Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17334 del 17/06/2021

Cassazione civile sez. un., 17/06/2021, (ud. 08/06/2021, dep. 17/06/2021), n.17334

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CASSANO Margherita – Primo Presidente f.f. –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente di Sez. –

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sez. –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2390-2021 proposto da:

P.X., elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa da sè medesima;

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO DISTRETTUALE DI DISCIPLINA DI MILANO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 190/2020 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE,

depositata il 15/10/2020;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/06/2021 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE;

lette le conclusioni scritte dell’Avvocato Generale Dott. SALZANO

Francesco, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte di

Cassazione vogliano dichiarare il ricorso inammissibile.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Il consiglio distrettuale di disciplina di Milano in data 3 aprile 2017 ha applicato all’avv. P.X. la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per mesi otto.

I capi di imputazione concernono le violazioni previste: a) dall’art. 4, n. 2, art. 21, n. 1 e art. 22 del codice deontologico, per avere posto in essere un comportamento non colposo in violazione della legge penale (artt. 594 e 612-bis c.p.), inviando una serie di emails offensive, in numero di ventinove, al presidente del collegio penale, avanti al quale essa era imputata per riciclaggio, nei mesi di (OMISSIS); b) dagli art. 9, n. 2, art. 52 n. 1, art. 63, n. 1 del codice deontologico, per non avere in tal modo osservato, al di fuori dell’attività professionale, i doveri di probità, dignità e decoro nella salvaguardia della propria reputazione e dell’immagine della professione forense; c) dall’art. 4, n. 2, art. 21, n. 1 e art. 22 del codice deontologico, per avere posto in essere un comportamento non colposo in violazione della legge penale (art. 594 c.p.), rivolgendo espressioni ingiuriose al p.m. del procedimento penale, in cui essa era imputata per riciclaggio, nonchè nei confronti dell’appuntato dei carabinieri M.M., il (OMISSIS); d) dall’art. 4, n. 2, art. 21, n. 1 e art. 22 del codice deontologico, per avere posto in essere un comportamento non colposo in violazione della legge penale (art. 594 c.p.), inviando una serie di emails offensive al p.m. del procedimento penale, in cui essa era imputata per riciclaggio, nonchè nei confronti dell’appuntato dei carabinieri M.M., il (OMISSIS); e) dall’art. 9, n. 2, art. 52, n. 1, art. 63, n. 1 del codice deontologico, per non avere in tal modo osservato, al di fuori dell’attività professionale, i doveri di probità, dignità e decoro nella salvaguardia della propria reputazione e dell’immagine della professione forense.

2. – Il ricorso dalla predetta proposto innanzi al Consiglio nazionale forense è stato respinto con sentenza del 15 ottobre 2020. Il C.N.F. ha affermato, per quanto ora rileva, che:

a) è regolarmente avvenuta, nel domicilio della ricorrente, la notificazione del decreto di citazione a giudizio;

b) è infondata la censura relativa alla mancata celebrazione della pubblica udienza nel procedimento disciplinare, essendo la diversa scelta legislativa un favor per la categoria forense;

c) è infondata la censura di carenza dei requisiti di imparzialità, indipendenza e autonomia del consiglio distrettuale di disciplina, ove la procedura ha natura amministrativa;

d) è infondata la censura di mancanza di rilievo dei comportamenti predetti in quanto estranei all’attività professionale, dovendo l’avvocato in ogni situazione comportarsi con la dignità e il decoro della funzione;

e) non è invocabile l’esimente della provocazione, allegata dalla ricorrente per il fatto di non essere stata messa in condizione di difendersi nel processo penale, posto che la dignità ed il decoro della funzione comportano che la rilevanza deontologica delle frasi sconvenienti ed offensive pronunciate non sia esclusa dalla provocazione altrui, dalla reciprocità delle offese e dal consequenziale stato di ira ed agitazione;

f) ai sensi dei criteri degli artt. 22, 52 e 53 del codice deontologico è proporzionata la sanzione comminata, attesa la gravità del contenuto dei messaggi telematici inviati, della loro offensività, del loro numero in un breve arco temporale, i quali palesano la pervicace volontà della ricorrente di commettere tali condotte, integranti anche illecito penale.

3. – Avverso questa sentenza è proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi; con il ricorso la ricorrente ha, altresì, chiesto la sospensione della esecutorietà della sentenza impugnata.

La trattazione del ricorso è stata fissata per la pubblica udienza dell’8 giugno 2021 ed è avvenuta in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, inserito dalla L. di Conversione 18 dicembre 2020, n. 176, e D.L. n. 44 del 2021, art. 6, senza l’intervento del Procuratore generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati avanzato richiesta di discussione.

Il Procuratore generale ha presentato requisitoria per iscritto, chiedendo che il ricorso venga respinto.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I motivi di ricorso vanno come di seguito riassunti:

1) difetto di giurisdizione o incompetenza assoluta del Consiglio nazionale forense, che non è un giudice indipendente ed imparziale, come invece deve essere garantito ai sensi dell’art. 6 Cedu, in quanto composto da avvocati e non da giudici, nè indipendente dall’esecutivo, perchè si trova presso il Ministero della giustizia, non rilevando che le funzioni di p.m. siano svolte da magistrato delegato dal procuratore generale presso la Corte di cassazione; inoltre, il C.N.F. non ha compiuto un’istruttoria, ascoltato la ricorrente o un teste a discarico, ed ha erroneamente affermato che il consiglio distrettuale di disciplina è organo amministrativo e non giurisdizionale;

2) violazione dell’art. 6 Cedu, in quanto la ricorrente non è stata sentita personalmente ed oralmente, non essendo stata tenuta la pubblica udienza o il dibattimento sin dal consiglio distrettuale, mentre almeno innanzi al consiglio nazionale il diritto alla pubblica udienza è garantito dalla norma predetta, onde la ricorrente non ha potuto esercitare i suoi diritti di difesa ed il C.N.F. ha agito in carenza assoluta di potere ed ha emesso una sentenza nulla.

2. – Nell’istanza di sospensione, la ricorrente allega danni irreparabili, a seguito dell’iscrizione della sospensione sul sito online del consiglio dell’ordine, avvenuta alla fine di novembre 2020.

3. – La L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 36, commi 4-6, Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense, dispone che le decisioni del C.N.F. siano notificate all’interessato, il quale può proporre ricorso alle Sezioni unite della Corte di cassazione entro trenta giorni dalla notificazione per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge.

Nella specie, risulta dalla Pec allegata allo stesso ricorso la notificazione alla ricorrente della sentenza impugnata in data 21 ottobre 2020. Ne deriva che il presente ricorso, depositato il 27 gennaio 2021, è tardivo.

La ricorrente assume, nel proprio ricorso, che la sentenza impugnata, pubblicata il 21 ottobre 2020, sia giunta a conoscenza della medesima solo il 15 dicembre 2020, e che non rilevi, in ogni caso, la decadenza dal termine per impugnare, in quanto essa intende contestare la “inesistenza per nullità assoluta”, che “è rilevabile in ogni stato e grado di procedimento, da ogni autorità” e che “deve essere rilevata d’ufficio financo successivamente alla formazione del giudicato”: onde “la ricorrente chiede a questo Alto Collegio di volerla constatare in guisa di un’Autorità giudiziaria di prima istanza”.

La tesi della ricorrente, secondo cui l’impugnazione per nullità esulerebbe dalla decadenza del termine per impugnare, non ha pregio.

3.1. – Va ricordato come, già in astratto, la tesi della inesistenza o nullità della pronuncia impugnata per il preteso difetto di imparzialità del consiglio distrettuale di disciplina e del C.N.F. sia manifestamente infondata in diritto.

Quanto ai C.D.D., questa Corte ha già chiarito che essi esercitano funzioni amministrative e non giurisdizionali, anche quando operano in materia disciplinare, donde il richiamo agli artt. 24,102 e 111 Cost. non è pertinente (e pluribus, Cass., sez. un., 30 marzo 2021, n. 8777; Cass., sez. un., 27 ottobre 2020, n. 23593; Cass., sez. un., 5 ottobre 2007, n. 20843; Cass., sez. un., 10 gennaio 2006, n. 138; Cass., sez. un., 3 maggio 2005, n. 9097; Cass., sez. un., 23 marzo 2005, n. 6213; Cass., sez. un., 1 aprile 2004, n. 6406; Cass., sez. un., 22 luglio 2002, n. 10688); la terzietà ed imparzialità caratterizza anche i consigli distrettuali di disciplina, nonostante la loro natura amministrativa (come precisato da Cass., sez. un., n. 8777 del 2021; n. 24896 del 2020; n. 34476 del 2019; n. 16993 del 2017).

Quanto al secondo, la Corte costituzionale ha statuito, in via generale, sulle giurisdizioni professionali, riconoscendo natura giurisdizionale a quelle, come il C.N.F., anteriori alla Costituzione repubblicana, per il corretto esercizio della funzione di giurisdizione affidata al suddetto organo in materia deontologica, con riguardo ai parametri della indipendenza del giudice e della imparzialità dei giudizi (Corte Cost. 23 dicembre 1986, n. 284; e già n. 128 del 1974; n. 73 del 1970; n. 114 del 1970). Del pari, queste Sezioni unite hanno ritenuto la devoluzione al consiglio nazionale forense, quale organo di giurisdizione speciale, delle controversie in materia di sanzioni disciplinari manifestamente non in contrasto con gli artt. 25,102,103,104 e 113 Cost., trattandosi di giurisdizione speciale ad essa preesistente, la cui sopravvivenza è prevista dalla sesta disposizione transitoria della carta fondamentale; le norme che lo concernono, nel disciplinare la nomina dei componenti dello stesso ed il procedimento che innanzi ad esso si svolge, assicurano, per il metodo elettivo della prima e per la prescrizione, quanto al secondo, dell’osservanza delle comuni regole processuali e dell’intervento del P.M., il corretto esercizio della funzione giurisdizionale affidata, con riguardo alla garanzia del diritto di difesa e all’indipendenza del giudice, che consiste nella autonoma potestà decisionale non condizionata da interferenze, dirette o indirette, di qualsiasi provenienza: ne consegue che la disciplina della funzione giurisdizionale del C.N. F., quale giudice terzo, è coperta dall’art. 108 Cost., comma 2, e dall’art. 111 Cost., comma 2, (cfr. Cass., sez. un., 10 luglio 2017, n. 16993, in motiv.; Cass., sez. un., 29 maggio 2014, n. 12064; Cass., sez. un., 16 gennaio 2014, n. 775; Cass., sez. un., 5 dicembre 2013, n. 27268; Cass., sez. un., 16 maggio 2013, n. 11833; Cass., sez. un., 13 luglio 2010, n. 16349; Cass., sez. un., 23 marzo 2005, n. 6213; Cass., sez. un., 22 luglio 2002, n. 10688; Cass., sez. un., 7 febbraio 2002, n. 1732; Cass., sez. un., 10 gennaio 1992, n. 185; Cass. 26 marzo 1981, n. 1750).

Si è aggiunto, condivisibilmente, che sul requisito della indipendenza neppure influisce la circostanza che i componenti del Consiglio nazionale forense appartengano all’ordine di professionisti nei confronti dei quali il detto organo deve esercitare le sue funzioni, poichè il tratto caratteristico della c.d. giurisdizione professionale è dato proprio dalla vasta partecipazione – anche indiretta tramite il sistema elettivo, garanzia di per se stesso della democraticità del sistema e costituzionalmente legittimo (cfr. art. 106 Cost., comma 2) – dei medesimi soggetti appartenenti alla categoria interessata, partecipazione che è giustificata dalla specifica idoneità dei singoli componenti il collegio a pronunziarsi nella materia disciplinare, attinente alle regole di deontologia professionale che l’Ordine ha ritenuto di dare a se stesso ed ai propri appartenenti (Cass., sez. un., 29 maggio 2014, n. 12064).

Infine, è stato già precisato come non esista una norma comunitaria, dalla quale dedurre l’abrogazione dei consigli professionali (Cass., sez. un., 7 febbraio 2002, n. 1732).

Tali conclusioni, si noti, pur quando attenevano al sistema di cui alla precedente legge professionale, sono state assunte all’esito dell’esame di censure similari, concernenti l’essere il C.N.F. quale giurisdizione speciale privo di investitura costituzionale, la presunta mancanza di indipendenza dei membri perchè elettivi ed il preteso contrasto con la legislazione comunitaria; e sono ribadite nel sistema attuale (Cass., sez. un., 30 marzo 2021, n. 8777).

Il preteso difetto di terzietà, dunque non sussiste, posto che innanzi al C.N.F., dove non si verifica nessuna violazione dell’art. 111 Cost., sotto il profilo del difetto di terzietà, in quanto le norme che disciplinano la nomina dei componenti del C.N.F. ed il procedimento di disciplina dei professionisti iscritti al relativo ordine offrono sufficienti garanzie con riguardo all’indipendenza del giudice ed alla imparzialità dei giudizi, nè rilevando la circostanza che al Consiglio spettino anche funzioni amministrative: invero, come evidenziato dalla Corte costituzionale (cfr. Corte Cost. 23 dicembre 1986, n. 284, cit.), non è la mera coesistenza delle due funzioni a menomare l’indipendenza del giudice, bensì il fatto che le funzioni amministrative siano affidate all’organo giurisdizionale in una posizione gerarchicamente sottordinata, essendo in tale ipotesi immanente il rischio che il potere dell’organo superiore indirettamente si estenda anche alle funzioni giurisdizionali (cfr. già Cass., sez. un., 16 gennaio 2014, n. 775; Cass., sez. un., 3 maggio 2005 n. 9097).

3.2. – In ogni caso, ogni ragione di nullità si converte in motivo di impugnazione, ai sensi del principio generale di cui all’art. 161 c.p.c. ed in forza della L. n. 247 del 2012, art. 36, comma 6, la quale espressamente contempla il ricorso alle Sezioni unite della Corte di cassazione per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, nel cui ambito rientra anche il preteso vizio dalla ricorrente dedotto.

3.3. – Ne deriva, in conclusione, la declaratoria di inammissibilità del ricorso, in quanto tardivamente proposto, essendo la proposizione del ricorso per cassazione contro le decisioni del consiglio nazionale forense soggetta, ai sensi della L. n. 247 del 2012, art. 36, comma 6, al termine breve di trenta giorni, decorrente dalla notificazione della pronuncia contestata (Cass., sez. un., 4 dicembre 2020, n. 27773; Cass., sez. un., 30 ottobre 2020, n. 24109; Cass., sez. un., 23 luglio 2018, n. 19526; Cass., sez. un., 10 luglio 2017, n. 16993).

4. – Il rigetto del ricorso assorbe l’esame della richiesta di sospensiva degli effetti della sentenza impugnata.

5. – Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo l’intimato Consiglio dell’ordine svolto attività difensiva in questa sede.

PQM

La Corte, pronunciando a Sezioni unite, dichiara inammissibile il ricorso.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni unite civili, il 8 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2021

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