Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17311 del 16/08/2011

Cassazione civile sez. I, 16/08/2011, (ud. 18/05/2011, dep. 16/08/2011), n.17311

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23751/2005 proposto da:

C.L., L.S., elettivamente domiciliate in

Roma, alla via Tacito 90, presso lo studio dell’avv. Alberto

Marchetti, rappresentate e difese dall’avv. SAITTA Giuseppe, come da

procura per notaio Cimmino di Pesaro;

– ricorrenti –

contro

COMUNE di LENI, in persona del sindaco p.t., elettivamente

domiciliato in Roma, alla via dei Villini 4, presso lo studio

dell’avv. Arturo Antonucci, rappresentato e difeso dall’avv. RUGOLO

Claudio, come da procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 367/05 della Corte d’Appello di Messina,

emessa il 16.5.05, depositata il 7.5.05;

udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 18.5.2011 dal

Consigliere Dr. Magda Cristiano;

uditi gli avv.ti Saitta e Rugolo;

udito il P.M., nella persona del Sostituto P.G. Dr. PATRONE Ignazio,

che ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo, assorbiti gli

altri motivi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, con sentenza del 17.4.03, pronunciando nella causa promossa da C.L. e da L. S. nei confronti del Comune di Leni per ottenere il ristoro dei danni subiti per la perdita di un terreno di loro proprietà, occupato per la costruzione di un campo di calcio ed irreversibilmente trasformato senza che fosse stato emesso il decreto di esproprio, ritenne nuova, e dunque inammissibile, la domanda di risarcimento del danno da “occupazione usurpativa” asseritamente proposta dalle attrici in corso di causa, mentre accolse quella da occupazione appropriativa formulata in citazione e condannò il convenuto a pagare per tale titolo la somma complessiva di Euro 23.256,02 (liquidata ai sensi della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis), nonchè Euro 1.549,37 quale ristoro del danno subito dalle proprietarie per la perdita di valore del fondo residuo, oltre alla rivalutazione dal 5.10.94 alla data della decisione ed agli interessi legali sulle somme annualmente rivalutate “sino al soddisfo”.

La decisione fu separatamente appellata da entrambe le parti.

La Corte d’Appello di Messina, riuniti gli appelli, con sentenza del 7.5.05, respinse quello avanzato dalle comproprietarie ed accolse parzialmente quello del Comune, riducendo la somma dovuta dall’ente territoriale alle controparti a titolo di ristoro del danno da queste subito per la perdita del terreno ad Euro 12.574,27.

La Corte di merito affermò in motivazione: che le domande risarcitorie da occupazione c.d. appropriativa o acquisitiva e da occupazione c.d. usurpativa erano ontologicamente diverse e che pertanto la seconda, svolta dalle attrici solo in comparsa conclusionale, era inammissibile e che il primo giudice non avrebbe potuto pronunciare d’ufficio sulla stessa, anzichè su quella proposta in citazione, senza incorrere nel vizio di extrapetizione;

che, benchè il Tribunale di Barcellona P.G., con i decisione opinabile, avesse escluso che si fosse formato il giudicato in ordine al valore a mq. del terreno – già accertato con la sentenza n. 309/93 pronunciata fra le parti, con la quale essa Corte aveva liquidato l’indennità di occupazione – e che tale statuizione, non impugnata dal Comune, fosse a sua volta coperta da giudicato, la stima operata dal ctu, alle cui valutazioni il primo giudice si era acriticamente adeguato, era sicuramente eccessiva; che la circostanza che il terreno fosse confinante con un rudere e prospiciente alla via di collegamento (OMISSIS) (che aveva indotto il ctu ed il Tribunale ad attribuirgli un maggior valore rispetto ad altro suolo delle appellanti oggetto di esproprio, per il quale l’indennità era stata determinata con la sentenza n. 312/95) era stata già valutata nella sentenza n. 309/93, nella quale era stata però considerata l’ulteriore circostanza, non tenuta in alcun conto dal primo giudice, che il terreno, pur se edificabile, non era suscettibile di sfruttamento edilizio di tipo intensivo; che andava pertanto confermato il valore, di L. 40.500 a mq. già conferito al suolo nella citata sentenza n. 309/93, anzichè quello di L. 75.000 a mq.

attribuitogli nella decisione impugnata.

C.L. e L.S. hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a quattro motivi. Il Comune di Leni ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo, le ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 99 c.p.c. nonchè vizio di motivazione, lamentano il rigetto della domanda di risarcimento del danno da occupazione usurpativa, proposta già nell’atto di citazione, con il quale – sulla premessa dell’illegittimità dell’occupazione – avevano chiesto che tale danno fosse, in via principale, commisurato al valore venale del terreno e solo in subordine liquidato ai sensi della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis.

2) Con il secondo motivo, le ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, ed osservano che, poichè la delibera del giunta comunale di Leni che autorizzava l’occupazione non conteneva i termini di inizio e di compimento dei lavori nè quelli del procedimento espropriativo, il danno andava liquidato in misura corrispondente al valore venale del terreno.

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, devono essere accolti senza che vi sia necessità di valutare la ricorrenza dei vizi in essi denunciati.

Con la sentenza n. 349 del 2007 la Corte Costituzionale ha infatti dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 7 bis dell’art. 5 bis citato. Venuta meno tale norma, è caduta ogni distinzione, sotto il profilo strettamente risarcitorio, fra occupazione usurpativa e occupazione appropriativa, in quanto, che si versi nell’una o nell’altra ipotesi, il danno deve essere liquidato in misura corrispondente al valore venale del bene.

3) Con il terzo motivo L. e C., lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 2909 c.c. e vizio di motivazione, rilevano che la Corte di merito ha disatteso le conclusioni raggiunte dal ctu (e recepite dal giudice di primo grado) in ordine al valore del terreno in base a circostanze desunte da una sentenza (la n. 312/95) che non era stata acquisita agli atti ed alla quale le parti non avevano fatto riferimento, e che, pur riconoscendo che la decisione sull’ammontare dell’indennità di occupazione non costituiva giudicato in ordine a detto valore, l’ha poi contraddittoriamente confermata in base ad elementi fattuali ignoti, senza attribuire alcuna incidenza a quelli noti.

Il motivo è infondato.

Contrariamente a quanto dedotto dalle ricorrenti, la decisione censurata è stata assunta sulla scorta delle circostanze di fatto accertate nella sentenza, ritualmente prodotta agli atti di causa, con la quale era stata liquidata l’indennità di occupazione relativa al medesimo terreno, che, pur non avendo valore di giudicato fra le parti, ben poteva essere valutata dalla Corte di merito come fonte dalla quale trarre elementi di prova ai fini della formazione del proprio libero convincimento.

4) Con il quarto motivo le ricorrenti, denunciando violazione degli artt. 1223 e 1224 c.c., in relazione all’art. 112 c.p.c. nonchè vizio di motivazione, lamentano che la Corte di merito abbia omesso di pronunciare sulla domanda da esse formulata in grado di appello, di liquidazione dell’ulteriore rivalutazione monetaria e degli interessi legali maturati sino alla data della decisione sulle somme loro riconosciute a titolo risarcitorio.

Il motivo è fondato.

La rivalutazione monetaria e gli interessi costituiscono infatti componenti i dell’obbligazione da risarcimento del danno che devono ritenersi ricompresi nell’originario petitum della domanda risarcitoria, ove non espressamente esclusi, e che vanno pertanto riconosciuti dal giudice d’appello anche d’ufficio (cfr. da ultimo, fra molte, Cass. nn. 20943/09, 15928/09, 5567/09).

L’accoglimento del primo, del secondo e del quarto motivo di ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte può decidere nel merito.

Il terreno illegittimamente occupato e trasformato, avente un estensione di mq. 1.090, è stato stimato dalla Corte di merito in L. 40.500 al mq.

Il danno conseguente alla sua perdita ammonta pertanto a L. 44.145.000, pari ad Euro 22.798,98, cui devono essere aggiunti Euro 1.549,37 liquidati a titolo di ristoro del danno da deprezzamento del fondo residuo.

Sulla somma complessiva di 24.348,35 va calcolata la rivalutazione monetaria in base agli indici ISTAT/costo della vita per famiglie di operai e impiegati dal 5.10.94 ad oggi (coefficiente 1,465).

Si ottengono Euro 35.670,33, che il Comune di Leni va condannato a pagare alle ricorrenti unitamente agli interessi legali sulla somma capitale di Euro 24.348,35, anno per anno rivalutata a partire dal 5.10.95, sino al saldo effettivo.

Le spese dei tre gradi del giudizio vanno compensate fra le parti nella misura della metà e poste a carico del Comune di Leni per le rimanenti metà, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte: accoglie il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso e rigetta il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, condanna il Comune di Leni a pagare a L.S. ed a C.L., in via fra loro solidale, la somma di Euro 35.670,33 oltre agli interessi legali sulla somma capitale di Euro 24.348,35 anno per anno rivalutata, a partire dal 5.10.95 sino al saldo effettivo;

dichiara compensate fra le parti le spese dei tre gradi del giudizio nella misura della metà e condanna il Comune di Leni a pagare alle ricorrenti la rimanente metà, che liquida: per il giudizio di primo grado in Euro 1.481,00 per esborsi, Euro 520,00 per diritti ed Euro 700,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge; per il giudizio di appello in Euro 166,44 per esborsi, Euro 684,12 per diritti ed Euro 1.900,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge; per il presente giudizio di legittimità, in Euro 1.500,00 per onorari ed Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 18 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 agosto 2011

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