Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17330 del 23/07/2010

Cassazione civile sez. II, 23/07/2010, (ud. 27/05/2010, dep. 23/07/2010), n.17330

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

S.G. e S.S., rappresentati e difesi, giusta

procura speciale a margine del ricorso, dagli Avvocati BIAGINI Sergio

e Sergio Fidenzio, elettivamente domiciliati in Roma, via Cola di

Rienzo n. 149, presso lo studio dell’Avvocato Fidenzio;

– ricorrente –

contro

P.M., rappresentato e difeso, giusta procura speciale a

margine del controricorso, dagli Avvocati GIOVANNELLI Giovanni e

Giammaria Camici, elettivamente domiciliati in Roma, via Monte Zebio

n. 30, presso lo studio dell’Avvocato Camici;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 1162 del

2008, depositata in data 22 luglio 2008;

udita, la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27 maggio 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che la Corte d’appello di Firenze, con sentenza n. 1162 del 2008, depositata il 22 luglio 2008, ha rigettato l’appello proposto da S.G. e S.S. avverso la sentenza del Tribunale di Lucca, depositata il 22 maggio 2003, con la quale, in parziale accoglimento della domanda di P.M., era stato ordinato ai convenuti l’arretramento della loro costruzione, nel rispetto delle distanze legali fissate dall’art. 873 cod. civ., ed erano state compensate tra le parti le spese;

che la Corte d’appello ha innanzitutto ritenuto infondato il motivo di gravame con il quale gli appellanti avevano riproposto la questione della mancanza di mandato al difensore del P. per il giudizio di merito;

che, in proposito, la Corte Territoriale ha rilevato che il mandato conferito per il giudizio cautelare (“Conferisco il mandato a rappresentarmi e difendermi nel presente procedimento e nei successivi gradi, compresa la fase esecutiva …”), denotasse la chiara volontà della parte di conferire al difensore il mandato anche per i gradi successivi e quindi anche per il giudizio di merito conseguente alla fase cautelare;

che, nel merito, la Corte d’appello, sulla scorta delle conclusioni del c.t.u., ha ritenuto che la costruzione realizzata dagli appellanti integrasse una nuova costruzione, soggetta alla disciplina delle distanze, nella specie non rispettata;

che, per la cassazione di questa sentenza hanno proposto ricorso S.G. e S.S. sulla base di due motivi, cui ha resistito, con controricorso, P.M., il quale ha anche depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.;

che, con il primo motivo, i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione di norme di diritto e contraddittorietà ed erroneità della motivazione, con riferimento alla reiezione del motivo di gravame relativo alla denunciata mancanza di mandato per il giudizio di merito;

che, in proposito, i ricorrenti rilevano che l’asserito mandato alle liti, al quale si sono richiamati i difensori del P., non risultava depositato nè allegato in alcun modo agli atti del processo, nè al momento della iscrizione a ruolo della causa nè successivamente, così come non risultava depositato il ricorso relativo alla fase cautelare, prodotto solo in copia informale;

che, in realtà, si era in presenza di una carenza di procura che avrebbe dovuto indurre il Tribunale prima e la Corte d’appello poi a dichiarare la nullità dell’atto di citazione; nullità, peraltro, insuscettibile di sanatoria;

che, osservano ancora i ricorrenti, tanto più una nuova procura sarebbe stata necessaria per il giudizio di merito, in quanto la domanda di arretramento formulata nell’atto di citazione per il giudizio di merito non era compresa nell’originario ricorso cautelare per denuncia di nuova opera;

che, con il secondo motivo, i ricorrenti deducono “violazione e falsa applicazione art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, sostenendo che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere nel caso di specie che l’intervento realizzato da essi ricorrenti integrasse una nuova costruzione anzichè una mera ristrutturazione di un preesistente fabbricato, senza modifiche nel volume e nella collocazione dello stesso;

che, essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che è stata notificata alle parti e comunicata al Pubblico Ministero.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il relatore designato, nella relazione depositata il 3 marzo 2010, ha formulato la seguente proposta di decisione:

“(…) Il (primo) motivo è inammissibile e comunque manifestamente infondato.

Risulta invero evidente la assoluta mancanza del quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., a norma del quale i motivi del ricorso per cassazione devono essere accompagnati, a pena di inammissibilità (art. 375 cod. proc. civ., n. 5), dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto nei casi previsti dall’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), e, qualora il vizio sia denunciato ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione: tali prescrizioni sono state nella specie del tutto disattese, non potendo al riguardo ritenersi sufficienti le indicazioni contenute in sede di esposizione del motivo.

Escluso che possa essere presa in considerazione la denuncia di violazione di norme di diritto, peraltro neanche espressamente menzionate nella rubrica del motivo, deve rilevarsi ulteriormente, con riguardo al denunciato vizio di motivazione, che avendo la Corte d’appello riprodotto nella sentenza impugnata il testo della procura conferita al difensore dell’attuale resistente, le deduzioni di inesistenza agli atti di detto documento integrano un vizio revocatorio, denunciatile, ai sensi dell’art. 395 cod. proc. civ., n. 4, e non già un vizio della motivazione della sentenza.

Peraltro, quand’anche si volessero superare i profili formali ostativi all’esame nel merito del motivo di ricorso, occorre rilevare che l’interpretazione della procura al difensore, al fine di individuare l’ambito del mandato conferitogli dalla parte, costituisce valutazione riservata al giudice di merito, non sindacabile in cassazione ove adeguatamente motivata (Cass., n. 4864 del 2007). E nella specie, la Corte d’appello ha dato ampia ed esauriente motivazione delle ragioni che la hanno indotta a ritenere compresa nel mandato la proposizione del giudizio di merito.

(…) Il (secondo) motivo è inammissibile, in quanto, da un lato, non si conclude con la formulazione di un quesito di diritto nei sensi prima evidenziati; dall’altro, introduce una questione di mero fatto, sulla quale la Corte d’appello, richiamando le risultanze della c.t.u. ha motivatamente espresso il proprio convincimento.

Sussistono pertanto le condizioni per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio”;

che il Collegio condivide solo in parte la proposta di decisione ora richiamata, alla quale, peraltro, non sono state formulate critiche di sorta;

che, invero, pienamente condivisibile è la soluzione prospettata con riferimento al primo motivo di ricorso, che pertanto va rigettato per le ragioni esposte nella relazione;

che, viceversa, va disattesa la soluzione prospettata con riferimento al secondo motivo, ravvisandosi il denunciato vizio di motivazione in ordine al fatto controverso consistente nella consistenza degli interventi eseguiti e nella qualificazione degli stesi come nuova costruzione;

che, infatti, la Corte d’appello si è limitata a richiamare la relazione del consulente tecnico d’ufficio solo per affermare che vi è stata demolizione e ricostruzione, ma il mero riscontro dell’avvenuta demolizione con contestuale ricostruzione, proprio alla luce della giurisprudenza di legittimità richiamata dalla stessa sentenza impugnata, non integra la fattispecie della “nuova costruzione”, che si realizza solo nel caso in cui siano state alterate le originali dimensioni dell’immobile o la collocazione dello stesso, identificabili da muri perimetrali, strutture orizzontali e copertura;

che, sul punto, la motivazione della sentenza impugnata appare dunque insufficiente, a fronte della deduzione dei ricorrenti, secondo cui la volumetria e la collocazione dell’edificio ricostruito non sarebbero state mutate rispetto alla situazione preesistente;

che, pertanto, il secondo motivo va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata in parte qua, e con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze, per nuovo esame;

che al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2010

 

 

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