Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17306 del 17/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 17/06/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 17/06/2021), n.17306

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO A. Maria – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCI Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. FICHERA Giusep – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 22456/2014 R.G. proposto da:

Paganini s.r.l. (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti

Mauro Beghin, Giuseppe Piva, Marcello Poggioli e Francesco d’Ayala

Valva, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo,

in Roma viale Parioli 43.

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate (C.F. (OMISSIS)), in persona del direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello

Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici in Roma via

dei Portoghesi 12.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 229/06/2014 della Commissione Tributaria

Regionale del Veneto, depositata il giorno 5 febbraio 2014.

Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 23

marzo 2021 dal Consigliere Dott. Fichera Giuseppe.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Paganini s.r.l. impugnò l’avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle entrate, con il quale vennero ripresi a tassazione maggiori redditi ai fini IRES, IRAP ed IVA per l’anno d’imposta 2006.

L’impugnazione venne parzialmente accolta in primo grado, con una riduzione della percentuale di ricarico applicata sulle merci vendute; proposto appello principale dalla Paganini s.r.l. ed incidentale dall’Agenzia delle entrate, la Commissione Tributaria Regionale del Veneto, con sentenza resa il giorno 5 febbraio 2014, respinse quello principale della contribuente ed accolse integralmente il gravame incidentale dell’amministrazione.

Avverso la detta sentenza, la Paganini s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato a sette motivi, cui ha risposto con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso la Paganini s.r.l. eccepisce la violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 39 e 42, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62-sexies, convertito con modificazioni dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, nonchè dell’art. 2729 c.c., avendo il giudice di merito erroneamente affermato che l’avviso di accertamento impugnato risultava sufficientemente motivato.

1.1. Il motivo è manifestamente infondato.

E’ noto che l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento che abbia accertato maggiori redditi, deve ritenersi adempiuto mediante l’enunciazione del criterio astratto in base ai quali sono stati rilevati, con le specificazioni in concreto necessarie per consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa e per delimitare l’ambito delle ragioni deducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa, nella quale l’Amministrazione ha l’onere di provare l’effettiva sussistenza dei presupposti per l’applicazione del criterio prescelto ed il contribuente la possibilità di contrapporre altri elementi sulla base del medesimo criterio o di altri parametri (Cass. 09/05/2017, n. 11270).

E nella vicenda che ci occupa la sentenza impugnata ha ritenuto, con valutazione in fatto qui non sindacabile, che l’obbligo di motivazione fosse stato esattamente adempiuto dall’amministrazione, avendo esternato nell’atto impugnato il titolo e le ragioni poste a fondamento della ripresa a tassazione, senza che l’odierna ricorrente – la quale ha peraltro omesso di riprodurre il contenuto dell’atto impugnato, restando così la doglianza sul punto priva della necessaria specificità – sia stata in grado di confutare seriamente una siffatta conclusione.

2. Con il secondo motivo lamenta la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dell’art. 54 del D.P.R. n. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 39, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62-sexies, convertito con modificazioni dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, poichè la commissione tributaria regionale ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento impugnato, sulla base di tre elementi indiziari erroneamente posti a fondamento della decisione impugnata.

3. Con il terzo motivo deduce la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62-sexies, convertito con modificazioni dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, nonchè del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, avendo erroneamente il giudice d’appello ritenuto, nell’ambito di un accertamento con metodo analitico induttivo, non necessario il calcolo del ricarico adeguato esclusivamente sulla base di una media ponderata su un campione significativo.

3.1. I due motivi, chiaramente connessi per l’oggetto, sono parimenti inammissibili.

Lamentando plurime violazioni di legge, in realtà la ricorrente intende sottoporre ad un nuovo sindacato di merito l’accertamento effettuato dalla commissione tributaria, in ordine alla legittimità dell’avviso impugnato, fondato – come visto – su taluni precisi elementi indiziari, analiticamente riportati nella sentenza impugnata.

Più in dettaglio, è inammissibile il tentativo di rimettere in discussione, in sede di legittimità, il criterio utilizzato dal giudice di merito per determinare la giusta percentuale di ricarico sulle merci vendute dalla contribuente, nè può essere seriamente riproposto davanti a questa Corte un sindacato sul criterio utilizzato dal giudice di merito per determinare il campione significativo di merce, sulla quale verificare il ricarico concretamente applicato.

3.2. Del resto, è noto che secondo l’orientamento di questa Corte, in tema di accertamento delle imposte, il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, consente la rideterminazione dei ricavi e, quindi, dei redditi su base induttiva, facendo ricorso alle presunzioni semplici di cui agli artt. 2727 e 2729 c.c., pur in presenza di scritture contabili formalmente corrette, quando – è esattamente il caso in discussione – la contabilità possa essere considerata complessivamente ed essenzialmente inattendibile (Cass. 11/04/2018, n. 8923; Cass. 11/04/2012, n. 5731).

E sempre questa Corte ha già chiarito che è legittimo il ricorso al metodo analitico-induttivo, del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, sulla base di elementi che consentano di accertare, in via presuntiva, maggiori ricavi, che possono essere determinati – come è avvenuto proprio nella vicenda in esame – anche calcolando la media aritmetica o quella ponderata dei ricarichi sulle vendite (Cass. 13/07/2018, n. 18695).

4. Con il quarto mezzo denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo il giudice di merito omesso di pronunciare sull’eccezione, riferita all’incoerenza del campione di riferimento utilizzato per calcolare la percentuale di ricarico.

5. Con il quinto mezzo denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo il giudice di merito omesso di pronunciare sull’eccezione, concernente l’irrilevanza della errata trascrizione inventariale relativa ai funghi congelati.

6. Con il sesto mezzo rileva vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), considerato che la commissione tributaria regionale non ha esaminato il fatto storico, riferito alla giusta metodologia per determinare il ricarico medio ponderato da applicare.

7. Con il settimo mezzo lamenta ulteriore vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), atteso che la sentenza impugnata ha omesso di esaminare il fatto storico, concernente l’irrilevanza della errata trascrizione inventariale relativa ai funghi congelati.

7.1. I quattro motivi, tutti connessi per l’oggetto, meritano trattazione congiunta e sono parimenti inammissibili.

Invero, è noto che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione (Cass. 29/01/2021, n. 2151; Cass. 09/05/2007, n. 10636).

Nel caso qui in discussione è all’evidenza come la commissione tributaria regionale, nel ritenere legittimo l’avviso di accertamento impugnato accogliendo l’appello incidentale dell’Amministrazione, ha chiaramente inteso respingere, sia pure implicitamente, tutte le doglianze formulate in seno ai motivi di appello dalla contribuente.

7.2. Nè è consentito esaminare i motivi in parola sotto il profilo del vizio di motivazione, come pure ritenuto dalla odierna ricorrente, non venendo qui in rilievo specifici “fatti storici”, decisivi per il giudizio, che siano stati oggetto di discussione tra le parti e poi non siano stati presi in esame dal giudice, trattandosi al contrario di mere argomentazioni difensive allegate dalla contribuente nei motivi appello, per contestare esattamente proprio quei fatti posti a fondamento della decisione di primo grado in quella sede impugnata.

Del resto, le Sezioni Unite di questa Corte hanno già ribadito che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. S.U. 27/12/2019, n. 34476).

8. Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per l’applicazione nei confronti della ricorrente del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, ove dovuto.

P.Q.M.

Respinge il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, liquidate in complessivi Euro 7.800,00, oltre alle spese prenotate a debito ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2021

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