetti proprietari, ove avessero deciso di adibire il piano pilotis ad uso privato, non avrebbero avuto necessità di richiedere una ulteriore autorizzazione; diversamente opinando si legittimerebbe una definitiva alterazione dell’area verde antistante il piano pilotis e l’impossibilità da parte dei condomini di farne uso come in precedenza.

I ricorrenti inoltre sostengono che l’interpretazione dell’art. 21 del regolamento suddetto da parte del giudice di appello si poneva in contrasto con la regola ermeneutica secondo la quale il significato della singola clausola si deve armonizzare con l’insieme delle altre clausole; nella specie infatti il diritto riconosciuto ai proprietari del piano pilotis si poneva in contrasto con gli artt. 3-5 e 20 dello stesso regolamento, che prevedevano rispettivamente il divieto in capo a ciascun proprietario esclusivo di porre in essere attività incompatibili con le norme igieniche, con la tranquillità degli altri condomini, con il decoro dell’edificio e con la sicurezza, il potere dell’amministratore di disciplinare l’uso delle parti comuni al fine di assicurare il migliore godimento a tutti i condomini, nonchè il riferimento alle norme del codice civile per quanto non disciplinato dal regolamento.

I ricorrenti aggiungono che, seppure i sopra enunciati criteri interpretativi fossero stati ritenuti insufficienti a ricostruire la volontà delle parti, nondimeno una interpretazione oggettiva della clausola in esame alla luce dell’art. 1369 c.c. (secondo il quale la espressioni polivalenti debbono essere orientate nel senso più conveniente alla natura ed all’oggetto del negozio giuridico) avrebbe dovuto condurre alla conclusione che, fermo il diritto delle controparti di destinare il piano pilotis ad uso privato, dovendo tale diritto essere esercitato nel rispetto degli interessi inviolabili degli altri condomini, doveva escludersi la possibilità dei proprietari del piano pilotis di transitare con i loro mezzi sull’area comune antistante il garage.

I ricorrenti rilevano che alle stesse conclusioni si sarebbe giunti applicando i criteri ermeneutici sussidiari degli artt. 1366 e 1371 c.c.; in base alla prima di tali disposizioni la clausola regolamentare per cui è causa avrebbe dovuto essere interpretata alla luce delle circostanze concrete, tenendo presente quindi che all’epoca di redazione del regolamento (anno 1972) il problema del parcheggio delle autovetture non era particolarmente sentito, cosicchè si doveva escludere che la clausola stessa fosse stata introdotta per legittimare una simile destinazione d’uso; inoltre la costruzione dell’autorimessa avrebbe comportato un diritto di passaggio sull’area antistante il fabbricato che, ove effettivamente stabilito, avrebbe dovuto essere accompagnato dalla imposizione di un onere a carico del Condominio, in realtà non previsto.

I ricorrenti poi sostengono che il diritto riconosciuto alle controparti affliggeva con il divieto di eseguire nelle proprietà esclusive dei condomini opere o attività che rechino danni alle parti comuni dell’edificio.

Infine i ricorrenti assumono che le automobili dei proprietari del piano pilotis, per entrare ed uscire dal garage, sarebbero transitate su di un marciapiede condominiale che avrebbe dovuto essere modificato al fine di consentire il superamento del dislivello di circa 20 cm. rappresentato da due scalini, con il conseguente mutamento di destinazione di un bene condominiale e con relativa lesione del diritto dei condomini al suo utilizzo in violazione dell’art. 1102 c.c..

Con il secondo motivo i ricorrenti, deducendo violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., assumono che la Corte territoriale, avendo imposto un peso a carico delle parti condominiali a vantaggio del piano pilotis (ovvero un diritto di transito con automezzi su parti comuni per accedere al suddetto piano pilotis) avente caratteristiche di realità, ha costituito una servitù di passaggio carraio sul sedime condominiale antistante il Condominio che le controparti non avevano mai richiesto in giudizio.

Con il terzo motivo i ricorrenti, deducendo omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, assumono che il giudice di appello ha riconosciuto alle controparti, unitamente al diritto dei titolari del piano pilotis di destinare la loro proprietà esclusiva a garage, anche un diritto accessorio di passaggio mediante automezzi sulla parte comune antistante il condominio, e quindi una servitù di passaggio su di essa, senza consentire l’individuazione del procedimento logico posto a base della relativa statuizione.

Le enunciate censure, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono infondate.

La sentenza impugnata ha affermato che il diritto di proprietà e di libero godimento della porzione del piano pilotis di pertinenza degli appellanti era loro riconosciuto dal regolamento condominiale contrattuale (e dal conforme atto di acquisto) in tutta la sua ampiezza, con ogni diritto e facoltà connessi, tra i quali specificatamente il diritto di destinare la porzione immobiliare ad usi privati, “a giudizio insindacabile del o dei proprietari”, ed il diritto di eseguire tutti i lavori ed opere necessari per la trasformazione del piano pilotis, tra cui in particolare l’edificazione dei muri di delimitazione tra la proprietà esclusiva e quella condominiale; ha quindi ritenuto che tra tali destinazioni era certamente inclusa quella a garage in quanto non esclusa dal regolamento condominiale, in cui il divieto di parcheggio e di occupazione con autovetture era riferito solo agli spazi comuni, e non a quelli di proprietà esclusiva, e che connesso al diritto di proprietà ed alla specifica destinazione a garage, in quanto necessario per l’utilizzazione ed il godimento dell’immobile, era il diritto di accedervi, anche con automezzi; pertanto dal riconoscimento di tale ultimo diritto il giudice di appello ha rilevato la nullità della delibera assembleare del 18-6-1990, che aveva stabilito la destinazione a parcheggio della zona antistante il piano pilotis di proprietà degli appellanti, considerato che l’assegnazione dei posti macchina così creati in uso esclusivo di ciascun condomino e la stabile presenza di automezzi parcheggiati in detta zona rendeva impossibile l’accesso carraio al piano pilotis che gli appellanti medesimi avevano il diritto di praticare unitamente al diritto di transitare sul sedime condominiale interposto tra la zona parcheggio e la loro proprietà a norma dell’art. 1102 c.c..

La Corte territoriale, inoltre, nel dissentire dal convincimento del giudice di primo grado, secondo cui la suddetta delibera che aveva attribuito ai condomini il diritto di parcheggio nella zona antistante il piano pilotis, essendo precedente alla destinazione di tale piano a garage, non aveva determinato alcuna lesione dei diritti individuali lamentati dagli appellanti, ha rilevato che, ritenuto secondo quanto già esposto il diritto di questi ultimi di destinare la loro proprietà a qualunque uso legittimo, a loro insindacabile giudizio, la destinazione a garage era potenzialmente compresa in tale diritto, ed il relativo diritto era già esistente al momento della contestata delibera; in ogni caso il diritto di accesso anche carraio al piano pilotis sussisteva a prescindere dalla destinazione a garage e dalla relativa trasformazione del piano pilotis, cosicchè la sua lesione o compressione, derivante dalla destinazione a parcheggio dell’area condominiale, ricorreva anche avuto riguardo allo stato di fatto e di diritto esistente all’epoca della delibera.

Orbene si deve osservare che il convincimento espresso dal giudice di appello è frutto dell’interpretazione del regolamento condominiale sopra richiamato ed in particolare della disposizione che prevedeva espressamente il diritto di proprietà e di libero godimento del piano pilotis in favore di alcuni condomini e quello connesso di destinare tale porzione dello stabile condominiale a qualsiasi uso privato (e di eseguirvi tutti i lavori necessari per la sua trasformazione), ovviamente in quanto non escluso dal regolamento condominiale, che in proposito non conteneva divieti di alcun genere;

in tale contesto quindi la realizzazione nel piano pilotis di un garage non costituiva altro che una estrinsecazione del diritto di proprietà attribuito “ab origine” ad alcuni condomini su di esso;

correttamente poi la Corte territoriale ha affermato che il diritto di accesso anche carraio al piano pilotis da parte degli appellanti ed il diritto di transitare sull’area comune interposta tra la zona destinata a parcheggio in base alla delibera del 18-6-1990 e la loro proprietà discendeva dall’art. 1102 c.c., e quindi dall’uso della cosa comune previsto da tale disposizione con i soli limiti del divieto di alterare la sua destinazione e di quello di impedire agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

E’ pure evidente che, avendo il giudice di appello interpretato la suddetta disposizione regolamentare alla luce del criterio letterale ed avendo ritenuto che l’indagine così condotta aveva esaurientemente chiarito la effettiva portata dell’art. 21 del regolamento, ha implicitamente e correttamente ritenuto superfluo ricorrere all’adozione di altri canoni ermeneutici, essendo noto che le norme strettamente interpretative, dettate dagli artt. 1362 e 1365 c.c., precedono quelle interpretative integrative, previste dagli artt. 1366 e 1371 c.c., e ne escludono la concreta operatività quando la loro applicazione renda palese la comune volontà dei contraenti (Cass. 13-12-2006 n. 26690).

Sulla base di tali considerazioni la censura sollevata dai ricorrenti in ordine all’interpretazione del regolamento condominiale resa dalla sentenza impugnata si rivela infondata.

Premessi i limiti entro i quali è sindacabile in sede di legittimità l’interpretazione di un regolamento condominiale (ovvero violazione dei canoni di ermeneutica oppure vizi logici per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della motivazione), e preso atto che i ricorrenti non hanno dedotto vizi di motivazione, occorre rilevare che la diversa interpretazione dell’art. 21 del regolamento di condominio da essi proposta senza dedurre le concrete modalità con le quali la Corte territoriale si sarebbe discostata dal canone ermeneutico di cui all’art. 1362 c.c. è inammissibile, considerati i poteri in proposito devoluti al giudice di merito, ed atteso che, per ritenere sottratta al sindacato di legittimità una determinata interpretazione di una clausola contrattuale (o di un regolamento condominiale, come nella specie) da parte del suddetto giudice, è sufficiente che l’interpretazione predetta sia una delle possibili e plausibili, con la conseguenza in tal caso che non è consentito in questa sede dolersi del fatto che sia stata privilegiata una certa interpretazione invece di quella propugnata dai ricorrenti.

Occorre poi aggiungere che non è ravvisabile la dedotta violazione dell’art. 1363 c.c., per l’asserita mancata armonizzazione dell’interpretazione dell’art. 21 del regolamento condominiale con gli artt. 3-5 e 20 dello stesso regolamento, che prevedevano rispettivamente il divieto in capo a ciascun proprietario esclusivo di porre in essere attività incompatibili con le norme igieniche, con la tranquillità degli altri condomini, con il decoro dell’edificio e con la sicurezza, il potere dell’amministratore di disciplinare l’uso delle parti comuni al fine di assicurare il migliore godimento a tutti i condomini, nonchè il riferimento alle norme del codice civile per quanto non disciplinato dal regolamento;

invero i ricorrenti si sono limitati ad enunciare una lesione dei suddetti diritti degli altri condomini – derivante dal riconoscimento del diritto di proprietà sul piano pilotis in favore degli appellanti secondo l’interpretazione dell’articolo predetto del regolamento condominiale espressa dal giudice di appello – senza dedurre alcun elemento di riscontro in proposito, e comunque senza censurare, quanto all’asserito pregiudizio del decoro architettonico dell’edificio condominiale, la statuizione della sentenza impugnata che ha rigettato la domanda in proposito formulata dagli appellati.

E’ poi appena il caso di richiamare, riguardo alla denunciata violazione delle regole di ermeneutica di cui agli artt. 1366, 1369 e 1371 c.c., quanto già esposto in precedenza in ordine alla non operatività di tali canoni allorchè, come nella specie, il giudice di merito ha ritenuto esaustivo, ai fini dell’interpretazione di una determinata disposizione regolamentare, il ricorso al criterio letterale delle espressioni in essa contenute.

Con riferimento inoltre alla asserita necessaria modifica di un marciapiede condominiale per consentire alla automobili dei proprietari dei piano pilotis di entrare ed uscire dal garage, si rileva che, poichè la questione prospettata, che implica un accertamento di fatto, non risulta trattata dalla sentenza impugnata, i ricorrenti, al fine di evitare una sanzione di inammissibilità per novità della censura, avevano l’onere – in realtà non assolto – non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di appello, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo avessero fatto, per dar modo a questa Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.

Infine dalle considerazioni svolte discende altresì l’infondatezza del secondo e del terzo motivo di ricorso, posto che, come già esposto, la Corte territoriale ha ricondotto il diritto di accesso anche carraio degli appellanti al piano pifotis al diritto di proprietà, ed il diritto di transitare sul sedi me condominiale interposto tra la zona parcheggio e la loro proprietà all’art. 1102 c.c., e non quindi ad una ipotetica servitù di passaggio.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 3500,00 per onorari di avvocato.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2011

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