Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1732 del 24/01/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 1732 Anno 2018
Presidente: GRECO ANTONIO
Relatore: FEDERICI FRANCESCO

ORDINANZA

sul ricorso 9899-2011 proposto da:
MAUGERI

DARIO

SALVATORE

AGATINO,

elettivamente

domiciliato in ROMA VIA DELLA GIULIANA 66, presso lo
studio dell’avvocato PIETRO PATERNO’ RADDUSA, che lo
e

rappresenta

difende

unitamente

all’avvocato

PIERGIORGIO FINOCCHIARO;
– ricorrente contro

AGENZIA
tempore,

DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –

avverso

la

sentenza

n.

75/2010

della

Data pubblicazione: 24/01/2018

j(
COMM.TRIB.REGYEZ.DIST.

di

CATANIA,

depositata

il

04/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 24/11/2017 dal Consigliere Dott.

FRANCESCO FEDERICI.

Rilevato che:
Maugeri Dario Salvatore Agatino, sulla base di due motivi, ha
tempestivamente impugnato la sentenza n. 75/18/10, depositata il 04.03.2010
dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, Sezione distaccata di
Catania;
ha riferito che il 5.09.2005 dalla concessionaria alla riscossione

293/2005/00221644/34, dell’importo di C 2.470,61 a titolo di maggiore Irpef
sull’indennità di fine rapporto percepita nel 1999 e calcolata dalla Agenzia delle
Entrate a tassazione separata per l’anno 2000. La maggiore imposta era
relativa a quanto ricevuto dalla liquidazione di un conto pensione gestito dal
Fondo Pensione del personale della Deutsche Bank s.p.a., istituto di cui era
stato dipendente tra il 27.10.1976 ed il 31.08.1998 ed al cui fondo integrativo
era stato iscritto prima del passaggio, per cessione di ramo d’azienda, al
Credito Emiliano s.p.a.; l’Agenzia aveva ritenuto errata l’aliquota applicata
sull’imposta autoliquidata;
adito il giudice tributario, la CTP di Catania accoglieva la domanda del
contribuente, ma la commissione regionale riformava la sentenza;
avverso la pronuncia impugnata il ricorrente denuncia:
con il primo motivo l’illegittimità della sentenza, in relazione all’art. 360,
co. 1, n. 4, c.p.c., per l’omessa pronuncia del giudice dell’appello sulla eccepita
inapplicabilità al caso di’specie della disciplina dettata dall’art. 13, co. 9, del
d.lgs. n. 124 del 1993, come stabilito dall’art. 1, co. 5, del d.l. n. 669 del 1996,
convertito con I. n. 30 del 1997, trattandosi di iscritto a forme pensionistiche
complementari da epoca anteriore alla entrata in vigore della disciplina del
1993;
con il secondo motivo per violazione degli artt. 1, co. 3, del d.l. n. 669 del
1996, convertito con I. n. 30 del 1997; 13, co. 9, del d.lgs. n. 124 del 1993;
17, co. 1 e 2, del d.P.R. n. 917 del 1986, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3
c.p.c., per l’erronea applicazione delle suddette disposizioni;

RGN 9899/2011
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Montepaschi Se.ri.t. s.p.a. gli era notificata la cartella di pagamento n.

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l’Agenzia si è costituita contestando i motivi di ricorso, di cui ha chiesto il
rigetto; il ricorrente ha depositato nei termini di legge la memoria prevista
dall’art. 380 bis.1 c.p.c.;

Considerato che:
i motivi di ricorso, che con la denuncia della violazione di norme processuali

pertanto essere unitariamente trattati, sono infondati;
il ricorrente censura la sentenza per l’omessa trattazione dell’eccezione
sulla inapplicabilità al caso di specie della disciplina dettata dall’art. 13, co. 9,
del d.lgs. n. 124 del 1993, come stabilito dall’art. 1, co. 5, del d.l. n. 669 del
1996, convertito con I. n. 30 del 1997, nonché dall’art. 17, co. 1 e 2, del d.P.R.
n. 917 del 1986; lamenta in ogni caso l’erronea applicazione della predetta
normativa, e per l’effetto l’erroneità del ricalcolo, in aumento, della tassazione
degli importi ricevuti nel 1999;
a tal fine il ricorrente afferma che l’art. 13 co. 9 del d.lgs. n. 124 del 1993,
ratione temporis vigente (per effetto della interpretazione resa dall’art. 1, co.
5, del d.l. n. 669 del 1996, convertito in I. 30 del 1997, che ne circoscriveva
l’ambito applicativo temporale; l’art. 13 è stato poi abrogato dal d.lgs. n. 252
del 2005), aveva sottoposto a tassazione separata le prestazioni erogate in
forma di capitale, con i “criteri” previsti dal comma 1 dell’art. 17 TUIR, solo per
gli iscritti a forme di prestazione pensionistica complementare in epoca
successiva al 28 aprile 1993; invece agli iscritti in epoca anteriore al ’93
andava applicato il vecchio regime fiscale, disciplinato dall’art. 17, co. 2, del
TUIR (ora art. 19), come vigente sino al 31 maggio 2000 -indipendentemente
dalla data in cui era sorto il diritto alla percezione- che faceva invece
riferimento alla aliquota determinata agli “effetti” del comma 1 dell’art. 17,
ossia proprio all’aliquota applicata al TFR.
Vi è da rilevare innanzitutto che del tutto estranea alla vicenda oggetto
della presente controversia è la giurisprudenza citata da entrambe le parti, che
fa riferimento all’altra questione, a lungo dibattuta, sul trattamento delle
prestazioni erogate al lavoratore al momento della cessazione del rapporto di
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e sostanziali afferiscono in ogni caso al medesimo oggetto e che possono

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lavoro, riconducibili ora a finalità di tutela assicurativa, ora a forme di tutela
propriamente previdenziale, solo le prime sottoposte alle più vantaggiose
aliquote applicabili ai redditi di capitale, e la cui regolamentazione, a seconda
della iscrizione nei fondi in epoca anteriore o successiva all’introduzione
dell’art. 13, co. 9 cit., ha ricevuto una definitiva interpretazione da Sez. U.,
sent. n. 13642 del 2011;

somme erogate al Maugeri quale iscritto al fondo previdenziale complementare
costituito dalla Deutsche Bank, tant’è che in entrambe le ipotesi ricostruttive
della determinazione dell’imposta dovuta, quella del contribuente, quella della
Agenzia, si tratta sempre di applicare il regime della tassazione separata: per il
contribuente con applicazione dell’aliquota determinata agli “effetti” del comma
1 dell’art. 17, per l’Agenzia con applicazione dell’aliquota determinata con i
“criteri” del primo comma dell’art. 17. La differenza non è ovviamene solo
terminologica, atteso che nel primo caso si applica proprio l’aliquota del TFR,
nel secondo si applica il criterio di determinazione dell’aliquota del TFR, con
l’effetto, nel secondo caso, che l’aliquota medesima può essere in concreto
diversa, se diversi sono gli importi ricevuti a titolo di trattamento di fine
rapporto e a titolo di capitale liquidato dal fondo previdenziale complementare.
Nel caso specifico il capitale erogato a titolo di liquidazione del fondo pensione,
nel 1999, era stato pari a vecchie £ 127.494.480, mentre il TFR maturato sino
al 31.12.1998 (circostanza incontesta dalle parti nei rispettivi atti difensivi) era
di vecchie £ 106.940.817; da tale differenza ben poteva discendere una
differente aliquota a seconda che si applicasse proprio quella determinata agli
effetti del TFR oppure quella con i criteri indicati per la liquidazione dell’imposta
sul TFR dall’art. 17 co. 1 (ratione temporis in vigore);
ebbene, per quanto qui di interesse, anzi decisivo ai fini della decisione,
l’art. 17, co. 2, TUIR, sin dalla sua formulazione originaria (e ancora
persistente nell’attuale art. 19, co. 2), disciplinando “le altre indennità”, cui
sono riconducibili le erogazioni previdenziali in forma di capitale per cui è
causa, espressamente prevedeva differenti modalità di calcolo dell’aliquota
d’imposta a seconda della loro corresponsione al momento della cessazione del
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nel caso di specie invece non è in discussione la natura previdenziale delle

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rapporto di lavoro (prima parte del comma 2) oppure quando corrisposti senza
cessazione del rapporto (ultima parte del comma 2); in quest’ultima ipotesi il
rinvio al comma 1 dell’art. 17 (ora 19) è previsto solo per individuare il
“criterio” di identificazione dell’aliquota, non già per applicare quella
corrispondente al TFR;
perimetrata la fattispecie e identificata la disciplina, nella sentenza il

cessazione del rapporto di lavoro, bensì di una liquidazione, chiesta dal
contribuente al Fondo Pensione per il personale della Deutsche Bank s.p.a. (lui
era dipendente), a seguito del passaggio al Credito Emiliano s.p.a., la somma
erogata era inquadrabile nella categoria delle “altre indennità” per cui andava
applicata la disposizione contenuta nell’art. 17, comma 2, ultimo capoverso».
Del passaggio del Maugeri da un istituto di credito ad un altro per cessione del
ramo d’azienda, e dunque senza cessazione del rapporto di lavoro, fa menzione
la difesa della Agenzia; il dato fattuale non è contestato né diversamente
chiarito dalla difesa del ricorrente. La collocazione della fattispecie nell’ultimo
capoverso del comma 2 comporta che l’aliquota d’imposta applicabile dovesse
determinarsi secondo i “criteri” fissati dal comma 1, sicchè si tratta di un rinvio
al metodo di calcolo della aliquota per il TFR, non già alla specifica aliquota del
TFR. È pur vero che, proseguendo, la sentenza, nel riportare il testo dell’ultimo
capoverso del comma 2, scrive «le altre indennità…sono imponibili per il loro
ammontare netto complessivo con l’aliquota determinata agli effetti del comma
1», ma è evidente che si tratti di un errore materiale commesso nella
trascrizione del passo dell’ultimo capoverso, atteso che inequivocamente
quest’ultimo fa riferimento al “criterio” del comma 1; diversamente non
avrebbe più alcun senso la premessa illustrata dal giudice regionale;
la circostanza che il contribuente abbia percepito la liquidazione di quanto
maturato presso il Fondo pensione, senza cessare dal rapporto di lavoro, dato
valorizzato dalla sentenza del giudice regionale, doveva essere contestata dal
ricorrente, ma non vi è traccia di contestazioni; di contro è lo stesso Maugeri a
riferire che nel 1998, anno di riferimento dell’ammontare di TFR maturato,
utilizzato per la determinazione dell’aliquota, è solo passato da una banca ad
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giudice tributario regionale afferma che «nel caso di specie non trattandosi di

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un’altra per cessione di un ramo d’azienda, così proseguendo il suo rapporto
lavorativo presso il nuovo istituto. A fronte di tali elementi emerge la
correttezza della rideterminazione dell’aliquota, cui la Amministrazione
Finanziaria è pervenuta partendo dalla somma di £ 127.494.480, liquidata per
prestazioni pensionistiche erogate in forma di capitale, e non da quella di £
106.940.817, corrispondente al TFR maturato sino al 31.12.1998, e di cui ha

per la precisione);
i motivi di ricorso sono dunque infondati.

Considerato che
il ricorso va pertanto rigettato; quanto alle spese, la complessità della
vicenda giustifica la loro compensazione.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del presente grado.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Quinta civile
della Corte suprema di cassazione, il giorno 24 novembre 2017.

invece, ed erroneamente, tenuto conto il ricorrente (il suo sostituto d’imposta

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