Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17318 del 24/08/2016

Cassazione civile sez. VI, 24/08/2016, (ud. 10/06/2016, dep. 24/08/2016), n.17318

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3321/2014 proposto da:

P.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

MEDAGLIE D’ORO 10, presso lo studio dell’avvocato LINO MANCINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANDREA CALLAIOLI giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.R., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

MARIAGIULIA GIANNONI giusta procura in calce al controncorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1063/2013 della COR1E D’APPELLO di FIRENZE

de131/05/2013, depositata il 27/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO DOGLIOTTI;

udito l’Avvocato Callaioli Andrea difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso ed in subordine al trattazione in

P.U..

Fatto

FATTO E DIRITTO

In un procedimento di divorzio, tra P.G. e R.R., la Corte d’Appello di Firenze; con sentenza del 31/5/2013, confermava la pronuncia di primo grado, che aveva escluso l’esistenza di una riconciliazione fra i coniugi.

Ricorre per cassazione il marito, che pure deposita memoria difensiva.

Resiste con controricorso la moglie.

E’ bensì vero, come afferma il ricorrente, che la riconciliazione, successiva all’omologa della separazione consensuale o alla pronuncia, in giudicato, di quella giudiziale, fa cessare gli effetti della separazione stessa (per cui, ove intervenga una nuova crisi familiare, si dovrà proporre nuovo ricorso di separazione: nulla ha mutato al riguardo, limitandosi a ridurre i termini dall’udienza presidenziale, la recente L. n. 55 del 2015). D’altra parte, l’eventuale interruzione della separazione dovrà essere eccepita, ai sensi dell’art. 3 L. Divorzio, dalla parte convenuta, che dovrà dunque fornire piena prova dell’intervenuta riconciliazione e dell’integrale ripresa del consortium vitae tra i coniugi.

Con motivazione adeguata e non illogica la sentenza impugnata afferma che il convenuto (odierno ricorrente) non ha fornito piena prova al riguardo.

Il ricorrente chiede di poter fornire la prova, lamentando che il giudice di primo grado aveva respinto i relativi i capi per testi da lui formulati e il giudice di appello, nonostante la sua reiterazione, non li aveva presi in considerazione; ma sul punto il ricorso non è autosufficiente, in quanto non riporta il contenuto dei predetti capi di prova.

Nulla aggiunge di decisivo la memoria depositata, nè si pone in contrasto con l’affermazione di non autosufficienza del ricorso che il Collegio condivide, la sentenza di questa Corte a Sezioni Unite n. 8077 del 2012, richiamata dal ricorrente, ove si precisa che occorre indicare specificamente atti e documenti cui il ricorrente ha fatto riferimento nonchè la loro collocazione, facilitando così il loro reperimento. Si richiamano in particolare l’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4.

Nella specie, il ricorrente non ha depositato l’atto processuale insieme con il ricorso, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., n. 4 e non ha fornito indicazione specifica dell’atto onde facilitarne il reperimento: parla infatti, nel ricorso, di atto di appello, senza chiarire se e dove esso si trova, pur essendo presumibile che esso si collochi nel complesso degli atti del suo fascicolo di parte.

Va del resto precisato che il ricorrente,davanti a questa Corte, non dovrebbe soltanto indicare o riportare il contenuto dell’atto (nella specie, capi di prova dedotti) ma pure argomentare sulla decisività di esso ai fini della pronuncia.

E’ appena il caso di precisare che non può esaminarsi la documentazione prodotta con la memoria, in quanto tardiva.

Va pertanto rigettato il ricorso.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 10 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2016

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