Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17332 del 17/06/2021

Cassazione civile sez. un., 17/06/2021, (ud. 08/06/2021, dep. 17/06/2021), n.17332

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CASSANO Margherita – Presidente Aggiunto –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente di Sezione –

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sezione –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4809/2021 proposto da:

F.E., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato IVANO LAI;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE, MINISTERO DELLA

GIUSTIZIA;

– intimati –

avverso l’ordinanza n. 2/2021 del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA

MAGISTRATURA, depositata il 21/01/2021;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/06/2021 dal Consigliere LOREDANA NAZZICONE;

lette le conclusioni scritte dell’Avvocato Generale RENATO FINOCCHI

GHERSI, il quale chiede che la Corte rigetti il ricorso in quanto

inammissibile o infondato.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – In data 22 novembre 2019, n. 128, la Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura emise, ai sensi del D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 13, comma 2, ordinanza di misura cautelare e provvisoria nei confronti del Dott. F.E., procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Castrovillari, disponendone il trasferimento d’ufficio presso il Tribunale di Potenza, con funzioni di giudice civile.

L’ordinanza fu assunta in relazione agli illeciti contestati, ivi rubricati ai capi a), comma 2), e) di imputazione (rispettivamente: affidamento a terzi di atti processuali e giudiziari sensibili con abuso della qualità; falso materiale ed ideologico; consequenziale condotta scorretta di interferenza nei procedimenti penali curati da altri magistrati), mentre la Sezione reputò insussistenti gli idonei indizi di responsabilità per gli illeciti disciplinari ivi indicati ai capi b), comma 1), d) (rispettivamente: rilascio di indebite giustificazioni ad una società, in relazione alle commesse infrazioni al codice della strada; affidamento alla stessa società di plurimi servizi di intercettazione; utilità corruttive fornite dalla medesima società).

2. – Tale ordinanza fu impugnata presso le Sezioni unite della Corte di cassazione, che, con la sentenza del 6 ottobre 2020, n. 21432, hanno accolto il ricorso, limitatamente al motivo concernente il capo a) di imputazione, ritenendo carente di motivazione e, quindi, preclusivo del controllo di corretta sussunzione del fatto, l’addebito relativo al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, lett. u), concernente la divulgazione di atti del procedimento coperti da segreto o di cui sia vietata la pubblicazione, nonchè del dovere di riservatezza degli affari trattati, in quanto l’ordinanza cautelare non aveva “esaminato tutti indistintamente gli elementi integrativi dell’illecito disciplinare così contestato, esame che era invece necessario”.

Le Sezioni unite hanno demandato, quindi, “un riesame sul punto da parte della Sezione Disciplinare, la quale dovrà verificare, dandone compiuta motivazione, la resistenza del quadro indiziario cautelare concernente l’addebito in questione in rapporto alla fattispecie sostanziale e disciplinare contestata” (punto 4.2), concludendo infine per “l’accoglimento del secondo motivo di ricorso, con rigetto degli altri. L’ordinanza va cassata relativamente al motivo accolto, con rinvio alla Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura la quale, in diversa composizione, dovrà riesaminare il quadro cautelare alla luce di quanto qui stabilito” (punto 7).

3. – Con l’ordinanza del 21 gennaio 2021, n. 2, la Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura ha confermato la misura cautelare del trasferimento d’ufficio del Dott. F.E. presso il Tribunale di Potenza, con funzioni di giudice civile.

La ordinanza impugnata ha ritenuto che:

I) non sussistano elementi sufficienti del fumus con riguardo agli illeciti disciplinari contestati al capo a) di imputazione, concernente gli illeciti D.Lgs. n. 109 del 2006, ex art. 2, comma 1, lett. g) e u), (affidamento a terzi di atti processuali e dati giudiziari sensibili con abuso della qualità, con grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile);

11) non occorra rivalutare il fumus con riguardo ai restanti capi di imputazione comma 2) ed e), addebiti già ritenuti integrati, nel predetto requisito, dall’ordinanza del C.s.m. n. 128 del 2019, in quanto sul punto sono stati respinti i motivi del precedente ricorso per cassazione, ma per essi – riesaminata l’intera situazione – permangono le esigenze cautelari.

Si tratta, in tale secondo caso, dei capi di imputazione riportati nella ordinanza n. 2 del 2021, ora impugnata, così riassunti:

– capo comma 2) di imputazione, concernente l’illecito D.Lgs. n. 109 del 2006, ex art. 4, comma 1, lett. d), per avere il magistrato, nell’esercizio delle funzioni di procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Castrovillari, commesso in concorso i reati oggetto di procedimento penale presso il Tribunale di Salerno, competente ex art. 11 c.p.p., di cui agli artt. 476 e 479 c.p., avendo suggerito all’ufficiale di polizia giudiziaria maresciallo G.C., comandante della Stazione dei Carabinieri forestali di (OMISSIS), la redazione e la retrodatazione di un’annotazione di servizio, costituente falso ideologico e materiale, in cui venivano descritte attività informative del secondo mediante interlocuzioni con l’arrestato S.A., di sua iniziativa inserendo detta annotazione nel fascicolo al medesimo relativo n. 4889/2017/21 della Procura, previo provvedimento di “visto – agli atti di ufficio”;

– capo e) di imputazione, concernente l’illecito D.Lgs. n. 109 del 2006, ex art. 1, e art. 2, comma 2, lett. d), per avere egli, mediante la suddetta attività, in tal modo realizzato una grave scorrettezza nei confronti sia del magistrato assegnatario del procedimento in questione n. 4889/2017/21, sia dei magistrati della DDA di Catanzaro, titolari delle indagini per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., a carico dei medesimi S.A. e G.C..

Rispetto a tali addebiti, la Sezione disciplinare ha peraltro richiamato ed espressamente condiviso la precedente ordinanza del C.s.m. n. 128 del 2019, rinviando alla motivazione già resa e riportando, segnatamente, gli argomenti ivi esposti, laddove aveva ravvisato il fumus valorizzando plurimi elementi, quali: la comprovata falsità della detta nota, mirante a qualificare a posteriori i rapporti del maresciallo G. con S.A. come atti di indagine; la piena consapevolezza ed, anzi, l’espresso accordo tra il maresciallo G. ed il Dott. F. sul contenuto e sulla retrodatazione della nota; l’effettivo inserimento della stessa nel relativo fascicolo processuale ad opera del Dott. F., nonostante la gravissima anomalia della retrodatazione; la conoscenza da parte del magistrato circa l’indagine in corso da parte della DDA e l’effetto che la nota su di essa avrebbe potuto avere. Ha, comunque, rilevato la Sezione disciplinare come i motivi concernenti tali capi di impugnazione siano stati già respinti dalle Sezioni unite con la sentenza n. 21432 del 2020.

Rivalutando, quindi, il punto della sussistenza delle esigenze cautelari, la Sezione disciplinare ha osservato che le condotte tenute, contestate ai capi di imputazione comma 2) ed e), integrando il fumus di due diversi illeciti disciplinari, abbiano sicuramente comportato pregiudizio alla autorevolezza, prestigio e credibilità della figura del procuratore della Repubblica di Castrovillari, all’interno ed all’esterno dell’ufficio, avendo i fatti avuto risonanza locale.

Ha ricordato trattarsi del concorso in reato di falso contestato in sede penale, con persona sottoposta a custodia cautelare in carcere, nell’ambito di un’indagine per fatti di associazione di tipo mafioso ex art. 416 bis c.p., e di notevole risonanza mediatica, anche a causa dei contrasti all’interno della procura calabrese; considerando, altresì, che per gli altri fatti – originariamente contestati e ritenuti disciplinarmente privi di fumus – è stata intrapresa indagine penale, palesandosi stretti e non limpidi rapporti tra il Dott. F. ed un poliziotto in aspettativa, T.V., demandato di eseguire intercettazioni per conto della procura diretta dal magistrato stesso, con ulteriore compromissione dell’immagine d’imparzialità e credibilità del Dott. F..

Ha concluso, pertanto, reputando ancora sussistenti le esigenze cautelari, onde la necessità di mantenere la misura con riguardo alle incolpazioni disciplinari di cui ai capi comma 2) ed e) di imputazione.

4. – Avverso tale ordinanza il Dott. F.E. propone ricorso, sulla base di un unico complesso motivo.

L’intimato Consiglio superiore della magistratura non ha svolto attività difensiva.

La trattazione del ricorso è stata fissata per la pubblica udienza dell’8 giugno 2021 ed è avvenuta in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis, inserito dalla Legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176, ed D.L. n. 44 del 2021, art. 6, senza l’intervento del Procuratore generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati avanzato richiesta di discussione.

Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.

Il ricorrente ha depositato la memoria con le sue considerazioni scritte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso propone un unico complesso motivo, il quale deduce, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), in riferimento all’art. 125 c.p.p., comma 3, e art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e):

1) omessa valutazione circa l’esistenza del fumus cautelare: la sentenza Sez. un. 6 ottobre 2020, n. 21432 aveva chiesto la rivalutazione del quadro indiziario, ma l’ordinanza impugnata ha operato mero rinvio per relationem alla ordinanza precedentemente assunta ed ha omesso un accertamento complessivo alla luce dell’indebolito quadro indiziario, sebbene esso sia venuto meno con riguardo ad alcuni degli illeciti contestati, onde difetta la motivazione;

2) violazione dell’art. 494 c.p., sul diritto del responsabile ad essere sentito: il ricorrente è stato ostacolato nell’esercizio del suoi diritti di difesa, in quanto dal verbale di udienza del 17 dicembre 2020 emerge come gli sia stato impedito di rendere dichiarazioni spontanee;

3) omessa rivalutazione del quadro indiziario complessivo e delle esigenze cautelari: la Sezione ha omesso di verificare, anche atteso il tempo trascorso, il perdurare delle esigenze cautelari, limitandosi a replicare la precedente motivazione e senza argomentare con riguardo ai seguenti punti decisivi: errata incolpazione, quanto al tempus della notizia disciplinare acquisita dalla Procura di Salerno, che deriva da una nota non del 2 agosto 2018, ma del 15 ottobre 2018; errata formulazione della contestazione circa la consegna di fotocopia degli atti dei procedimenti penali, indicati con numeri errati e creando il convincimento di una connessione tra consegna dei documenti riservati ed incarichi di intercettazione affidati alla (OMISSIS) s.r.l. unipersonale; mancata motivazione circa il fatto che la Procura di Castrovillari coordinava contestualmente le indagini, nei confronti del funzionario dell’azienda regionale Calabria Verde e di un perito agronomo, per concussione verso gli S., indagine coassegnata al Dott. F., nel cui ambito mai nulla di irregolare a carico di questi era stato rilevato.

Le esigenze cautelari sono state motivate, nell’assunto del ricorrente, senza nessun oggettivo riscontro, non rispondendo così al dictum delle Sezioni unite del 2020: gli errori dell’ordinanza impugnata risiedono nel rilevante numero degli incarichi affidati alla (OMISSIS) s.r.l. unipersonale, società ritenuta amministrata in fatto dal Tognanelli, dato smentito dai documenti prodotti, come pure nella pretesa assenza di criteri di rotazione, del pari smentita dalle dichiarazioni rese dai magistrati dell’Ufficio; quanto alle imputazioni di cui ai capi comma 2) ed e), le affermazioni contenute nell’ordinanza impugnata sono prive di riscontro e di motivazione, posto che dalle indagini difensive emerge, senza ombra di equivoci, tutt’altro che una caduta di autorevolezza e prestigio del magistrato.

2. – Il primo profilo del motivo, che lamenta un vizio di motivazione, per avere l’ordinanza impugnata argomentato, in ordine al fumus degli illeciti di cui ai capi comma 2) ed e) di imputazione, per relationem alla precedente ordinanza, è manifestamente infondato.

2.1. – Come sopra esposto, l’ordinanza impugnata ha ritenuto, da un lato, carente il fumus con riguardo agli illeciti disciplinari contestati al capo a) di imputazione, e, dall’altro lato, al contrario, non più in discussione detto requisito, quanto ai capi comma 2), e) di imputazione.

Nella specie, l’unico motivo accolto dalla sentenza rescindente Cass., sez. un., 6 ottobre 2020, n. 21432 attiene alla ivi dedotta “inosservanza e/o erronea applicazione del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 13, in relazione al D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101, art. 2 octies co., lett. e), nonchè al D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 167, D.Lgs. n. 51 del 2018, artt. 5 e 43, e art. 51, comma 2, lett. d, (art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b)”, concernente il suddetto capo a) di imputazione.

E la Sezione disciplinare, nella impugnata ordinanza, ha nuovamente motivato, escludendo l’integrazione della fattispecie quanto al fumus per l’adozione della misura per il detto capo a).

Con riferimento, invece, ai capi di imputazione comma 2), e), l’ordinanza impugnata ha affermato come tali addebiti fossero già stati ritenuti integrati nel fumus dalla precedente ordinanza del C.s.m. n. 128 del 2019, confermata sul punto dalle Sezioni unite.

Ha poi, dopo tale precisazione, non solo riepilogato i capi di imputazione, ampiamente illustrandoli nel corso dell’intera motivazione esposta, ma ha altresì richiamato gli elementi indiziari da considerare, sulla cui base aveva tratto il proprio convincimento circa l’esistenza del fumus per l’adozione della misura cautelare del trasferimento dell’incolpato ad altro Ufficio.

Dopo avere ricostruito gli illeciti disciplinari considerati come afferenti l’uno il concorso nei reati ex artt. 476 e 479 c.p. (capo comma 2) e l’altro il comportamento gravemente scorretto nei confronti di altri magistrati (capo e), integranti rispettivamente gli illeciti di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 4, comma 1, lett. d), e art. 1, art. 2, comma 2, lett. d), la Sezione disciplinare ha richiamato le ragioni del proprio convincimento, già in precedenza raggiunto, circa l’effettiva commissione di tali fatti.

Quindi, con riguardo allo specifico thema decidendum delimitante il giudizio di rinvio, la Sezione ha esposto il proprio convincimento circa la perdurante sussistenza delle esigenze cautelari.

A tal fine, essa ha riportato e valorizzato i numerosi elementi raccolti, esplicitamente illustrati, anche nella loro gravità, quanto alla compromissione della autorevolezza, prestigio e credibilità del procuratore della Repubblica di Castrovillari, all’interno ed all’esterno dell’ufficio; pertanto, sotto il profilo del periculum, ha individuato la misura in concreto adottata come tuttora necessaria, ai fini delle esigenze cautelari, proprio con riguardo alle imputazioni residuate.

2.2. – In tal modo, la Sezione disciplinare si è attenuta al costante principio secondo cui, una volta respinti i motivi di ricorso concernenti dati profili della fattispecie, questi non possono più essere rimessi in discussione, formandosi il giudicato interno.

Costituisce, invero, principio consolidato che il giudice di rinvio sia tenuto a limitare il suo giudizio ai punti oggetto dell’annullamento ed a quelli consequenziali, mentre lo stesso non può riprendere in esame le altre questioni sottoposte al giudice di legittimità e ritenute, espressamente o tacitamente, decise in modo conforme a legge dal giudice di merito, stante il formarsi di un giudicato interno a ciascun capo d’imputazione relativamente alle questioni per le quali la decisione impugnata è stata ritenuta esente da vizi logico-giuridici, poichè su di esse si è avuto sia il giudizio di merito che quello esclusivo di legittimità (in tal senso già, nitidamente, Cass. pen., sez. VI, ud. 10 ottobre 1985, dep. 23 gennaio 1986, n. 711).

Infatti, la riassunzione della causa, a seguito di cassazione del provvedimento impugnato per cassazione, dinanzi al giudice di rinvio instaura un processo chiuso, attesi i limiti fissati per il giudizio di rinvio dall’art. 627 c.p.p., comportando il rigetto di taluni motivi la conseguenza che le corrispondenti parti della decisione impugnata passino in giudicato (e plurimis, Cass. pen., sez. IV, 29 maggio 2018, n. 29186; Cass. pen., sez. III, 15 luglio 2015, n. 38380; Cass. pen., sez. VI, 19 dicembre 2013, n. 2324; Cass. pen., sez. IV, 19 febbraio 2013, n. 10674; Cass. pen., sez. II, 9 febbraio 2010, n. 8039; Cass. pen., sez. I, 17 febbraio 2009, n. 15552; Cass. pen., sez. IV, 20 novembre 2008, n. 2843).

Nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento per vizio di motivazione, pertanto, sussiste il limite dato dalla c.d. formazione progressiva del giudicato, come affermato ripetutamente dalle Sezioni unite penali (fra le tante, adde, alle precedenti, Cass. pen., sez. II, 6 novembre 2020, n. 37407; Cass. pen., sez. V, 22 giugno 2010, n. 34016; Cass. pen., sez. V, 3 luglio 2009, n. 41085).

Ne deriva che il provvedimento impugnato ha, del tutto legittimamente, proceduto alla valutazione del presupposto del periculum fondante la disposta misura cautelare, esaminando tutti gli elementi fattuali e giuridici della vicenda, e concludendo per la sussistenza perdurante delle esigenze cautelari ai fini della misura.

3. – Il secondo profilo del motivo è infondato.

Come risulta dall’esame del verbale dell’udienza in data 17 dicembre 2020, consentito a questa S.C. in ragione della natura del vizio denunziato, l’avv. Iai rilevò come il suo difeso intendesse rendere dichiarazioni spontanee ed il Presidente gli diede la parola, mentre il difensore ritenne piuttosto di esporre sue difese, procedendo di conseguenza (p. 7 del detto verbale); quindi, l’avv. Iai lasciò la parola al Dott. F., che rese ampie dichiarazioni spontanee (pp. 8-11 del verbale); a fronte della richiesta del Presidente di attenersi ai fatti in discussione, il Dott. F. dichiarò di aver parlato di altre questioni nel quadro generale, subito concordando che occorresse rimanere, come il Presidente gli aveva ricordato, nell’ambito delle disposizioni che governano le dichiarazioni spontanee, concludendo il ricorrente che così “indubbiamente” è la regola e di non avere altro da aggiungere (p. 11).

A fronte di tale contenuto della registrazione d’udienza, risulta dunque pretestuosa la censura ora proposta, donde la radicale infondatezza del motivo.

E’ noto, invero, come l’art. 494 c.p.p., al procedimento applicabile, preveda le “dichiarazioni spontanee dell’imputato”, che egli può rendere come ritenga opportuno e purchè “esse si riferiscano all’oggetto dell’imputazione e non intralcino l’istruzione dibattimentale. Se nel corso delle dichiarazioni l’imputato non si attiene all’oggetto dell’imputazione, il presidente lo ammonisce e, se l’imputato persiste, gli toglie la parola”.

Nella specie, come risulta dal verbale in atti, non è stata mai tolta la parola, nè vi è stata alcuna particolare ammonizione sul punto, essendosi il presidente del collegio limitato a ricordare l’esigenza positiva della necessaria pertinenza delle dichiarazioni all’oggetto della contestazione ed avendo, oltretutto, il ricorrente concordato sul punto.

4. – Il terzo profilo del motivo è inammissibile.

Ancora denunziando un vizio di motivazione, il ricorrente si duole che la Sezione disciplinare abbia mancato di valutare nuovamente il quadro indiziario complessivo e la permanenza delle esigenze cautelari; deduce, al riguardo, l’indicazione di dati errati circa il giorno della notizia sull’illecito disciplinare ed alcuni numeri dei procedimenti penali interessati dalla acquisizione illecita di dati, nonchè circa il numero degli incarichi affidati alla (OMISSIS) s.r.l. unipersonale e l’assenza di rotazione degli incarichi; si duole ulteriormente del mancato esame di altre indagini al ricorrente affidate; infine, quanto alle imputazioni dei capi comma 2) ed e), afferma l’assenza di riscontri obiettivi e l’esistenza di dati difensivi in contrario.

Orbene, tutti i rilievi concernenti le imputazioni diverse da quelle esaminate dall’ordinanza impugnata ai fini della reiterazione della misura cautelare, che si limita a discorrere dei capi comma 2) ed e), sono inammissibili, in quanto nè colgono la ratio decidendi, nè attengono al thema decidendum.

In secondo luogo, è inammissibile la censura, laddove essa attiene al fumus dell’illecito, in relazione al quale la ordinanza impugnata non aveva l’obbligo di nuovamente motivare, in ragione del giudicato interno sul punto maturato, alla stregua delle su esposte osservazioni.

Quanto alla pretesa di ripetere il giudizio sul fatto, del pari, il motivo è radicalmente inammissibile, contrapponendo le proprie alle affermazioni fattuali contenute nell’ordinanza impugnata.

Invero, con riguardo all’accertamento del periculum, il giudice disciplinare del merito, quanto alla situazione di fatto creatasi, ha ritenuto, con motivazione pertinente ed esauriente, che la permanenza nella sede e nelle funzioni sia in contrasto con il buon andamento dell’amministrazione della giustizia, cui la misura è volta.

Si ricorda che il vizio di insufficienza della motivazione delle pronunce della sezione disciplinare del C.s.m., denunciabile con il ricorso alle Sezioni unite della Corte di cassazione, è rilevabile solo nell’ipotesi di obiettiva deficienza del criterio logico che ha indotto il giudice disciplinare alla formulazione del proprio convincimento ovvero di mancanza di criteri idonei a sorreggere e ad individuare con chiarezza la ratio decidendi, mentre resta escluso quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte sul valore o sul significato attribuito dal giudice disciplinare agli elementi delibati (Cass., sez. un., 12 aprile 2012, n. 5768; Cass., sez. un., 21 dicembre 2009, n. 26825, fra le molte).

Ciò, per il principio consolidato, secondo cui il sindacato della Corte di cassazione sulle decisioni della sezione disciplinare del C.s.m. è limitato al controllo della congruità, adeguatezza e logicità della motivazione, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito, perchè è estraneo al sindacato di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali, pur dopo la modifica dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), introdotta dalla L. n. 46 del 2006 (Cass., sez. un., 19 marzo 2019, n. 7691).

Secondo principio costante, infatti, anche a seguito della richiamata modifica dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), resta non deducibile nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Cass. pen., sez. III, 11 gennaio 2018, n. 18521; Cass. pen., sez. VI, 14 febbraio 2012, n. 25255).

In particolare, si è da tempo chiarito (cfr. Cass., sez. un., 21 gennaio 2010, n. 968) come, in tema di responsabilità disciplinare dei magistrati, le valutazioni circa profili fattuali dell’illecito rientrino tra gli apprezzamenti di merito devoluti alla sezione disciplinare del C.s.m. e non siano, pertanto, sindacabili dal giudice di legittimità, al quale è rimesso esclusivamente il controllo sulla congruità, adeguatezza ed assenza di vizi logici della motivazione che la sorregge. Ciò, in particolare, in tema di gravità dell’illecito, anche in ordine al riflesso del fatto oggetto dell’incolpazione sulla stima del magistrato, sul prestigio della funzione esercitata e sulla fiducia nell’istituzione, come pure quanto alla sanzione adeguata (Cass., sez. un., 8 aprile 2009, n. 8615).

Più in generale, è principio acquisito quello della inammissibilità del motivo di ricorso per cassazione, con il quale si lamenti l’inesistenza della “gravità indiziaria” ritenuta dal giudice, poichè il sindacato del giudice di legittimità nell’esame delle questioni processuali comprende il potere di esaminare gli atti per verificare l’integrazione della violazione denunziata, ma non anche quello di interpretare in modo diverso, rispetto alla valutazione del giudice di merito, i fatti storici posti a base della questione, se non nei limiti del rilievo della mancanza o manifesta illogicità della motivazione (Cass. pen., sez. V, 26 febbraio 2018, n. 19388).

La motivazione del provvedimento impugnato, in definitiva, è del tutto congrua ed esauriente, priva dei vizi denunziati, mentre il ricorrente nel prospettare ancora i suoi rilievi, richiede una inammissibile rivalutazione del merito.

5. – In conclusione, il ricorso va respinto. Non occorre provvedere sulle spese di legittimità, in assenza di altre parti costituite.

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni unite, rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 8 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2021

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