Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17317 del 27/06/2019

Cassazione civile sez. I, 27/06/2019, (ud. 29/03/2019, dep. 27/06/2019), n.17317

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18760/2018 proposto da:

O.M., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Goti Massimo, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, del 04/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/03/2019 dal Cons. Dott. VELLA PAOLA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Bologna ha rigettato il ricorso del cittadino nigeriano M.O. contro il diniego di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria o in subordine di quella umanitaria, in ragione della ritenuta non attendibilità del richiedente, dell’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato nel Paese d’origine e, quanto alla richiesta del permesso di soggiorno per motivi umanitari, di serie e gravi condizioni di vulnerabilità da tutelare, a tal fine non ritenendo sufficiente l’intrapreso tirocinio lavorativo in Italia, tanto più essendo collocati in Nigeria tutti i riferimenti affettivi e familiari del ricorrente.

2. Avverso detta decisione il M. propone due motivi di ricorso, ai quali l’intimato Ministero dell’interno resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14, nonchè “omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata valutazione della situazione esistente in Nigeria e dell’omessa attività istruttoria in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, punto 5)”. In particolare, si lamenta che il tribunale non avrebbe “tenuto conto delle differenze culturali tra la nostra società e quella nigeriana e del basso livello di istruzione e culturale del ricorrente” e che, pur avendo questa Corte escluso, al novembre 2016, che l’intero territorio della Nigeria sia caratterizzato da una situazione di violenza indiscriminata, tuttavia il contrario emergerebbe “dall’analisi dell’ultimo Report aggiornato della Commissione nazionale per il diritto di asilo”.

4. Con il secondo mezzo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, “in relazione alla omessa motivazione per quanto riguarda il riconoscimento di un permesso di soggiorno per motivi umanitari in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, punto 5)”. Al riguardo ci si duole che si sarebbe dovuto tener conto che “il ricorrente si è attivato per raggiungere una significativa integrazione nel territorio nazionale” e che incontrerebbe “difficoltà materiali ed economiche nell’Ipotesi di rientro in patria al fine di assicurarsi una vita dignitosa, dopo aver trovato in Italia un equilibrio sociale”.

5. Entrambi i motivi sono inammissibili perchè generici, risultando del tutto carenti dei necessari requisiti di specificità.

6. In particolare, le censure motivazionali – peraltro formulate promiscuamente con le denunziate violazioni di legge – non rispettano il paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), (come riformulato ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis), il quale contempla l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo per l’esito della controversia, ai cui fini il ricorrente è onerato di indicare – nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U, 07/04/2014 n. 8503; conf., ex plurimis, Cass. 29/10/2018 n. 27415).

7. Con specifico riguardo al giudizio di inattendibilità del richiedente formulato dal tribunale, va rilevato come esso integri un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito – chiamato a valutare se le sua dichiarazioni siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c) – e tale valutazione è appunto censurabile in cassazione nei ristretti limiti del vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. 05/02/2019, n. 3340), come detto non osservati nel caso di specie.

8. In ogni caso, il giudice a quo ha chiaramente indicato le plurime fonti delle “più recenti ed accreditate COI” dal cui esame ha escluso l’esistenza in Nigeria – ed in particolare in Edo State, da cui proviene il ricorrente – di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, idonea a esporre la popolazione civile ad un grave pericolo per la vita o l’incolumità fisica per il solo fatto di soggiornarvi, tanto più non essendo stati rappresentati “peculiari fattori individualizzanti di rischio”.

9. Segue la condanna alle spese, mentre non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, risultando il ricorrente ammesso al patrocinio a spese dello Stato (ex multis, Cass. 28433/2018, 13935/2017, 9938/2014).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 29 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019

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