Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17311 del 24/08/2016


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Cassazione civile sez. lav., 24/08/2016, (ud. 09/06/2016, dep. 24/08/2016), n.17311

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente –

Dott. VENUTI Pietro – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3660-2014 proposto da:

S.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA SANT’AGATONE PAPA 50, presso lo studio dell’avvocato CATERINA

MELE, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

COINPRE S.R.L., C.F. (OMISSIS), IRMI S.R.L. P.I. (OMISSIS), in

persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente

domiciliate in ROMA, PIAZZA MARGANA 19, presso lo studio

dell’avvocato MAURO TAFURI, che le rappresenta e difende giusta

delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 9921/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 26/11/2013 R.G.N. 878/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;

udito l’Avvocato M.C.;

udito l’Avvocato T.M.;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso, in subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza pubblicata il 26.11.13 la Corte d’appello di Roma rigettava il gravame di S.G. contro la sentenza del Tribunale di Roma che gli aveva riconosciuto, a saldo del risarcimento dei danni derivati dal licenziamento (intimatogli nel 1995 dalla Co.Ma.Pre. S.p.A.) già dichiarato illegittimo all’esito di precedente giudizio, l’ulteriore complessiva somma di Euro 12.801,55 in luogo di quella, maggiore, rivendicata dall’attore. Tale risarcimento era relativo al periodo 1.2.95 – 31.10.04.

Per la cassazione della sentenza ricorre S.G. affidandosi a cinque motivi.

Resistono con unico controricorso la COINPRE S.r.l. (cessionaria del ramo d’azienda, originariamente della Co.Ma.Pre. S.p.A., cui era addetto il ricorrente al momento del recesso poi giudicato come illegittimo) e la IRMI S.r.l. (a sua volta cessionaria, dalla COINPRE, del medesimo ramo d’azienda).

S.G. deposita memoria ex art. 378 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 115 e 429 c.p.c. e omesso esame d’un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, per avere la sentenza impugnata condiviso i conteggi del CTU officiato in prime cure, senza leggere le critiche all’elaborato peritale mosse dalla difesa del lavoratore: in particolare, interessi e rivalutazione sulla sorte erano stati calcolati separatamente, invece di essere calcolati i primi sulla sorte già rivalutata; inoltre, contrariamente a quanto asserito dalla Corte territoriale, il ricorrente aveva subito contestato le conclusioni cui era pervenuto il CTU all’esito delle operazioni peritali, fatto non esaminato dalla sentenza.

1.2. Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 115 c.p.c. e 2909 c.c., per avere la sentenza impugnata violato il giudicato formatosi sull’entità della retribuzione globale di fatto da adottare come parametro del calcolo delle mensilità spettanti a titolo di risarcimento L. n. 300 del 1970, ex art. 18 giacchè all’udienza del 6.2.09 le parti avevano concordato – del che dà pur atto la stessa Corte territoriale – che la retribuzione mensile da porre a base dei conteggi era quella di Euro 2.691,66 alla data del licenziamento, come stabilito dalla sentenza del Tribunale di Roma del 29.3.07, Giudice B.. Tale sentenza (trascritta integralmente in ricorso così come il verbale d’udienza del 6.2.09) aveva riconosciuto quanto chiesto da S.G. per TFR e 15 mensilità sostitutive della reintegra spettanti grazie all’opzione in tal senso manifestata dal lavoratore L. n. 300 del 1970, ex art. 18, comma 5 nel testo previgente rispetto alla novella di cui alla L. n. 92 del 2012, art. 1. Nel fare dò aveva accolto i conteggi del lavoratore basati su una retribuzione mensile, appunto, di Euro 2.691,66. Pertanto – prosegue il ricorso – per effetto del giudicato tale era la retribuzione da prendere come base di calcolo anche nel computo delle retribuzioni arretrate spettanti per il periodo 1.2.95 – 31.10.94, oggetto del presente contenzioso; ciò nonostante la sentenza impugnata si era basata, invece, su una retribuzione mensile di Euro 1.936,66 che le parti stesse avrebbero concordato nel corso delle operazioni peritali nella riunione del 16.4.09, dal cui verbale – anch’esso integralmente trascritto nel corpo del ricorso – non emergeva, però, quanto affermato dai giudici d’appello.

1.3. Il terzo motivo deduce omesso esame d’un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti consistito nel riepilogo dei conteggi depositato dal c.t.p. di S.G., riepilogo basato, appunto, su una retribuzione mensile pari a Euro 2.691,66 alla data del licenziamento.

1.4. Il quarto motivo prospetta violazione dell’art. 2112 c.c. in relazione alla cessione del ramo d’azienda dalla COINPRE alla IRMI, là dove la sentenza impugnata ha ritenuto che, essendo stata dichiarata inefficace nei confronti di Giuseppe S. tale cessione con sentenza n. 1635/08 del Tribunale civile di Roma, tale ultima decisione era, benchè gravata da appello, già idonea a produrre effetti e, perciò, tale da rendere impossibile la condanna solidale delle due società invocata ex art. 2112 c.c. da S.G..

1.5. Il quinto motivo deduce violazione dell’art. 92 c.p.c. nella parte in cui la Corte territoriale ha confermato la compensazione al 50% delle spese (e la ripartizione al 50% fra le parti delle spese di CTU) per la rinuncia all’istanza di sequestro avanzata da Giuseppe S., rinuncia che – invece – era avvenuta solo pro bono pacis e unicamente affinchè la COINPRE nel frattempo versasse (come poi aveva fatto) almeno il minor importo da essa riconosciuto (pari a Euro 81.110,00), di guisa che la soccombenza virtuale era della COINPRE e non del lavoratore.

2.1. Il primo e il secondo motivo – da esaminarsi congiuntamente perchè connessi – vanno disattesi in quanto non autosufficienti nella parte in cui censurano errori che sarebbero stati commessi nell’elaborato peritale, che però non viene trascritto integralmente o nei suoi passaggi decisivi.

Nè il ricorso assolve all’onere di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, non indicando la relazione del CTU fra gli atti e i documenti su cui si basa il ricorso medesimo.

Quanto alla denuncia di omesso esame d’un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti, la doglianza si colloca all’esterno dell’area di cui al nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (applicabile ratione temporis nel caso di specie, vista la data di deposito della pronuncia gravata): il fatto il cui omesso esame è censurabile mediante ricorso per cassazione deve consistere in un evento propriamente inteso nella sua accezione storico-fenomenica e non già in una mera difesa o in un mero fatto processuale (cfr., ex aliis, Cass. S.U. n. 8053/14).

Lo stesso dicasi per il terzo motivo di ricorso, anch’esso da disattendersi.

2.2. E’, invece, fondato il quarto motivo.

La sentenza che accoglie una domanda revocatoria ex art. 2901 c.c. è una sentenza costitutiva e, in quanto tale, non è suscettibile di produrre effetto prima del passaggio in giudicato (cfr., ex aliis e in relazione anche ad altre ipotesi di sentenze costitutive, Cass. n. 13767/15; Cass. S.U. n. 4059/10; Cass. n. 19989/09; Cass. n. 3090/98), passaggio in giudicato che la stessa sentenza impugnata esclude essere avvenuto riguardo alla citata sentenza n. 1635/08 del Tribunale civile di Roma.

Si rivela, quindi, erronea la ratio decidendi in base alla quale la pronuncia in questa sede gravata ha escluso la condanna in solido della cessionaria IRMI insieme con la cedente COINPRE.

2.3. L’accoglimento del quarto motivo di ricorso assorbe la disamina del quinto.

3.1. In conclusione, si accoglie il quarto motivo – con assorbimento del quinto – e si rigettano le restanti censure, con conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che dovrà attenersi al seguente principio di diritto:

“Quella che accoglie una domanda revocatoria ex art. 2901 c.c. è una sentenza costitutiva e, in quanto tale, non è suscettibile di produrre effetto prima del passaggio in giudicato”.

PQM

LA CORTE

accoglie il quarto motivo, dichiara assorbito il quinto, rigetta le restanti censure, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2016

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