Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1730 del 27/01/2020

Cassazione civile sez. II, 27/01/2020, (ud. 29/04/2019, dep. 27/01/2020), n.1730

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. SANGIORGIO Maria Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21319-2015 proposto da:

P.A., e per essa P.F., elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA CHIUSI 31, presso lo studio dell’avvocato FABIO

SEVERINI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

JACOPO TOGNON, SERGIO TOGNON;

– ricorrente –

contro

PI.AN., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PRISCIANO 28,

presso lo studio dell’avvocato DANILO SERRANI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato SILVIA MAINARDI;

– controricorrente –

e contro

P.F., PI.FR., PI.CL., P.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 157/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 22/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/04/2019 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.-Con atto di citazione notificato nel marzo del 2004 i fratelli O. ed P.A. convennero in giudizio i figli dell’altro fratello Al., deceduto, An., L., F., Fr. e P.M., per sentir accertare che i beni immobili intestati al padre degli stessi erano stati in effetti acquistati in comproprietà tra tutti i fratelli P., come da scrittura del 1946. Mentre Fr., M. e P.F. aderirono alle domande degli zii attori, Pi.An. contestò la pretesa. Nel corso del procedimento gli attori notificarono alle controparti costituite atto di rinunzia agli atti del giudizio, sicchè Vada Tribunale di Padova emise ordinanza di estinzione ex art. 306 c.p.c.

Pi.An. propose gravame avverso detto provvedimento, chiedendone l’annullamento con rimessione della causa al primo giudice. Si costituì P.A., alle cui contestazioni aderì P.F., per sè e quale erede della sorella L., nelle more deceduta. Gli altri soggetti evocati, anche quali eredi di L. ed P.O., rimasero contumaci.

2.-La Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 22 gennaio 2015, accolse il gravame, osservando che, in base all’art. 306 c.p.c. la declaratoria di estinzione del processo a seguito di rinunzia presuppone l’accettazione delle controparti, indispensabile, invero, secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, solo in presenza di un interesse della controparte ad ottenere una pronuncia giudiziale, perchè da questa otterrebbe un risultato più favorevole rispetto a quello, comunque positivo, conseguente alla estinzione del processo. Nella specie, Pi.An. aveva chiesto in primo grado l’accertamento che la pretesa di O. ed P.A. fosse prescritta, nonchè il risarcimento del danno conseguente alla incauta trascrizione della infondata lite. E dunque ella aveva interesse alla pronuncia. Inoltre, il giudice di primo grado non aveva provveduto neanche sulle spese di lite, nonostante il disposto dell’art. 306 c.p.c.

3.-A seguito di tale sentenza Pi.An. riassunse il giudizio innanzi al Tribunale di Padova. In pendenza del termine per la costituzione nel giudizio così riassunto, la soccombente, P.A., rappresentata da P.F., ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico, articolato motivo, illustrato anche da successiva memoria. Resiste con controricorso Pi.An..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Deve, preliminarmente, essere esaminata la richiesta della controricorrente di integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c. Rileva Pi.An. che la ricorrente P.A. ha omesso di coinvolgere nel presente giudizio le altre parti di quello di secondo grado, e cioè P.F. in proprio, oltre che come procuratore di P.A., Pi.Cl., Fr. e P.M., pur sussistendo una ipotesi di litisconsorzio necessario, in quanto, traendo la presente controversia origine da una domanda di accertamento della proprietà in capo a tutti i fratelli P. degli immobili elencati nell’atto di citazione del marzo 2004, si tratta di causa inscindibile ai sensi dell’art. 331 c.p.c.

2. – In argomento, rileva la Corte che, dovendo essere il ricorso principale disatteso per le ragioni di cui in prosieguo, la Corte stessa è esentata dal valutare le questioni processuali sollevate in ordine alla regolarizzazione del contraddittorio, dovendo farsi applicazione del principio della “ragione più liquida”, in base al quale – quand’anche dei relativi adempimenti sussistesse effettiva necessità – la loro effettuazione pur nell’ininfluenza sull’esito del giudizio sarebbe lesiva del principio della ragionevole durata del processo (v. Cass. sez. U. n. 26373 del 2008; sez. U, n. 6826 del 2010; n. 2723 del 2010; n. 15106 del 2013; sez. U, n. 23542 del 2015; nonchè, da ultimo, Cass., n. 10839 del 2019).

3.- Con l’unico motivo di ricorso, che in realtà si articola in quattro profili di censura, si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione degli artt. 306,345 e 112 c.p.c. in riferimento ai principi di cui agli artt. 99,100,101 e 345 c.p.c. Posto che, secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, richiamato dalla sentenza impugnata, l’accettazione della rinunzia agli atti è presupposto necessario della declaratoria di estinzione del processo a norma dell’art. 306 c.p.c. solo in presenza di un interesse della controparte ad ottenere una pronunzia giudiziale al fine di conseguire un risultato più favorevole rispetto a quello conseguente alla estinzione (Cass., sent. n. 9066 del 2002), la ricorrente contesta la sussistenza dei diversi profili di interesse di Pi.An. ad ottenere detta pronuncia. Sotto il profilo della domanda risarcitoria in relazione alla ingiusta trascrizione della domanda attorea, nega la ricorrente che sia mai stata proposta da Pi.An. alcuna domanda di risarcimento dei danni, per essersi limitata la stessa a farne riserva in comparsa di risposta, ed essendosene trattato solo sommariamente e con espressioni di stile con l’appello, in violazione dell’art. 345 c.p.c. Parimenti non sarebbe tutelabile l’interesse della attuale controricorrente ad ottenere una pronuncia sulla prescrizione, in quanto nella comparsa di risposta e nelle memorie Pi.An. aveva chiesto in via principale il rigetto puro e semplice della domanda attorea, mentre la eccezione di prescrizione aveva natura se mai subordinata, per l’ipotesi in cui la scrittura del 1946, cui l’attuale controricorrente negava valore di riconoscimento della comproprietà degli immobili di cui si tratta in capo agli attori. fosse stata riconosciuta efficace ai fini della domanda attorea. Peraltro, avendo il giudice di primo grado riconosciuto che detta scrittura era un atto solo ricognitivo e quindi insufficiente a trasferire la proprietà in capo agli attori, egli non si sarebbe mai pronunciato sulla prescrizione. Anche con riguardo alla mancata cancellazione delle trascrizioni ad opera del provvedimento di estinzione, osserva la ricorrente che mancava un interesse di Pi.An. alla pronuncia, non avendo la stessa mai proposto domanda sul punto, e tenuto conto che sarebbe stato necessario ai fini della cancellazione il consenso della convenuta, mai intervenuto. Infine, non era riscontrabile un interesse della convenuta alla liquidazione delle spese, cui il giudice non aveva provveduto con la ordinanza di estinzione del giudizio, considerato che da parte attorea era sempre stata formulata offerta di pagamento delle spese in misura conforme a quella che il giudice avrebbe potuto operare. E comunque il giudice di secondo grado si era pronunciato sulle spese, compensandole interamente, sicchè non era dovuto nulla per le spese del giudizio di primo grado.

4. – Il motivo è destituito di fondamento.

Invero, risulta evidente, al contrario di quanto sostenuto dalla ricorrente, l’interesse di Pi.An. ad ottenere una pronuncia di merito con riguardo a ciascuno dei profili evidenziati dalla stessa nel gravame e puntualmente presi in considerazione dalla Corte di merito nella sentenza che ha dichiarato la nullità della ordinanza resa del Tribunale di Padova ex art. 306 c.p.c.

Quanto alla domanda di risarcimento dei danni conseguenti alla trascrizione della domanda attorea, l’attuale controricorrente aveva evidenziato dall’inizio del procedimento di avere intenzione di conseguire detto risarcimento, tant’è che si era riservata di chiederlo, sia in primo grado che in sede di gravame, come si evince dall’esame delle conclusioni per l’appellante riportate nella sentenza impugnata. La circostanza che si fosse trattato di una riserva anzichè di una apposita domanda giudiziale non vale ad escludere che la parte avesse manifestato il proprio interesse ad ottenere il ristoro dei danni conseguenti alle ingiuste trascrizioni delle domande attoree e non avesse affatto inteso non coltivarlo. E tanto è sufficiente per affermare che Pi.An. avrebbe dovuto accettare la rinuncia agli atti da parte degli attori affinchè potesse determinarsi l’effetto della estinzione del giudizio.

Parimenti, per analoghe ragioni, deve riconoscersi in capo alla controricorrente l’interesse a proseguire il giudizio con riguardo a quella che – a differenza di quanto sostenuto dalla ricorrente – costituiva non già una mera eccezione di prescrizione, ma una specifica ed autonoma domanda di accertamento della intervenuta prescrizione della domanda attorea. Anche con riferimento a tale profilo, dalle conclusioni per l’appellante riportate nella sentenza della Corte d’appello di Venezia impugnata emerge che Pi.An. non si era limitata a chiedere il rigetto delle domande attoree, intendendo provocare una pronuncia sul punto in questione, e quindi un accertamento definitivo della intervenuta prescrizione delle pretese avversarie che la estinzione del giudizio non le avrebbe certamente consentito di ottenere. Infatti, in caso di estinzione del processo, la medesima domanda che ne era oggetto avrebbe potuto essere ripresentata, laddove l’accertamento richiesto dalla Pi. la avrebbe posta al riparo da ulteriori pretese. Le ulteriori obiezioni mosse dalla ricorrente attengono al merito delle questioni sollevate e non possono, pertanto, trovare ingresso nella presente sede.

Altro profilo di interesse di Pi.An. alla prosecuzione del giudizio riguardava la cancellazione della trascrizione delle domande cui avevano provveduto gli originari attori A. ed P.O.: interesse la cui evidenza nasceva dalla impossibilità, o quanto meno della difficoltà, per la prima di disporre liberamente della quota dei beni di cui si tratta a lei spettante in presenza di detta trascrizione. Irrilevante al riguardo risulta il rilievo della ricorrente relativo alla mancata proposizione di una domanda in tal senso della interessata, posto che l’ordine di cancellazione proviene direttamente dal giudice.

Infine, anche con riguardo alla mancata liquidazione delle spese in favore della convenuta nel provvedimento di estinzione, sussiste un evidente interesse della stessa, cui la ricorrente contrappone la circostanza, peraltro non provata, e comunque irrilevante, di aver offerto di pagare le spese del primo grado del giudizio.

In definitiva, non può negarsi sotto alcun profilo l’interesse della attuale controricorrente ad ottenere una pronuncia giudiziale, in quanto essa le consentirebbe di ottenere una utilità maggiore di quella che conseguirebbe per effetto della estinzione del processo. Correttamente, pertanto, la Corte lagunare, alla stregua dell’art. 306 c.p.c., ha ritenuto che, in assenza di accettazione da parte di Pi.An. della rinuncia agli atti del giudizio ad opera della attuale ricorrente, non potesse pronunciarsi la estinzione.

5. – Il ricorso deve, conclusivamente, essere rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali, quantificate come in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 4300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 29 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2020

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