Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17319 del 19/08/2020

Cassazione civile sez. lav., 19/08/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 19/08/2020), n.17319

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29361-2018 proposto da:

G.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 211,

presso lo studio dell’avvocato RICCARDO ANDRIANI, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato FILIPPO CANGEMI;

– ricorrente – principale –

contro

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI PALERMO, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

MONTE SANTO 2, presso lo studio dell’avvocato FULVIO ROMEO, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati FRANCESCA LUBRANO,

GIORGIO LI VIGNI;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

e contro

G.C.;

– ricorrente principale – controricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 184/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 23/03/2018 R.G.N. 449/2016.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte d’Appello di Palermo ha confermato, con diversa motivazione, la reiezione della domanda con cui G.C. aveva chiesto la condanna della Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo (ASP) al risarcimento del danno da perdita di chance per colpevole ritardo nella definizione della selezione interna, avviata al fine di attribuire la posizione organizzativa di coordinatore amministrativo del Distretto di Bagheria;

la Corte territoriale riteneva non decisivo il fatto, valorizzato dal Tribunale, che la AUSL di Palermo fosse stata soppressa, in quanto la ASP aveva comunque fatto proprie le determinazioni della preesistente ASL e aveva con ciò reiterato il corrispondente vincolo obbligatorio;

la Corte riteneva altresì che il mancato completamento della procedura non potesse essere imputato al mancato concerto sindacale, in quanto la deliberazione originaria dava atto dello svolgimento della trattativa;

viceversa, la sentenza di appello valorizzava due diversi profili, attinenti all’ampio margine di apprezzamento della ASL nel valutare le esigenze aziendali, quale desumibile dalle norme finali del bando, ed al fatto che comunque fosse prevista una valutazione comparativa con esame-colloquio finale, sicchè il nesso causale tra la mancata definizione della procedura e il danno doveva ritenersi escluso;

2. G.C. ha proposto quattro motivi di ricorso per cassazione, resistiti da controricorso della ASP, contenente anche ricorso incidentale condizionato, cui il G. ha replicato con proprio controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo il ricorrente adduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5), assumendo che la Corte territoriale avrebbe attribuito rilievo dirimente alla clausola finale del bando, fornendo di essa, attraverso una motivazione soltanto apparente, un’interpretazione tale da trasformare in mero arbitrio una facoltà ivi prevista in capo alla P.A. e semmai da esercitare non omettendo di fatto l’espletamento della procedura, ma attraverso un provvedimento di sospensione, modifica, proroga o revoca di quanto preventivamente disposto;

il secondo motivo assume invece la violazione e falsa applicazione degli artt. 1324,1363,1366,1367 e 1370 c.c., oltre che degli artt. 1175 e 1375 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) sostenendo che una l’interpretazione della clausola finale del bando sulla base dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 c.c. e ss. non potesse che farla intendere come destinata ad operare solo in presenza di comprovate ragioni di interesse pubblico, ove viceversa il comportamento della ASP si era caratterizzato per un pluriennale ed immotivato omesso espletamento della procedura concorsuale, in violazione degli obblighi assunti come anche dei doveri di comportamento secondo buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c.; il terzo motivo è dedicato dal ricorrente alla denuncia di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5) con riferimento all’avere la Corte territoriale ritenuto che, in presenza di una valutazione comparativa con altri candidati, non potesse configurarsi comunque il diritto al risarcimento per perdita di chance, così operando sulla base di un assunto apodittico ed abnorme, con motivazione soltanto apparente e quindi, in concreto, mancante, sostanzialmente omissiva dell’esame della censura mossa in parte qua con l’atto di appello; con il quarto motivo è denunciato l’omesso esame del predetto motivo di appello, attinente appunto all’erronea affermazione del Tribunale in ordine alla mancanza di prova della concreta possibilità di un’assegnazione della posizione organizzativa in capo al ricorrente, sostenendosi che non si rinvenisse nella sentenza di secondo grado il vaglio di esso;

2. iniziando la disamina dal terzo motivo, si rileva che con esso si adduce quale vizio motivazionale l’essersi ritenuto, da parte della Corte territoriale, che l’esistenza di una valutazione comparativa escludesse il diritto al risarcimento per perdita di chance;

la rubrica del motivo è netta in tal senso ed anche la sintesi critica è formulata affermandosi “l’assoluta apoditticità ed abnornità dell’assunto della Corte d’Appello” in ordine all’effetto escludente che la valutazione comparativa avrebbe avuto sul diritto al risarcimento, tanto che – si legge ancora nel ricorso – “la motivazione sul punto è soltanto apparente e, quindi, in concreto mancante”;

la mancanza di motivazione non può tuttavia essere affermata, perchè la Corte di merito ha espresso in modo chiaro il proprio convincimento sull’esclusione del diritto al risarcimento per effetto della necessità di una valutazione comparativa;

d’altra parte, l’omesso esame di cui all’art. 360, n. 5 non attiene ai profili giuridici della fattispecie, ma alla ricostruzione fattuale (“omesso esame di un fatto”, secondo la dizione della norma nella sua ultima formulazione e qui applicabile ratione temporis) e dunque, in mancanza di aggressione impugnatoria degli eventuali errori di diritto (nel senso stretto in cui essi sono intesi nell’art. 360 c.p.c., n. 3), il difetto motivazionale su profili di fatto (ad es. i possibili esiti della predetta valutazione comparativa) ritenuti, nella ricostruzione giuridica della Corte territoriale, superflui, non può mai assumere rilievo decisivo o rilevanza (v. anche, in generale, Cass., S.U., 7 aprile 2014, n. 8053);

non diversamente, è inevitabile che la Corte territoriale, avendo ritenuto che, a fronte di una valutazione comparativa, non potesse configurarsi la pretesa di lesione di una chance, non vagliasse poi espressamente il motivo di appello con cui la sentenza del Tribunale veniva censurata per avere omesso di apprezzare le ragioni per cui nella comparazione il ricorrente avrebbe presumibilmente dovuto prevalere, sicchè anche il quarto motivo è mal posto;

3. l’inammissibilità dei motivi attinenti al profilo (consequenziale) della configurabilità del diritto al risarcimento, rende superfluo l’esame dei primi due motivi, riguardanti il profilo (preliminare) della sussistenza o meno dell’inadempimento della P.A. ai propri obblighi, di cui alla selezione avviata o comunque anche di buona fede;

se infatti non resta scalfita la pronuncia di appello nella parte relativa al diritto al risarcimento, se anche si dovesse ritenere l’inadempimento, esso non porterebbe comunque all’accoglimento della pretesa azionata (Cass. 24 agosto 2018, n. 21154; Cass. 19 agosto 2016, n. 17214);

4. anche il ricorso incidentale, espressamente condizionato all’accoglimento del ricorso principale, resta assorbito, in quanto tale condizione non si è verificata;

5. in definitiva il ricorso di G.C. va disatteso, con regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali, in misura del 15 ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2020

 

 

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