Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17327 del 23/07/2010

Cassazione civile sez. II, 23/07/2010, (ud. 27/05/2010, dep. 23/07/2010), n.17327

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.F., rappresentato e difeso, giusta procura speciale in

calce al ricorso, dagli Avvocati SERAFINI Berardo e Marcella

Badalamenti, elettivamente domiciliata in Roma, Via Emanuele

Filiberto n. 271, presso lo studio del primo;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è

domiciliato;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del Giudice di pace di Palermo depositata in data

7 gennaio 2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27 maggio 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito, per il ricorrente, l’Avvocato Serafini;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, il quale nulla ha osservato in ordine alla

relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ..

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con ordinanza in data 7 gennaio 2009, il Giudice di pace di Palermo ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da M. F. avverso il decreto del Prefetto di Palermo relativo alla contestazione della violazione dell’art. 186 C.d.S., comma 2, con il quale era stata disposta nei suoi confronti la sospensione della patente di guida per un anno;

che il Giudice di pace ha rilevato che il ricorso era stato proposto tardivamente, perchè depositato il 19 dicembre 2008, laddove il provvedimento prefettizio impugnato era stato notificato in data 11 novembre 2008;

che per la cassazione di tale ordinanza, il M. ha proposto ricorso sulla base di un motivo;

che, con l’unico motivo di ricorso, il M., rilevato che il provvedimento prefettizio era stato emesso l’11 novembre e notificato il 20 novembre 2008, formula il seguente quesito di diritto: “E’ legittimo stabilire che il dies a quo per il proponimento dell’impugnazione decorra dall’emissione dell’ordinanza prefettizia e non da quello della comunicazione della stessa?”;

che il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

che, essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che è stata notificata alle parti e comunicata al Pubblico Ministero.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il relatore designato, nella relazione depositata il 12 marzo 2010, ha formulato la seguente proposta di decisione:

“(…) Sussistono le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio, dovendo lo stesso essere dichiarato manifestamente fondato.

Il ricorso è innanzitutto ammissibile perchè l’ordinanza di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 1, è impugnabile con ricorso per cassazione (Cass., n. 28147 del 2009).

Esso è anche manifestamente fondato, poichè lo stesso Ministero dell’Interno, nel proprio controricorso, rileva che l’atto prefettizio impugnato è stato notificato a mezzo raccomandata a/r in data 22 novembre 2008, sicchè l’opposizione proposta in data 19 dicembre 2008 risulta tempestiva”;

che il Collegio condivide la proposta di decisione ora richiamata, alla quale non sono state formulate critiche di sorta;

che appare, peraltro, opportuno ribadire ulteriormente che avverso l’ordinanza con la quale il giudice dell’opposizione dichiara la inammissibilità della stessa per tardività, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 1, è esperibile il ricorso per cassazione (Cass., n. 28147 del 2008);

che non può, in proposito, essere condiviso il diverso orientamento di recente espresso sul punto dalla Sezione Lavoro di questa Corte, la quale, con sentenza n. 4355 del 2010, ha ritenuto che anche dette ordinanze siano appellabili e non ricorribili in cassazione sulla base del rilievo che, pur se, in base al tenore letterale del D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 26, non risulta inciso della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 1, si deve ritenere, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 98 del 2008, che, con la disciplina dettata dal ricordato D.Lgs., il legislatore ha inteso ridurre i casi di immediata ricorribilità per cassazione delle sentenze, mediante l’introduzione dell’appello quale “filtro”, al fine di rafforzare la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, secondo il principio orientatore della delega al Governo per l’emanazione della normativa in questione, quale evidenziato nella relazione ministeriale allo schema del decreto-delegato;

che, invero, prevedendo il citato art. 23, comma 1, espressamente la non impugnabilità dell’ordinanza che dichiara la inammissibilità dell’opposizione tardivamente proposta – dalla quale discende la ricorribilità per cassazione della stessa, trattandosi di provvedimento decisorio e definitivo -, non vi è luogo ad applicare ulteriori criteri interpretativi, desumibili dalla presunta volontà del legislatore di rendere appellabili tutti i provvedimenti adottati nel procedimento di cui alla L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23;

che, peraltro, la residua previsione della ricorribilità per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., quanto alle ordinanza emesse ai sensi dell’art. 23, comma 1, non appare priva di ragionevolezza, posto che, avendo il legislatore delegato, sulla base delle previsioni della legge di delegazione, introdotto il doppio grado di giudizio per le opposizioni di cui alla L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23, la previsione dell’appellabilità anche per le ordinanze che, in limine litis, accertano e dichiarano la tardività dell’opposizione prima ancora della instaurazione del contraddittorio, e non rientrando una simile ipotesi tra quelle per le quali il giudice d’appello deve rimettere la causa al giudice di primo grado ai sensi degli artt. 353 e 354 cod. proc. civ., l’opponente verrebbe privato della possibilità di far valere le proprie ragioni in un giudizio articolato in due gradi;

che, quindi, la prospettata interpretazione secondo cui anche le ordinanze L. n. 689 del 1981, ex art. 23, comma 1, dovrebbero essere ritenute appellabili, non solo non appare conforme con la lettera della legge, ma, al fine di privilegiare una non esplicitata intensione di rendere ogni provvedimento appellabile, finirebbe con l’introdurre nel sistema processuale proprio del giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, una limitazione del diritto alle parti al doppio grado di giurisdizione che, pur se non costituzionalizzato, proprio con la previsione dell’appellabilità delle ordinanze di cui al quinto comma del medesimo art. 23 e di tutte le sentenze, appare avere ispirato la riforma introdotta dal D.Lgs. n. 40 del 2006;

che, pertanto, ribadita l’immediata ricorribilità per cassazione delle ordinanze di inammissibilità adottate ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 1, il ricorso deve essere accolto e l’ordinanza impugnata cassata, con rinvio ad altro Giudice di pace di Palermo, il quale procederà a nuovo esame dell’opposizione nonchè alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altro Giudice di pace di Palermo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2010

 

 

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