Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17322 del 17/08/2011

Cassazione civile sez. VI, 17/08/2011, (ud. 05/07/2011, dep. 17/08/2011), n.17322

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 18804/2010 proposto da:

D.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA PANAMA 110, presso lo studio dell’avvocato MERLA

Giovanni, che la rappresenta e difende giusta mandato speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.P.T., C.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 109/2010 del TRIBUNALE di ROMA, SEZIONE

DISTACCATA di OSTIA, depositata il 25/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito l’Avvocato Merla Giovanni, difensore della ricorrente che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. TOMMASO BASILE che aderisce

alla relazione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., regolarmente comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti:

“1. – D.G. ricorre, con atto consegnato per la notifica il 10.7.10, per la cassazione della sentenza del Tribunale di Roma – sez. dist. di Ostia n. 109/10 pubbl. il 25.3.10 e notificata il 12.5.10, con cui è stata rigettata la sua opposizione agli atti nella procedura esecutiva immobiliare ai suoi danni intrapresa da C.M. (e con l’intervento di D.P. T.), avente ad oggetto -secondo quanto si legge nella gravata sentenza – soltanto l’ordinanza del 15.3.06 del g.e., di determinazione delle somme da versare per la conversione. Non risultano controricorsi.

2. – Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio -ai sensi degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c., essendo oltretutto soggetto alla disciplina dell’art. 360 bis c.p.c. (inserito dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. a) – ed essere rigettato, per manifesta inammissibilità, alla stregua delle considerazioni che seguono.

3. – La ricorrente sviluppa un unico motivo, incentrato sulla violazione dell’art. 495 c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis) e dell’art. 112 c.p.c., dolendosi del fatto che la gravata sentenza non avrebbe dato spiegazioni sulle diverse entità via via determinate – con tre distinte ordinanze – degli importi necessari per la conversione e soprattutto sulla lamentata nullità del pignoramento, per avere esso colpito beni costituiti in fondo patrimoniale, nonchè sulla non debenza dell’ingente importo di L. 250 milioni, perchè non sostenute da titolo esecutivo.

4. – Il ricorso non rispetta il principio di autosufficienza: la gravata sentenza chiaramente descrive l’opposizione come rivolta a tre presunti vizi della sola ordinanza del 15.3.06 – di determinazione delle somme necessarie per la conversione – e precisamente nella carenza di una previa comparizione delle parti, nell’ordine di pagamento a ciascun creditore anzichè in cancelleria, nonchè nella previsione della liberazione dal pignoramento all’atto dell’integrale pagamento ed anche senza comparizione delle parti;

pertanto, non corrisponde a guanto si ricava dalla sentenza gravata che si trattasse, secondo quanto oggi sostiene la ricorrente, di opposizione fondata sulla mancata motivazione delle diverse entità delle somme necessarie per la conversione, ovvero sulla nullità del pignoramento, nonchè sulla non debenza di somme; e doveva allora essere rigorosamente riportata, nel ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità, la precisa riproduzione del contenuto del ricorso introduttivo del giudizio di opposizione ex art. 617 c.p.c., sulla cui base ricavare quale fosse, diversamente da quanto ricostruito nella gravata sentenza, effettivamente l’oggetto di quest’ultima; in mancanza e dinanzi alle contrarie univoche risultanze della gravata sentenza in ordine all’oggetto della causa, la fondatezza della doglianza non può essere neppure verificata.

5. – E’ noto che il ricorso per cassazione deve contenere infatti in sè, senza la necessità della disamina di atti ad esso esterni se non nel momento successivo del riscontro di quanto in esso affermato, tutti gli elementi necessari per la decisione ed in particolare la riproduzione integrale quanto meno delle conclusioni e dei passaggi degli atti del processo da cui desumere la fondatezza delle tesi propugnate (in generale sul principio in parola, vedansi, tra le molte, Cass. 30 aprile 2010 n. 10605 e Cass. ord. 23 marzo 2010 n. 6937). E’ così irrilevante che gli atti del processo siano indicati – peraltro pure sommariamente, con accenno generico al “fascicolo di primo grado” – come depositati in uno al ricorso.

6. – Del resto, neppure in astratto sarebbe stato possibile ritenere l’ammissibilità di almeno due tra quelle che la debitrice sostiene essere state le doglianze agitate in sede di merito: vi è difetto di interesse del debitore ad impugnare la mancata indicazione delle motivazioni poste a base dei conteggi delle tre ordinanze di determinazione, rilevando soltanto l’eventuale obiettiva erroneità di quello finale; non determina un’illegittimità in sè dell’ordinanza di determinazione delle somme necessarie per la conversione la nullità del pignoramento per essere il bene oggetto di comunione legale (ed a prescindere dalla questione sulla legittimazione del coniuge debitore a farla valere). Quanto all’ultima delle doglianze, non è, nel regime anteriore alla riforma del 2006, necessario, per prendere parte alla distribuzione e quindi per essere considerati nell’ordinanza ex art. 495 c.p.c., che il credito sia oggetto di un titolo esecutivo.

7. – Pertanto, si propone la declaratoria di inammissibilità del ricorso”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. Non sono state presentate conclusioni scritte; tuttavia, la D. ha presentato memoria ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., comma 3, ed il suo difensore è comparso in camera di consiglio per essere sentito.

3. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, ritiene il Collegio di dovere fare proprio il contenuto della sopra trascritta relazione, visto che le repliche alla stessa, contenute nella memoria depositata dalla ricorrente, benchè esprimano la soggettiva opinione della parte in ordine ai vizi motivazionali in cui sarebbe incorso il giudice a quo, non giustificano il superamento delle considerazioni svolte nella relazione medesima: e tanto perchè del tutto assorbente è la valutazione del “principio di autosufficienza, che questa Corte ritiene applicabile soprattutto dopo la riforma di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69, come reso manifesto dalla consolidata giurisprudenza formatasi anche successivamente, che ha anzi riconosciuto in quella una sorta di codificazione o positivo riconoscimento del principio stesso. Tanto priva di rilevanza, per l’impossibilità di pervenire al loro esame nel merito, le valutazioni ulteriori sulla fondatezza o meno delle altre doglianze.

Pertanto, ai sensi degli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ., il ricorso va dichiarato inammissibile; ma sulle spese del giudizio di legittimità non vi è luogo a provvedere, non avendo gli intimati qui svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 5 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2011

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