Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17302 del 30/07/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 17302 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CRUCITTI ROBERTA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AGENZIA delle ENTRATE,

in persona del Direttore

generale pro tempore, elettivamente domiciliata in
Roma, via dei Portoghesi n.12, presso gli uffici
dell’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è
rappresentata e difesa
-ricorrentecontro
LOCMAN S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, per procura a margine
del

ricorso

dal

Prof.Avv.Raffaello

dall’Avv.Claudio Lucisano e, con loro,

Lupi

e

elettivamente

domiciliata presso lo studio di consulenza giuridico

Data pubblicazione: 30/07/2014

tributaria in Roma, via Boezio n.16.

controricorrente-

avverso la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale della Toscana-Sezione staccata di Livorno
n.14/14/08 depositata il 3.4.2008;

udienza del 27.2.2014 dal Consigliere Roberta Crucitti;
udito per la ricorrente l’Avv.Fabrizio Urbano Neri;
udito per la controricorrente l’Avv.Raffaello Lupi;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott.Ennio Attilio Sepe che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso,

o in subordine, per

raccoglimento per quanto di ragione.

Svolgimento del processo
Con la sentenza, indicata in epigrafe, la Commissione Tributaria
Regionale della Toscana-sezione staccata di Livorno, rigettava l’appello
dell’Agenzia delle Entrate ed accoglieva l’appello incidentale della
contribuente, avverso la decisione di primo grado che -in parziale
accoglimento del ricorso proposto dalla Locman s.p.a. avverso l’avviso di
accertamento, relativo ad IRAP e IRPEG anno di imposta 2002, (con il
quale erano stati ripresi a tassazione una serie di costi ritenuti indeducibili)aveva riconosciuto tutti i costi correttamente dedotti dalla contribuente ad
eccezione delle spese di viaggio all’estero sostenute in favore di due
consulenti della Società.
La Commissione Tributaria Regionale, annullava integralmente

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udita la relazione della causa svolta nella pubblica

l’atto impositivo rilevando:
-in ordine alla contabilizzazione delle provvigioni degli agenti che,
per contratto, tali provvigioni maturavano al momento del pagamento da
parte del cliente onde sino a tale data non poteva ritenersi il costo certo e
determinabile, con conseguente correttezza della contabilizzazione come

contratto era stato stipulato;
– in ordine ai compensi corrisposti al consulente Palmarini che il
ragionamento posto dall’Ufficio a base del recupero parziale non teneva
conto che la durata del contratto era biennale e che l’anticipata cessazione
dello stesso comportava automaticamente la conversione degli anticipi in
compensi;
-in ordine al recupero dei costi inerenti ai furti di merce, che la vera
beneficiaria dell’assicurazione, pagata dai clienti, era la Società la quale
provvedeva ad emettere, in caso di furto, nota di credito;
-in ordine alle spese per viaggio all’estero dei consulenti che le
stesse fossero state documentate e ne fosse stata dimostrata l’inerenza;
-in ordine, infine, alle spese di consulenza in favore di dipendente di
società collegata, ritenuta dall’ufficio priva di operazione sottostante, che la
stessa era stata effettivamente pagata e la ricostruzione dell’Ufficio
“provava troppo” laddove il contratto stipulato con la società collegata
poteva anche essere interpretato diversamente.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione affidato a
quattro motivi l’Agenzia delle Entrate.
Locman s.p.a. ha resistito con controricorso.

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operata dalla Società anche se in esercizio diverso da quello in cui il

Motivi della decisione.
1.Con il primo motivo —rubricato violazione o falsa applicazione dell’art.75
del d.p.r. n.917/1986 e dell’art. 1748 c.c. — l’Agenzia delle Entrate, con
riferimento al rilievo avente ad oggetto i costi per provvigioni, deduce
l’errore commesso dalla C.T.R. nell’avere ritenuto, giusta le previsioni

ad esistenza nel momento di esecuzione da parte del terzo della propria
prestazione. Secondo la prospettazione difensiva, tale tesi era erronea in
quanto, da un canto, si poneva in contrasto con il principio della necessaria
correlazione tra costi e ricavi, dal quale discende che le provvigioni erogate
agli agenti sono deducibili, agli effetti della determinazione del reddito di
impresa della società intimata, nel momento in cui si considerano acquisiti i
ricavi; dall’altro dimenticava che il requisito della certezza doveva essere
inteso alla luce del principio della competenza economica.
All’illustrazione del motivo segue il quesito ex at.366 bis c.p.c. :..se in tema

di reddito di impresa e ai sensi dell ‘art. 75 del TUIR, l’esercizio il cui costo
di cui alla provvigione spettante all’agente assume rilevanza ai fini della
determinazione del reddito di impresa del preponente, anche nell’ipotesi in
cui il pagamento della’ provvigione stessa sia subordinato alla regolare
esecuzione dell’affare da parte del cliente terzo, si identifichi con quello in
cui si è perfezionato il contratto tra il preponente stesso ed il cliente, con
l’esecuzione delle vendite oggetto del contratto stesso, e non già l’esercizio
in cui le provvigioni vengono pagate all’agente, come erroneamente
ritenuto dai giudici a quibus.
Il motivo, contrariamente a quanto dedotto in controricorso, è

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contrattuali, che il requisito di certezza e determinabilità del costo venisse

ammissibile non ravvisandosi la genericità addotta dalla controricorrente ed
apparendo il su riportato quesito idoneo allo scopo siccome rispondente ai
dettami di cui alla giurisprudenza consolidata di questa Corte.

Il motivo è, però, infondato, alla luce dei principi espressi da questa Corte,

sospensivamente collegato al buon fine dell’affare, secondo cui “in tema di
imposte sui redditi, e con riferimento alla determinazione del reddito
d’impresa, l’art. 75, comma secondo, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917,
disponendo che i ricavi ed i costi di cui nell’esercizio di competenza non sia
ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare
vanno imputati all’esercizio in cui si verificano tali condizioni, esclude la
deducibilità di provvigioni non ancora certe e determinate nella loro
debenza e nel loro ammontare, in quanto contrattualmente condizionate al
buon fine delle prestazioni, non ricorrendo, fino al momento in cui dette
prestazioni non siano ultimate effettivamente, il requisito della certezza,
normativamente prescritto ai fini dell’imputabilità ai costi di esercizio”.
Tali principi, cui il Collegio ritiene dare continuità, mantengono la loro
validità anche alla luce della versione attuale dell’art.1748 c.c. il quale, nel
prevedere che la provvigione spetti all’agente nel momento in cui il
preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione in base al
contratto concluso con il terzo ammette, comunque, una diversa pattuizione
tra le parti, e, quindi, nel caso in esame, la legittimità della previsione
contrattuale per cui il diritto alle provvigioni veniva a maturarsi al “buon
fine” dell’affare. Conclusione questa non contrastante, ma anzi
implicitamente ammessa, anche dalla più recente giurisprudenza in materia

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in fattispecie analoga alla presente in cui il diritto alla provvigione era

di questo Giudice di legittimità (Cass.n.9539/2011) il quale nell’affermare
il principio secondo cui “per determinare il momento in cui le provvigioni
dell’agente possono essere dedotte bisogna far sempre riferimento all’art.75,
comma secondo, TUIR con la conseguenza che esse sono deducibili
nell’esercizio corrispondente al momento in cui il contratto promosso

espressamente quale momento “generatore” del costo (e della sua
deduzione) in linea di principio, non solo quello dell’esecuzione del
contratto del terzo ma, anche, quale limite, inderogabile, l’adempimento da
parte del terzo.
2. Con il secondo motivo di ricorso, articolato ai sensi del n.5; I
comma, dell’ art.360 c.p.c., si denuncia la sentenza impugnata di
insufficiente motivazione. Secondo la prospettazione difensiva il fatto
controverso e decisivo era “se gli acconti corrisposti all’agente Palmarini
nel 2002 fossero da considerare compensi da imputare per competenza
all’esercizio 2002″ mentre la motivazione, sul punto, fornita dal Giudice di
appello non aveva tenuto conto di circostanze pacifiche (i compensi
definitivi non erano inferiore agli acconti, come risultante dalla lettura
dell’avviso di accertamento, ed il rapporto tra la società intimata e l’agente
aveva avuto termine nel febbraio 2003 e non nel 2002) che, se valutate,
avrebbero determinato una decisione diversa da quella assunta.
Il motivo è inammissibile per inconferenza con il decisum non
attingendo la ratio della decisione impugnata.
La Commissione Tributaria Regionale ha, invero, motivato
l’annullamento dell’avviso di accertamento con la diversa argomentazione,

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dall’agente è eseguito o avrebbe dovuto essere eseguito” prevede

non attinta dal mezzo, secondo cui, a fronte della durata biennale del
contratto e della circostanza che la fine del rapporto era già conosciuta
dall’azienda quando ha dovuto redigere il bilancio per l’anno 2002,
correttamente la contribuente aveva tenuto presente detta circostanza nel
contabilizzare integralmente gli anticipi corrisposti in quell’anno senza

3. Anche con il terzo motivo di ricorso, relativo al rilievo attinente a
costi inerenti a furti di merce, si censura, ai sensi del n.5, I comma
dell’art.360 c.p.c., la sentenza impugnata di insufficiente motivazione per
non avere la Commissione di seconda istanza tenuto conto del fatto che dai
documenti allegati l’intero rischio da furto era addossato ai clienti i quali, tra
l’altro, versavano i premi assicurativi.
Il motivo è inammis’ sibile.
Sul punto, infatti, la Commissione Tributaria regionale della
Toscana ha sufficientemente motivato, dando atto degli elementi fattuali
dedotti come non valutati dalla ricorrente, ma giungendo ad un
accertamento in fatto diverso da quello prospettato dalla ricorrente.
Argomenta, infatti, il Giudice di appello che la Locman faceva
pagare il costo del trasporto e dell’assicurazione al cliente ma, dal
momento che in caso di furto provvedeva ad emettere una nota di credito,
era la beneficiaria del contratto assicurativo.., dal momento che il cliente
finale non subiva le conseguenze della mancata consegna della merce
..Pertanto è corretta l’imputazione l’imputazione del valore della merce
sottratta come perdita che andrà diminuita del valore degli indennizzi
ricevuti che costituiscono un parziale ristoro del costo maturato.

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tenere conto del calcolo delle provvigioni concretamente motivate.

Appare, quindi, evidente l’inammissibilità della censura attinente, in
effetti, ad un difforme apprezzamento dei fatti e delle prova dato dal
giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte (cfr. tra le tante Cass.
n.17447/2007).
4. Con il quarto motivo si deduce, sempre ai sensi dell’art.360, I

della sentenza che ha annullato l’atto impositivo con riferimento al rilievo
avente ad oggetto il costo sostenuto per consulenza ritenuto dall’Ufficio
relativo ad un’operazione inesistente.
In particolare, la ricorrente- trascritti, in ossequio al principio di
autosufficienza, integralmente il contenuto dell’avviso di accertamento (nel
quale vennero riportati tutti i vari contratti intervenuti tra la contribuente ed
il Feigenbaum e la ricostruzione operata dall’Ufficio al fine del
disconoscimento dell’effettività della prestazione di consulenza) nonché
dell’atto di appello (con cui a seguito della pronuncia sfavorevole di primo
grado venivano ribadite le circostanze fattuali emergenti dall’avviso di
accertamento)- rileva come la motivazione resa dalla C.T.R., sul punto, sia
apodittica ed illogica, facendo perno su una affermazione priva di spessore
argomentativo e, soprattutto, abbia trascurato tutti gli elementi indiziari
addotti dall’Ufficio a sostegno della fittizietà del contratto di consulenza.
Il motivo autosufficiente, come sopra evidenziato, e corredato da
idoneo momento di sintesi ‘ex art.366 bis c.p.c., è ammissibile e fondato.
Costituisce ius receptum che il vizio motivazionale ex n.5. I comma,
art.360 c.p.c., censurabile in sede di legittimità, sussiste qualora dal
ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza

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comma n.5, c.p.c., un ulteriore vizio di insufficiente motivazione del capo

impugnata, emerga l’obliterazione di elementi che avrebbero potrebbero
condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva
carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico
che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento
(di recente, ad ulteriore conferma dell’orientamento consolidato, S.U.

Nel caso di specie -a fronte del fatto decisivo, nell’accezione
rilevante ai sensi dell’art.360 n.5 c.p.c., costituito dalla prova (incombente
sulla Società) che l’operazione, oggetto di rilievo, fosse reale e non fittizia
(ovvero costo non inerente come, al contrario, ritenuto con l’atto
impugnato)- la sentenza impugnata è sostanzialmente basata sulle
argomentazioni che la fattura, relativa al costo ritenuto non inerente, era
stata pagata e che gli elementi addotti dall’Ufficio a sostegno della fittizietà
dell’operazione “provassero troppo” atteso che le parti contraenti non
avevano alcun motivo di prevedere necessariamente una retribuzione di $
180.000 in favore del Feigenbaum , accollandone una parte alla Locman
s.p.a. Laddove avessero voluto far ricadere parte del costo dell’operato
del Feigenbaum sulla società italiana era sufficiente prevedere una
retribuzione di $ 150.000 a carico della società americana e poi stipulare il
contratto di consulenza senza esporsi alle illazioni dell’Ufficio.
La motivazione, così argomentata, si risolve in una petizione di
principio di insufficiente chntenuto argomentativo, laddove non tiene conto
degli elementi fattuali, considerati nel loro complesso, portati dall’Ufficio
(quali, a seguito dell’acquisizione di pacchetto azionario della Locman
USA Co., la stipula di contratti “parasociali” ed, in particolare del cd.

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n.24148 del 25/10/2013).

ESENTE DA REGISTRA/IONE.
Al SENSI DEL D.P.R. ^>b/-4/1986
N. 131 TAB. ALL. B. – N. 5
MATERIA TRIBUTARIA

Master Agreement, ) al fine di ritenere il costo in esame non deducibile
perché fittiziamente creato e che, ove congruamente valutati, avrebbero
potuto, in tesi, condurre ad una diversa soluzione della controversia alla luce
del principio pacifico per cui grava sul contribuente l’onere della prova dei
fatti che danno luogo a oneri o costi deducibili.

altri, la sentenza impugnata va cassata e la controversia rimessa al Giudice
di merito perché provveda al riesame ed al regolamento delle spese
processuali di questo grado.
P.Q.M.

La Corte, in accoglimento del quarto motivo di ricorso, rigettati gli altri,
cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione
della Commissione Tributaria Regionale della Toscana
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27.2.2014.

In conclusione, in accoglimento del solo quarto motivo e rigettati gli

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