Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17306 del 16/08/2011

Cassazione civile sez. I, 16/08/2011, (ud. 07/03/2011, dep. 16/08/2011), n.17306

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.F.A.M., rappresentata e difesa dall’avv. BENEVENTO

Delfino ed elett.te dom.ta presso il suo studio in Roma, Via F.

Ozanam n. 23;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO DELLA TRECI’ S.r.l.;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Roma depositata il 25 agosto 2005

nella procedura fallimentare n. (OMISSIS);

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7

marzo 2011 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La sig.ra D.F.A.M. rivolse al Giudice delegato al fallimento della Trecì s.r.l., dichiarato l’8 maggio 1995 dal Tribunale di Roma, istanza di compensazione del suo debito verso la fallita di Euro 38.509,39, per il quale la curatela stava procedendo ad esecuzione forzata immobiliare, con parte del suo maggior credito ipotecario di Euro 143.828,48. Il debito derivava da decreto ingiuntivo del 24 novembre 198 9, la cui opposizione era stata respinta con decisione confermata in appello il 29 ottobre 1996 e in cassazione il 3 aprile 2000. Il credito era basato su due lodi arbitrali del 30 novembre 1988 e del 18 luglio 1992 ed era stato ammesso al passivo fallimentare, a seguito di opposizione, con sentenza pronunciata dal Tribunale nel 2002 in base a transazione stipulata dalla sig.ra D.F. con la curatela.

Il Giudice delegato, sentito il curatore, respinse l’istanza per difetto dei presupposti della compensazione, e il Tribunale respinse, poi, il reclamo proposto dall’interessata ai sensi della L. Fall., art. 26.

Ad avviso del Tribunale il provvedimento del Giudice delegato era corretto sia perchè nel giudizio di accertamento del debito della istante l’eccezione di compensazione era stata disattesa; sia perchè difettava il presupposto della contemporaneità dei reciproci crediti delle parti in epoca anteriore alla dichiarazione del fallimento, dato che solo dopo di questa era divenuto esigibile il credito della società fallita, avendo la curatela dovuto coltivare la relativa azione per diversi gradi di giudizio; sia perchè quando la sig.ra D.F. raggiunse con il curatore l’accordo transattivo che diede luogo all’ammissione del suo credito al passivo fallimentare, era perfettamente consapevole del proprio debito, che tuttavia non dedusse in compensazione, onde il successivo riconoscimento di quest’ultima avrebbe pregiudicato l’interesse della massa dei creditori.

Avverso il decreto del Tribunale la sig.ra D.F. ha quindi proposto ricorso per cassazione per un solo, complesso motivo, cui non ha resistito la curatela fallimentare.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Va preliminarmente dato atto di un’istanza di rinvio dell’udienza di discussione fatta pervenire, nell’imminenza dell’inizio dell’udienza stessa, dal difensore della ricorrente;

istanza disattesa in mancanza di prova dell’impedimento allegato dall’istante.

2. – Con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione della L. Fall., e difetto di motivazione. Si osserva che, a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale, entrambi i reciproci crediti delle parti erano sorti in epoca anteriore alla dichiarazione del fallimento, e solo il loro definitivo accertamento era successivo;

che se nel giudizio relativo all’accertamento del debito della sig.ra D.F. era stata esclusa la compensazione per difetto del requisito della determinatezza del credito della debitrice verso la società fallita, era poi sopraggiunta la transazione con La curatela e la conseguente sentenza di ammissione al passivo, che aveva conferito al credito il requisito mancante; che la transazione non avrebbe potuto essere la sede per invocare la compensazione, dato che occorreva previamente attribuire al credito il requisito della determinatezza, ed è evidente che la sig.ra D.F. si era risolta ad accettare una consistente riduzione, in sede transattiva, della sua pretesa proprio al fine di ovviare alle lungaggini del giudizio di opposizione allo stato passivo ed ottenere, finalmente, una sentenza di liquidazione del proprio credito che le consentisse di avvalersi della compensazione e sventare, in tal modo, la minaccia della vendita forzata della propria abitazione nella procedura esecutiva intrapresa dalla curatela.

2.1. – Il motivo non può trovare accoglimento.

La compensazione estintiva di un’obbligazione accertata con decisione passata in giudicato non può essere opposta dal debitore se il credito opposto in compensazione sia sorto anteriormente alla formazione del giudicato, che preclude l’efficacia dei fatti estintivi o impeditivi ad esso contrari, ma può esserlo soltanto se il credito sia sorto successivamente (cfr., tra le molte, Cass. 9347/2009, 9912/2007, 2822/1999).

Nella specie è appunto pacifico che il debito della ricorrente era stato accertato con sentenza passata in giudicato, con cui era stata anche respinta l’eccezione di compensazione, ed è altresì ammesso – anzi sottolineato – dalla ricorrente che i fatti costituitivi del suo credito erano anteriori al fallimento, e dunque al giudicato sul suo debito.

Correttamente, pertanto, il Tribunale ha in primo luogo rilevato il giudicato contrario alla compensazione già formatosi con il rigetto della relativa eccezione nel giudizio in cui è stato accertato il debito della Sig.ra D.F..

Nè vale evidenziare la posteriorità al giudicato dell’atto di transazione e della conseguente sentenza di ammissione del credito al passivo fallimentare, perchè questi non sono fatti costitutivi del credito. Certamente non lo è la sentenza, che riguarda il solo accertamento, non il sorgere, del credito stesso; nè può dirsi che lo sia la transazione, le uniche indicazioni sul contenuto della quale, fornite in ricorso, fanno pensare ad un mero atto di riduzione dell’importo della originaria pretesa della creditrice.

3. – Il ricorso va dunque respinto.

Data la mancanza di attività difensiva della parte intimata, non vi è luogo a provvedere sulle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 agosto 2011

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