Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17318 del 17/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 17/06/2021, (ud. 25/03/2021, dep. 17/06/2021), n.17318

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 239/2015 R.G. proposto da:

B.E. quale erede di B.L., resp. solid.

(OMISSIS) S.r.l. Fallita, rappresentata e difesa dall’Avv. Edmondo

Tomaselli (pec: edmondotomaselli.ordineavvocatiroma.orq – fax.

(OMISSIS)), presso il cui studio in Roma, Via Collatina, n. 91, è

elettivamente domiciliata;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria centrale, Sezione di

Roma, n. 6537/2013 pronunciata il 27.11.2013 e depositata il

30.12.2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 marzo 2021

dal consigliere Dott. Saieva Giuseppe.

 

Fatto

RILEVATO

che

1. B.A., amministratore della fallita Soc. (OMISSIS) S.r.l., impugnava l’avviso di mora notificatogli dall’Agenzia delle Entrate di Marino relativo a sanzioni irrogate alla società per gli anni 1975-1976, contestando la responsabilità solidale dell’amministratore per debiti tributari della società fallita.

2. Dopo i primi due gradi di giudizio, la Commissione tributaria centrale, Sezione di Roma, con sentenza n. 6537/2013, depositata il 30.12.2013, rigettava l’appello del contribuente avverso la decisione a lui sfavorevole della Commissione tributaria di II grado di Roma.

3. Avverso la decisione anzidetta B.E., erede del contribuente, ha quindi proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste l’Agenzia delle entrate, riservandosi di partecipare alla discussione orale.

4. Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 25 marzo 2021, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c..

5. In data 9 marzo 2021 la ricorrente ha trasmesso in cancelleria una memoria, insistendo nell’accoglimento delle proprie richieste.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione ed erronea applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 98 contestando che detta norma preveda la responsabilità dell’amministratore, in via solidale, per il pagamento di soprattasse o pene pecuniarie irrogate alla società per violazioni ad essa direttamente imputabili.

2. Il motivo è fondato.

3. Ritiene il Collegio che si debba dar seguito all’indirizzo di questa Corte, sezione tributaria, che con sentenza del 05/09/2008, n. 22464, ha consapevolmente disatteso quanto affermato nella precedente sentenza della stessa sezione del 21/12/2007, n. 27036, ed ha ritenuto che “in tema di solidarietà tributaria, l’amministratore o legale rappresentante di società di capitali non è solidalmente responsabile per il pagamento di soprattasse o pene pecuniarie irrogate alla società per violazioni, ad essa direttamente imputabili, di norme relative all’accertamento delle imposte sui redditi contenute nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, applicandosi il principio di solidarietà sancito dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 98, comma 6, alle sole sanzioni civili previste dal titolo III di quest’ultimo decreto”. Ciò in quanto “in tema di solidarietà tributaria, l’amministratore o legale rappresentante di società di capitali non è solidalmente responsabile per il pagamento di soprattasse o pene pecuniarie irrogate alla società per violazioni, ad essa direttamente imputabili, di norme relative all’accertamento delle imposte sui redditi contenute nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, applicandosi il principio di solidarietà sancito dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 98, comma 6, alle sole sanzioni civili previste dal titolo III di quest’ultimo decreto” (Cass. Sez. 5, n. 2404 del 29/01/2019; Sez. 5, n. 26042 del 16/12/2016, Sez. 5, n. 22464 del 05/09/2008, già citata, nonchè, meno recenti, Sez. 1, n. 5055 del 29/04/1993; Sez. 5, n. 2984 del 01/03/2002; Sez. 5, n. 18160 del 20/12/2002; Sez. 5, n. 19857 del 12/10/2005).

4. Da tale indirizzo sì discosta la sola sentenza n. 27036/07 sopra citata, sulla scorta di argomenti, di prevalente carattere logico, che non paiono tuttavia a questo Collegio tali da condurre ad un superamento della precedente giurisprudenza consolidata, atteso che tale decisione non sembra adeguatamente valorizzare il dato letterale desumibile, nella collocazione sistematica della norma, dall’evidente riferimento alle pene pecuniarie e sopratasse previste dal (solo) D.P.R. n. 602 del 1973, nè tiene alcun conto dell’ulteriore argomento rappresentato proprio dalla successiva introduzione, nel sistema, del principio della responsabilità della persona fisica per le violazioni ad essa riferibili, di cui al citato D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 2; introduzione dalla quale è lecito argomentare proprio l’insussistenza di una generalizzata responsabilità degli amministratori per gli illeciti delle persone giuridiche.” (v. Cass. 22464 del 2008 cit.).

5. Con il secondo motivo, che rimane assorbito, la ricorrente deduce una ulteriore violazione di legge, avendo la Commissione ritenuto legittimo l’operato dell’ufficio pur non potendo l’Agente della riscossione procedere in via esecutiva nei confronti del coobbligato, il quale non aveva ricevuto alcuna notifica dell’avviso di accertamento presupposto.

6. La sentenza impugnata va quindi cassata e, ricorrendone le condizioni, la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso introduttivo della contribuente. Le spese del presente giudizio di legittimità liquidate in dispositivo seguono la soccombenza. L’iniziale contrasto giurisprudenziale giustifica la compensazione delle spese del giudizio di merito.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie il ricorso introduttivo del contribuente. Condanna l’agenzia delle entrate al rimborso delle spese del presente giudizio in favore della ricorrente che liquida in Euro 2.700,00, Euro 200,00 per esborsi, nonchè rimborso delle spese generali nella misura forfettaria del 15 %, oltre Iva e Cpa. Compensa tra parti le spese del giudizio di merito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 25 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2021

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