Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1733 del 20/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 20/01/2022, (ud. 21/09/2020, dep. 20/01/2022), n.1733

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22603-2020 proposto da:

AZIENDA SANITARIA LOCALE DI (OMISSIS) ASL (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, domiciliata presso la cancelleria

della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e

difesa dall’avvocato NICOLETTA CIAVARELLI;

– ricorrente-

contro

C.E., elettivamente domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE

CLODIA, 86, presso lo studio dell’avvocato VERONICA NAVARRA, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 991/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/05/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 21/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

BELLE’.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. la Corte d’Appello di Roma, riformando la sentenza di primo grado, ha accolto la domanda con cui C.E., primario di (OMISSIS) presso l’O.P.S.S. (OMISSIS) di (OMISSIS), aveva chiesto il pagamento, da parte della Asl di (OMISSIS), dell’indennità sostitutiva delle ferie per i periodi non goduti al momento del suo collocamento in quiescenza;

2. la Corte territoriale ha accertato in via testimoniale la grave carenza di personale ed al contempo l’impossibilità di tenere chiusa la (OMISSIS) (servizio che svolge gli interventi di chirurgia rapida) per più di 15 giorni durate l’estate;

3. essa ha poi evidenziato come il numero dei giorni di ferie non godute, quale riepilogato nei prospetti del ricorso, non fosse stato contestato e comunque ha rilevato come la nota 29.3.2012 della Asl desse atto di 122 giorni non usufruiti;

4. la Asl ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi, resistiti da controricorso del C.;

5. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. il primo motivo del ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione del CCNL Area Dirigenza medica e veterinaria 94/97, art. 21, comma 13, del CCNL di tale categoria del 6.5.2010, art. 16, comma 1, nonché del CCNL EDR 1994/1996 del 7.10.1996, art. 7, commi 1, 9 e 15 (art. 360 c.p.c., n. 3) e con esso, richiamando la possibilità del lavoratore di richiedere il godimento delle ferie con tempestività, si sostiene che il diritto alla c.d. monetizzazione delle ferie non potrebbe derivare da qualsivoglia ragione che ne abbia comportato la mancata effettiva fruizione, dovendosi riconnettere tale diritto soltanto a casi in cui emerga una colpa del datore di lavoro, per non avere offerto la regolare fruizione dei dovuti riposi annui;

2. il motivo è infondato, in quanto esso trascura che il principio, in tema di ferie è quello, enunciato dalla Costituzione (art. 36 Cost., comma 3), della loro irrinunciabilità, sicché non possono avere evidentemente rilievo, rispetto al mancato godimento, eventuali comportamenti del lavoratore di mancata richiesta o simili, quand’anche essi fossero previsti dalla contrattazione, rimanendo comunque l’obbligo ultimo del datore di lavoro di curare la tempestiva fruizione dei predetti riposi da parte dei propri dipendenti (v. sul tema, pur se da angolazione particolare, Cass., S.U., n. 9146 del 2009 poi seguita da Cass. n. 2000 del 2017 e Cass. n. 6493 del 2021);

3. il secondo motivo censura la sentenza di appello affermando la violazione dell’art. 115 c.p.c., commi 1 e 2, oltre ad omesso esame di un fatto decisivo, sostenendo non essere vero che non fosse stato contestato il prospetto riepilogativo prodotto dal ricorrente e rimarcando come si trattasse di atto prodotto con il ricorso e non trascritto al suo interno, sicché neppure poteva sostenersi l’esistenza di un onere di contestazione, senza contare che il contenuto di tale prospetto era stato smentito dalla nota Asl del (OMISSIS) con la quale era stata rigettata l’istanza di corresponsione dell’indennità sostitutiva, così come le stesse difese avversarie entravano in contraddizione con il contenuto di esso;

4. il motivo è inammissibile, in quanto, al di là delle questioni sul prospetto addotto dal ricorrente, la Corte d’Appello ha fondato l’accertamento sulla nota Asl del (OMISSIS) (in cui il numero di ferie non godute coincide con quelle rivendicate in causa dal ricorrente), atto la cui interpretazione fornita in sede di merito non può essere censurata in sede di legittimità, se non sulla base delle regole attinenti ai c.d. criteri ermeneutici (art. 1362 ss. c.c.), non richiamati nel motivo, sicché uno degli autonomi fondamenti della decisione resta intatto a prescindere da quanto addotto con il motivo;

5. il terzo motivo afferma infine la violazione dell’art. 116 c.p.c., e del CCNL area dirigenza medica veterinaria 1994/1997, art. 21, e del CCNL 6.5.2010, art. 16, comma 1, oltre ad omesso esame di fatto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5) e con esso la ricorrente afferma di voler criticare la valutazione della prova testimoniale e per interpello svolta in sentenza e sviluppa un’articolata ricostruzione dei fatti di causa e delle emergenze istruttorie;

6. tale impostazione è inammissibile e non in grado di scalfire il fondamento decisorio di cui alla citata nota del (OMISSIS), in cui la Corte di merito ha valorizzato, come detto, l’attestazione del numero di ferie non godute ivi indicate, che è pari a quelle la cui remunerazione è stata rivendicata in causa dal C.;

7. al di là della evidente plausibilità di tale valutazione, la censura si connota in effetti come una complessiva ricostruzione di un diverso possibile esito interpretativo rispetto alle prove disponibili e manifestandosi come espressione di difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte sul valore e sul significato attribuiti agli elementi delibati o all’istruttoria nel suo complesso e così risolvendosi, in sostanza, in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (C., S.U., n. 34476 del 2019; C., S.U., n. 24148 del 2013);

8. alla reiezione del ricorso segue la regolazione secondo soccombenza delle spese del grado.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2022

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