Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17323 del 17/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 17/06/2021, (ud. 26/03/2021, dep. 17/06/2021), n.17323

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. MANCINI Laura – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10682/14 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, 12 è elettivamente

domiciliata;

– ricorrente –

contro

DE GEORGIO TRASPORTI S.R.L., in persona del legale rappresentante,

rappresentata e difesa, giusta procura a margine del controricorso e

ricorso incidentale, dall’avv. Luigi M. D’Angiolella, con domicilio

eletto in Roma, alla via Terenzio, n. 7 presso lo studio Titomanlio;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 1821/23/14 depositata in data 20 febbraio 2014

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 marzo 2021

dal Consigliere Dott.ssa Condello Pasqualina Anna Piera.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle entrate notificò, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), alla società De Georgio Trasporti s.r.l. avviso di accertamento, in relazione all’anno d’imposta 2006, contestando i seguenti rilievi:

a) costi non deducibili (interessi passivi) per Euro 10.778,89 recuperati a tassazione per difetto del requisito di cui all’art. 109 t.u.i.r.;

b) costi indeducibili relativi all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per Euro 198.230,00;

c) maggiori ricavi per Euro 118.050,00 (scaturenti da annotazioni extracontabili su fogli volanti rinvenuti in sede di accesso).

2. Proposto ricorso dalla contribuente, la C.T.P. lo rigettò, confermando i recuperi a tassazione. Contro tale sentenza la De Georgio Trasporti s.r.l. propose appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Campania che, con la sentenza in epigrafe richiamata, accolse parzialmente il gravame.

Preliminarmente i giudici di secondo grado ritennero indeducibili gli oneri finanziari, avendo la società dimostrato con la documentazione prodotta che gli interessi passivi derivavano da conti correnti bancari, da mutui, da anticipazioni Ri.Ba. e da commissioni di massimo scoperto.

Ritennero, invece, parzialmente fondato il rilievo afferente il recupero a tassazione dei costi non deducibili relativi all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti; richiamando, al riguardo, la sentenza della C.T.R. n. 244 dell’11 giugno 2013, depositata in data 25 giugno 2013, emessa nell’ambito del giudizio avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento relativo all’anno 2005, che aveva parzialmente accolto le censure della contribuente, affermarono che si trattava di operazioni soggettivamente e non oggettivamente inesistenti, diversamente da quanto ritenuto dai verificatori. Facendo riferimento ai principi espressi dalla sentenza di questa Corte n. 18446 del 2012, secondo cui in ipotesi di fatture che l’Amministrazione riteneva relative ad operazioni inesistenti, gravava su di essa l’onere di provare che le operazioni non erano mai state poste in essere, rilevò che per tali fatture dovessero essere riconosciuti i relativi costi e che l’I.V.A. non fosse deducibile a meno che il contribuente non avesse dimostrato di ignorare la fittizietà della società emittente, ipotesi non ricorrente nella specie, e accolse l’impugnazione ai soli fini delle imposte dirette.

Quanto, poi, al rilievo riguardante il mancato riconoscimento dei costi relativi ai ricavi presuntivamente accertati, osservò che, nel procedere alla determinazione del reddito d’impresa imponibile, l’Ufficio era gravato dell’obbligo di tenere conto dell’incidenza dei costi sostenuti per produrre i ricavi accertati, come confermato dalla sentenza n. 21759 del 2011 di questa Corte; poichè, nel caso in esame, l’Amministrazione finanziaria non aveva riconosciuto alcun costo ai fini della determinazione del reddito d’impresa, in parziale accoglimento dell’appello, dispose che dovesse procedersi alla rideterminazione del reddito d’impresa.

3. L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della decisione d’appello, con due motivi.

La contribuente resiste mediante controricorso e propone ricorso incidentale, affidato a due motivi.

4. Con elenco ex art. 372 c.p.c., notificato a mezzo pec in data 25 luglio 2019, la contribuente ha depositato copia della domanda di definizione agevolata della lite pendente di cui al D.L. n. 119 del 2018, art. 6 e documentazione comprovante il pagamento della prima rata dell’importo dovuto per la definizione della pratica.

In prossimità dell’adunanza camerale la contribuente ha depositato memoria ex art. 380 bis.1. c.p.c., notificata a mezzo Pec dall’Agenzia delle entrate, con la quale, producendo ulteriori ricevute di pagamento, chiede che il processo venga estinto per intervenuta definizione della controversia ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo del ricorso principale la difesa erariale denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Premesso di non voler impugnare la statuizione della sentenza d’appello con cui era stato accolto il motivo di gravame relativo ai costi non deducibili per un ammontare imponibile di Euro 10.779,00, evidenzia, con riferimento alle operazioni inesistenti, che la C.T.R. ha pronunciato facendo riferimento ad altra sentenza, senza motivare la decisione di accoglimento dell’impugnazione. Sottolinea, a tale riguardo, che le fatture per operazioni inesistenti contestate per l’anno 2005 attengono a rapporti commerciali intrattenuti dalla contribuente con la società Logideg e M.A. Trasporti, mentre per l’anno 2006 le operazioni commerciali ritenute oggettivamente inesistenti riguardano rapporti intrattenuti con altre società (Savitrans, Transitaly e M.A.); fatta salva l’autonomia dei periodi d’imposta, la C.T.R. aveva pronunciato per relationem, riferendosi ad altra sentenza di cui non aveva neppure riportato il contenuto e senza enunciare l’iter logico seguito per giungere alla propria determinazione.

Fa, quindi, rilevare che i costi dedotti sono indeducibili e che la C.T.R. si è limitata ad affermare che le operazioni contestate dovevano considerarsi “soggettivamente” e non “oggettivamente” inesistenti, senza enunciare le ragioni di tate conclusione.

2. Con il secondo motivo, denunciando violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., comma 1, contesta alla C.T.R., con riferimento ai maggiori ricavi accertati, di avere ritenuto che l’Ufficio fosse obbligato a rideterminare i costi affrontati ai fini del reddito d’impresa, senza tuttavia indicare la misura di tale rideterminazione forfettaria e senza accennare al recupero dell’I.V.A..

3. Con il primo motivo del ricorso incidentale – rubricato: error in iudicando et procedendo. Omessa pronuncia e/o motivazione. Violazione D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 e D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, violazione art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5 – la contribuente lamenta che la sentenza gravata deve essere riformata perchè l’accertamento avrebbe dovuto essere integralmente annullato.

Sostiene che il verbale di constatazione redatto dai verificatori non costituisce prova sufficiente e che la mancanza di controlli incrociati con la contabilità dei fornitori rende incerto l’esito della verifica; in difetto di riscontri oggettivi, l’accertamento risulta, a suo avviso, fondato su presunzioni non confortate dai requisiti di cui all’art. 2729 c.c., necessari per assurgere al rango di prova.

4. Con il secondo motivo del ricorso incidentale la società contribuente denuncia “Error in iudicando et procedendo. Omessa pronuncia e/o motivazione. Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1973, art. 38. Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5”.

Sostiene la contribuente che l’Agenzia delle entrate intendeva recuperare a tassazione maggiori ricavi (determinati in via induttiva) per Euro 118.050,00 sulla base di fogli manoscritti sui quali erano stati annotati nominativi non identificabili; tali ricavi derivavano da altre entrate di cassa che i verificatori avevano ritenuto non trovassero corrispondenza nella fatturazione della società; neppure si era tenuto conto che dall’unico controllo incrociato non era emersa traccia della miriade di presunti versamenti effettuati dai fornitori.

5. Successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione, la società contribuente ha formulato tempestiva domanda di definizione agevolata della controversia ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 136 del 2018, provvedendo al pagamento di quanto dovuto ai fini della definizione in relazione all’avviso di accertamento oggetto di impugnazione, come emerge dalle ricevute di versamento prodotte.

Considerato che l’istanza di estinzione del processo è stata ritualmente notificata all’Agenzia delle entrate, la quale nulla ha opposto, e che non risulta intervenuto diniego della definizione, in conformità alla richiesta di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere formulata, non residuano ragioni per non realizzare immediatamente la ratio legislativa che nella specie è quella di pervenire all’estinzione del processo pendente, risultando perfezionata la fattispecie estintiva delineata dalla citata norma.

Le spese del processo estinto, ai sensi dell’ultimo periodo del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 13, restano a carico della parte che le ha sostenute.

In ragione della definizione agevolata della controversia, non si ravvisano i presupposti per imporre alla ricorrente incidentale il pagamento del cd. doppio contributo, siccome misura applicabile ai soli casi tipici di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del gravame e, pertanto, non suscettibile, per la sua natura lato sensu sanzionatoria, di interpretazione estensiva o analogica (così Cass., sez. 6-5, 07/12/2018, n. 31372; Cass., sez. 6-5, 07/06/2018, n. 14782; Cass., sez. 6-1, 12/11/2015, n. 23175).

PQM

dichiara estinto per legge il giudizio di cassazione per il verificarsi della fattispecie di cui al D.L. n. 119 del 2018, art. 6, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 136 del 2018, e cessata la materia del contendere.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2021

 

 

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