Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17325 del 27/06/2019

Cassazione civile sez. I, 27/06/2019, (ud. 29/03/2019, dep. 27/06/2019), n.17325

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21852/2018 proposto da:

A.A., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Cerio Ennio, giusta procura in calce al ricorso

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via Dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato

l’08/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/03/2019 dal Cons. Dott. VELLA PAOLA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Campobasso ha rigettato il ricorso del cittadino bangladese A.A. contro il diniego di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria o in subordine di quella umanitaria, in ragione della ritenuta inattendibilità del racconto del richiedente, dell’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato nel Paese d’origine e, quanto alla richiesta del permesso di soggiorno per motivi umanitari, dell’assenza di specifiche condizioni di vulnerabilità, a tal fine non ritenendo sufficiente la titolarità di un contratto di lavoro.

2. Avverso detta decisione l’ A. ha proposto due motivi di ricorso per cassazione, cui il Ministero intimato ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14, per essere “mancata la valutazione, mediante fonti autorevoli, della situazione del paese di origine del richiedente”.

4. Con il secondo mezzo si lamenta l'”omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, per non avere il Tribunale valutato compiutamente la situazione personale dell’odierno ricorrente e la documentazione prodotta in atti; omessa pronuncia sulla protezione umanitaria, ex art. 360 c.p.c., n. 4″.

5. Entrambi i motivi sono inammissibili perchè del tutto generici e, come eccepito dal Ministero contro ricorrente, afferenti valutazioni di merito.

6. In particolare, la censura motivazionale non rispetta il paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), (come riformulato ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis), il quale contempla l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo per l’esito della controversia, ai cui fini il ricorrente è onerato di indicare – nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U, 8503/2014; conf., ex plurimis, Cass. 27415/2018).

7. Lo stesso giudizio di inattendibilità del richiedente formulato dal tribunale integra un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito – chiamato a valutare se le sua dichiarazioni siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c) – come tale censurabile in cassazione solo nei ristretti limiti del vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. 05/02/2019, n. 3340), come detto non rispettati.

8. In ogni caso, legittimamente il giudice a quo ha fondato il disconoscimento dei presupposti della protezione sussidiaria dalle notizie (COI – Country of Origin Informations) reperite sul sito della (OMISSIS) e nel rapporto di Amnesty International, avendo questa Corte di recente precisato che “in tema di protezione sussidiaria dello straniero prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il dovere di cooperazione istruttoria officiosa sulla situazione del Paese di origine del richiedente che incombe sulle autorità decidenti – ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27,comma 1 bis – è correttamente adempiuto acquisendo le necessarie informazioni anche dai rapporti conoscitivi del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, trattandosi di fonti qualificate equiparate a quelle di altri organismi riconosciuti di comprovata affidabilità e perchè provenienti da un dicastero istituzionalmente dotato di competenze, informative e collaborative, nella materia della protezione internazionale” (Cass. 11103/2019).

9. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna alle spese liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 29 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019

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