Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17319 del 24/08/2016


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Cassazione civile sez. VI, 24/08/2016, (ud. 09/03/2016, dep. 24/08/2016), n.17319

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27336/2013 proposto da:

M.D., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

TOLMINO 43, presso lo studio dell’avvocato FRANCO ONGARO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MATTEO DI PEDE giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.D.S.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 84/2013 del TRIBUNALE di VENEZIA del

17/12/2012, depositata il 16/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

1. M.D. ha proposto ricorso per cassazione ai sensi del terzo comma dell’art. 348-ter c.p.c., contro B.D.S.L. avverso la sentenza resa in primo grado in una controversia di opposizione a decreto ingiuntivo dal Tribunale di Venezia il 16 gennaio 2013.

Il ricorso è stato proposto a seguito di dichiarazione di inammissibilità ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., resa dalla Corte d’Appello di Venezia con ordinanza del 1 ottobre 2013 e comunicata in pari data.

2. L’intimato non ha resistito.

3. Prestandosi il ricorso ad essere trattato ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma e ne è stata fatta notificazione all’avvocato della parte ricorrente unitamente al decreto di fissazione dell’odierna adunanza.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., sono state svolte le seguenti considerazioni:

“(…) 3. Il ricorso appare decidibile con il procedimento di cui all’art. 380-bis c.p.c., in quanto appare inammissibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, atteso che nell’esposizione del fatto non si dice alcunchè sui motivi per cui era stato proposto l’appello avverso la decisione oggi impugnata, con la conseguenza che non è possibile comprendere se il potere di impugnazione oggi esercitato con l’unico motivo di ricorso concernesse questioni che erano state devolute al giudice d’appello.

Il principio di diritto che giustifica l’inammissibilità è il seguente: “In caso di ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 3, si applicano le disposizioni di cui agli artt. 329 e 346 medesimo codice, sicchè la parte deve fornire l’indicazione che la questione sollevata in sede di legittimità era stata devoluta, sia pure nella forma propria dei motivi di appello, al giudice del gravame, dichiarato inammissibile ex art. 348 bis c.p.c.. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per non aver il ricorrente indicato come e dove la questione posta con il motivo fosse stata prospettata dinanzi al giudice che aveva pronunciato la sentenza, dovendosi, per l’effetto, considerare preclusa la sua proposizione in appello, trattandosi di questione nuova)” (Cass. n. 2784 del 2015, ma già Cass. (ordd.) nn. 8940, 8941, 8942 e 8943 del 2014.).

4. Peraltro, si osserva che il ricorso si fonda su risultanze processuali delle quali non fornisce l’indicazione specifica ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, nei termini di cui a consolidata giurisprudenza della Corte (ex multis Cass. n. 7453 del 2013), particolarmente quanto al se e dove sia stata prodotta e sia esaminabile la scrittura del 7 luglio 2001 e la citazione in opposizione.

Si aggiunga che l’impugnazione contro la sentenza del Tribunale, pur evocando Cass. n. 7787 del 2010, cui ha fatto riferimento l’ordinanza della Corte lagunare, si astiene dallo svolgere precisi argomenti volti ad evidenziare come e perchè essi non sarebbero adeguati alla fattispecie, mentre l’evocazione di Cass. n. 8991 del 2010 avviene parimenti senza un’idonea attività dimostrativa di come il principio da essa affermato sarebbe applicabile nella specie in modo da giustificare l’ingiustizia della sentenza del primo giudice. Onde, se si scrutinasse il motivo, l’attività diretta ad evidenziare il denunciato error iuris non nemmeno risulterebbe svolta con un’effettiva prospettiva di poter essere ritenuta fondata.

5. Il ricorso appare, comunque, inammissibile per la ragione indicata, cioè per la violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3″.

2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle quali parte ricorrente muove rilievi che non appaiono in alcun modo idonei a superarle.

2.1. Con un primo assunto il ricorrente dissente dalla valutazione della relazione relativa alla carenza di esposizione del fatto e lo fa adducendo che nel ricorso sarebbe stata riportata l’ordinanza della Corte territoriale (che riproduce nuovamente nella memoria), e sostenendo che a pagina 10 del ricorso si era scritto che “la Corte d’Appello di Venezia, nel dichiarare inammissibile l’impugnazione proposta, ha argomentato limitandosi a richiamare acriticamente il principio di diritto enunciato nella sentenza n. 7787 del 31 marzo 2010 di questa Suprema corte, affermando che le argomentazioni in punto di diritto svolte nel nostro atto di appello sarebbero state contrarie all’orientamento giurisprudenziale costante ivi ribadito”.

Sarebbe “pertanto evidente che l’appello proposto era fondato sulla violazione e/o errata applicazione dell’art. 1988 c.c., nonchè sull’erroneità e contraddittorietà della motivazione al riguardo”. Si tratterebbe dello stesso motivo proposto come motivo di ricorso per cassazione.

Prima di tali argomentazioni il ricorrente richiama anche un rigo di Cass. (ord.) n. 12936 del 2014, nel quale si è affermato che chi ricorre ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., “deve necessariamente fornire una sommaria esposizione dello svolgimento del processo con riferimento ad entrambi i gradi del giudizio, segnatamente evidenziando la tempestiva proposizione dell’impugnazione e l’oggetto dei motivi di appello”, ma tale decisione è del tutto consonante con l’orientamento richiamato dalla relazione.

2.2. Ora, nè nell’ordinanza declaratoria dell’inammissibilità dell’appello nè nel passo del ricorso sopra riportato sono evidenziati i motivi o il motivo di appello e ciò è tanto vero che in quello stesso passo si allude genericamente a non meglio specificate argomentazioni in punto di diritto svolte nell’appello.

Ne discende che la prospettazione della memoria risulta priva della benchè minima giustificazione.

2.3. La memoria svolge, poi, rilievi rispetto alla valutazione di inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, ma, mostrando di ignorare il contenuto dell’onere di cui a detta norma e le modalità del suo adempimento, siccome ampiamente individuate dalla giurisprudenza di questa Corte, crede di poter fornire nella stessa memoria l’indicazione di dove sarebbero rinvenibili la scrittura e la citazione.

Senonchè, tale indicazione doveva fornirsi nel ricorso, integrando requisito di ammissibilità del ricorso stesso, e, dunque, è del tutto irrilevante quella che è stata fatta nella memoria.

3. Il ricorso dev’essere, pertanto, dichiarato inammissibile.

4. Non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 9 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2016

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