Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17317 del 24/08/2016

Cassazione civile sez. VI, 24/08/2016, (ud. 10/06/2016, dep. 24/08/2016), n.17317

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2961/2014 proposto da:

M.D. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIO CALGARO,

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.C.R.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PACUVIO 34, presso lo studio dell’avvocato GUIDO ROMANELLI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIA CLEMENTI, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE REPUBBLICA CORTE APPELLO DI VENEZIA, PROCURATORE

GENERALE REPUBBLICA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2004/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA del

10/06/2013, depositata il 09/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO DOGLIOTTI;

udito l’Avvocato Chiara Romanelli e l’Avvocato Pia Clementi per

delega dell’Avvocato Guido Romanelli difensore del ricorrente, che

si riportano agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

In un procedimento di sepazione personale, tra M.D. e C.C., il Tribunale di Vicenza, con sentenza definitiva in data 5/7/2012, pronunciava l’addebito a carico del marito, e disponeva assegno di mantenimento per la moglie.

La Corte di Appello di Venezia, con sentenza del 10/6/2013, confermava la pronuncia del Tribunale, limitandosi a modificare la decorrenza dell’assegno.

Ricorre per cassazione il marito, che pure deposita memoria difensiva.

Resiste con controricorso la moglie.

Possono trattarsi congiuntamente i motivi del ricorso strettamente collegati.

Quanto alla violazione dell’obbligo di fedeltà da parte del marito, questi in sostanza propone una valutazione diversa e alternativa (dunque inammissibile) rispetto a quella assunta dal giudice a quo, con motivazione adeguata e non illogica: tra l’altro, la Corte di merito valorizza le deposizioni delle sorelle della moglie, che non riferiscono solo circostanze de relato, come pretende il ricorrente, ma precisano, una di esse che la relazione extramatrimoniale era di dominio pubblico e che essa aveva visto abbracci confidenziali tra il M. e una sua dipendente, l’altra, di averlo visto una volta entrare nell’abitazione di tale persona e rimanervi dalle ore 23,30 fino all’una di notte, e di essere a conoscenza di un viaggio fatto dallo stesso con la dipendente.

Vi sono quindi – secondo la Corte di Appello – indizi gravi, precisi, concordanti, in piena conformità con le dichiarazioni della C..

Perchè vi sia addebito, come è noto, è necessario che sussista rapporto di causalità tra la violazione dell’obbligo matrimoniale e l’intollerabilità della convivenza. E’ bensì vero, come afferma il ricorrente, che la violazione dell’obbligo di fedeltà non può considerarsi di per sè sola causa dell’intollerabilità della convivenza, e che è necessario fornire prova al riguardo (tra le altre, Cass. N. 8675 del 2013), (va dunque corretta la motivazione della sentenza impugnata, secondo cui l’inosservanza dell’obbligo predetto costituisce violazione particolarmente grave, determinante di regola l’intollerabilità della convivenza e conseguentemente l’addebito). Ma è proprio dall’istruttoria testimoniale (come riportata in sentenza nonchè dallo stesso ricorrente) che emerge palesemente tale nesso di causalità: a fine (OMISSIS) la C. scopriva l’infedeltà del marito e telefonava agitatissima ai genitori, come ha precisato il padre di lei; seguivano ulteriori riscontri della relazione del M., e ai primi di settembre veniva presentato un ricorso di separazione consensuale e successivamente quello di separazione giudiziale. Nè si fa alcun riferimento, neppure da parte del ricorrente, ad un deterioramento del rapporto coniugale, che sarebbe stato causa della relazione extraconiugale.

Nulla aggiunge la memoria del ricorrente che richiama in sostanza profili di fatto ed in particolare il contenuto di alcune deposizioni testimoniali, proponendo come si diceva, una valutazione alternativa rispetto a quella indicata, con motivazione adeguata e non illogica, dal giudice a quo, insuscettibile di controllo in questa sede. Se vi fossero stati errori di fatto da parte del giudice di appello, come sembra sostenere il ricorrente, all’evidenza avrebbe dovuto proporsi revocazione.

Va pertanto rigettato il ricorso.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 3.100,00 comprensive di Euro 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a norma del D.Ls. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 10 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2016

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