Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17305 del 27/06/2019

Cassazione civile sez. I, 27/06/2019, (ud. 13/03/2019, dep. 27/06/2019), n.17305

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16782/2018 proposto da:

M.O., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Romagnoli Marco, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno – Commissione Territoriale per il

Riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, del 22/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/03/2019 dal cons. FEDERICO GUIDO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con ricorso tempestivamente depositato in data 18.01.2018, M.O., cittadino del (OMISSIS), impugnava dinanzi il Tribunale di Ancona il provvedimento notificato l’11.01.2018 con cui la Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Ancona, gli aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale e di quella sussidiaria.

Riferiva, invero, di essere omosessuale e di essere stato scoperto in intimità con il proprio partner dal datore di lavoro, che aveva invitato entrambi i ragazzi ad andarsene pena la “persecuzione”.

Il Tribunale di Ancona, con decreto n. 6494/2018 rigettava la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato e quella di protezione sussidiaria ed umanitaria, ritenendo non sussistenti i presupposti per la concessione di alcuna forma di protezione.

Avverso detto decreto propone ricorso per cassazione, articolato in due motivi, M.O..

Il Ministero dell’Interno non ha svolto nel presente giudizio attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo la parte ricorrente deduce l’omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia per aver il Tribunale valutato in modo sommario e superficiale la vicenda del ricorrente, escludendone la credibilità.

Il motivo è inammissibile per un duplice ordine di ragioni.

L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico, denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez.U. 8053/2014).

In secondo luogo si osserva che il Tribunale ha ritenuto non credibili le dichiarazioni del ricorrente circa il fatto di essere omosessuale, poichè il medesimo – sebbene interrogato sul punto – non è stato in grado di circostanziare gli accadimenti, anche con riferimento ai fatti che hanno determinato l’espatrio, ed in quanto le dichiarazioni si erano manifestate contraddittorie ed affette da “incoerenza interna”.

Ebbene, la valutazione di credibilità dell’istante per la protezione internazionale costituisce un giudizio demandato al giudice di merito, non censurabile con riferimento alfa mera insufficienza o contraddittorietà della motivazione e – men che mai – prospettando, come fa il ricorrente nel motivo in esame…addirittura sollecitando una lettura comparata del verbale di audizione e del provvedimento di diniego della protezione – una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Cass. 3340/2019; 25703/2018).

Con il secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 12, comma 1 bis per non avere il Tribunale rilevato che il ricorrente in sede di audizione innanzi alla Commissione era stato ascoltato da un solo membro anzichè da tutti i componenti dell’organo, con conseguente violazione del diritto di difesa.

Il motivo di ricorso è inammissibile per novità della questione e nel merito infondato.

Si osserva al riguardo che nessuna pronunzia risulta emessa al riguardo nè dal Tribunale nè dal giudice di appello; da ciò discende che il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, aveva l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito (Cass. 2140/2006).

Anche sotto altro profilo la censura è inammissibile per carenza di interesse.

Il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 12, comma 1 bis prevede infatti la possibilità, non già l’obbligo per il ricorrente di essere ascoltato dinanzi all’intera commissione, su richiesta dell’interessato. Stante la natura di tale facoltà, non si può dedurre una violazione del diritto di difesa del ricorrente che sia stato ascoltato da un solo membro anzichè dall’intero collegio componente la Commissione territoriale.

Deve infatti rilevarsi che l’omissione dell’avvertenza allo straniero che egli può essere sentito anche dall’organo collegiale, anzichè da un singolo componente, non dà luogo alla nullità dell’audizione – che è pienamente consentita anche in forma monocratica – e che può essere integrata solo ove il difetto dell’avvertenza di legge (di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 12, comma 1 bis) abbia cagionato al richiedente asilo una specifica e sicura lesione dei suoi diritti fondamentali, circostanza che dev’essere allegata in modo circostanziato e denunciata in sede di prima impugnazione giurisdizionale (Cass. 19040/2018).

Considerato che il ricorrente è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 13 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2019

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