Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17330 del 13/07/2017


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Cassazione civile, sez. I, 13/07/2017, (ud. 19/04/2017, dep.13/07/2017),  n. 17330

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22636/2012 proposto da:

G.C. S.a.s. (p.i. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour,

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentata e difesa dall’avvocato Ernesto Mauri, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.r.l., in persona del Curatore avv. Bruno Falcone,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Regina Margherita n. 42,

presso l’avvocato Crippa Luca, rappresentata e difesa dall’avvocato

Di Lallo Luigi, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 340/2012 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 27/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/04/2017 dal cons. TERRUSI FRANCESCO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

La corte d’appello di Salerno rigettava il gravame della G.C. & c. s.a.s., già F.C. & c. s.a.s., nei riguardi della sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore che aveva accolto l’azione revocatoria fallimentare di una compravendita immobiliare;

l’azione era stata proposta dal fallimento della (OMISSIS) s.r.l. in ragione della sproporzione tra il valore venale del bene e il prezzo; per la cassazione della sentenza d’appello, la G.C. s.a.s. propone ricorso affidato a tre motivi, illustrati da memoria; la curatela resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

la corte d’appello, all’esito di una c.t.u., ha accertato che il valore del bene compravenduto era pari a Lire 1.168.820.000 e che l’importo effettivamente pagato dall’acquirente ammontava, Iva compresa, a Lire 833.000.000, con conseguente differenza di Lire 335.820.000 pari al 28,73% dell’effettivo valore;

in tale situazione la corte del merito ha confermato la valutazione del primo giudice in ordine alla esistenza della notevole sproporzione di cui alla L.Fall., art. 67, n. 1, applicabile ratione temporis;

col primo mezzo la ricorrente censura la sentenza per violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 67, sostenendo che la sproporzione tra le prestazioni, affermata nella percentuale suddetta, era in verità corrispondente a percentuale inferiore al 25%, dovendo espungersi dal valore del bene l’ammontare dell’Iva; cosicchè la differenza effettiva tra i valori, al netto dell’Iva, avrebbe dovuto considerarsi pari a Lire 278.000.000 (Lire 978.000.000 – Lire 700.000.000);

col secondo mezzo la ricorrente si duole di un vizio di motivazione della sentenza d’appello, imputandole di aver recepito acriticamente la conclusione della c.t.u. senza prendere in considerazione le critiche mosse dal consulente di parte e senza considerare le risultanze dell’atto pubblico di acquisto del terreno in data 22-1-1987, nella parte afferente i confini;

col terzo motivo la società denunzia infine la violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sull’istanza di nomina di un nuovo c.t.u.;

i primi due motivi sono inammissibili in quanto tesi a ottenere una rivisitazione del giudizio di merito; oltre tutto sono infondati nella tesi che ne costituisce implicito presupposto;

l’impugnata sentenza ha infatti esaminato le risultanze di causa, e ha aderito alle conclusioni del c.t.u. con motivazione completa ed esauriente;

anche peraltro a seguire l’assunto della ricorrente, la sproporzione tra le prestazioni andrebbe calcolata in percentuale prossima al 28%;

la riduzione del 10% del valore del bene, a suo dire necessaria tenuto conto che il bene si trovava in condizione di abbandono, è del tutto assertoria e implica valutazioni di fatto notoriamente inammissibili in sede di legittimità;

in ogni caso la tesi implicitamente sostenuta dalla ricorrente, alla quale è funzionale anche la censura di vizio di motivazione, secondo cui la sproporzione non sarebbe in sè apprezzabile se non superiore a una certa soglia, contrasta col principio assolutamente consolidato per cui, in tema di revocatoria fallimentare, la valutazione sulla “notevole sproporzione” tra le prestazioni eseguite e le obbligazioni assunte dal fallito e ciò che a lui è stato dato o promesso, necessaria per la dichiarazione di inefficacia del negozio ai sensi dell’art. 67, comma 1, n. 1), nella versione anteriore alla modifica di cui al D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni dalla L. 14 maggio 2005, n. 80 (versione qui applicabile ratione temporis), da un lato deve essere effettuata ex ante, ossia al momento della conclusione del contratto, dall’altro prescinde da una misura fissa o da un parametro da cui desumere il depauperamento patrimoniale del debitore (come accade, per esempio, nella lesione ultra dimidium propria della rescissione): è infatti sufficiente, per la sua configurabilità, che tale depauperamento sia consistente, e il relativo giudizio costituisce un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato (v. Cass. n. 13881-15; conf. Cass. n. 14-98);

il terzo motivo è inammissibile perchè l’omissione di pronuncia può essere evocata solo in relazione a domande (o eccezioni) sulle quali il giudice è tenuto a pronunciare, non mai con riguardo a questioni istruttorie;

il ricorso è quindi inammissibile;

le spese seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella percentuale di legge.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2017

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