Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1730 del 20/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 20/01/2022, (ud. 21/09/2020, dep. 20/01/2022), n.1730

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16466-2020 proposto da:

COMUNE DI POZZUOLI, in persona del Dirigente pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FASANA N. 21, presso lo

studio dell’avvocato MICHAEL LOUIS STIEFEL, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIUSEPPE FERRARO;

– ricorrente –

contro

T.A., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE

FLAMINIO 34, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO NUNE’,

rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO CALO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6953/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 02/01/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 21/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

BELLE’.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. la Corte d’Appello di Napoli, riformando la sentenza di primo grado del Tribunale della stessa città, ha accolto la domanda con la quale T.A., dirigente del Comune di Pozzuoli, aveva chiesto la condanna dell’ente al pagamento in suo favore delle ferie non godute al momento del collocamento in quiescenza;

2. la Corte d’Appello ha sostenuto che il ricorrente, quanto alle ferie, fosse privo di potere decisionale autonomo, in quanto esisteva una procedura autorizzativa complessa, che lo inseriva in una gerarchia in cui egli sottostava sia ad un Capo Dipartimento, sia al Direttore Generale;

3. il Comune di Pozzuoli ha proposto ricorso per cassazione con sei motivi, resistiti da controricorso del T..

4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.;

5. entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. il primo motivo di ricorso è rubricato come violazione dell’art. 24 Cost., e degli artt. 112,115 e 116c.p.c., nonché dell’art. 345 c.p.c., violazione dell’art. 36 Cost., comma 3, dell’art. 2109 c.c., commi 2, 3 e 4, e del D.Lgs. n. 66 del 2003 (art. 360 c.p.c., n. 3), violazione del minimo costituzionale di motivazione e, per quanto rileva, omesso esame di fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5);

2. nel motivo si sostiene che la Corte territoriale, valorizzando il fatto, nuovo ed emerso solo in sede di appello, che il T., nonostante fosse dirigente, non avesse il potere di organizzare le proprie ferie, avrebbe finito per fondare la decisione su una circostanza neppure dedotta nel ricorso introduttivo, impostato sulla diversa circostanza che le ferie non avessero potuto essere godute per esigenze di servizio dovute alla raccolta differenziata dei rifiuti;

3. il motivo sottolinea altresì come fosse da considerare de relato adori e quindi nulla, la circostanza desunta dalla testimonianza acquisita in causa, secondo cui il T. si sarebbe più volte lamentato della mancata concessione delle ferie;

4. il secondo motivo afferma la violazione degli artt. 111 e 3 Cost., rispetto al principio di parità delle parti nel processo, nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 101 c.c., e dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte territoriale ammesso la sola deposizione del teste O., indicato dal T., negando la prova diretta e contraria articolata dal Comune, senza motivare sul perché di tale discriminazione;

5. il terzo motivo adduce la violazione degli artt. 99, 112 e, per quanto di rilievo, 345 c.p.c., per extrapetizione e violazione della

corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, richiamando ancora una volta l’ampliamento fattuale del thema decidendum conseguente alla valorizzazione della scala gerarchica operata dalla Corte d’Appello, nonostante di essa il ricorso introduttivo non avesse parlato;

6. i primi tre motivi, stante la loro connessione, possono essere esaminati congiuntamente;

7. la domanda di pagamento dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute ha come fatti costitutivi il mancato godimento delle ferie maturate nel corso del rapporto di lavoro e la cessazione di quest’ultimo, mentre costituiscono eccezioni l’esistenza del potere in capo al lavoratore di autoorganizzare i propri periodi di ferie, come potrebbe derivare dalla sua posizione di dirigente ed è infine oggetto di un ulteriore fatto costitutivo, pur in presenza di tale potere di autoorganizzare le ferie, l’impossibilità di fruirne per esigenze improrogabili di servizio (Cass. n. 1793 del 1996);

8. tutto ciò in quanto l’esistenza del rapporto di lavoro è di per sé causa di maturazione di ferie, con diritto irrinunciabile (Cass. n. 13613 del 2020), sicché al lavoratore non può chiedersi di provare altro se non la maturazione delle ferie e, come detto, stante il principio per cui esse di regola si hanno per fruite, il mancato godimento dei dovuti riposi (Cass. n. 8521 del 2015) e, sempre per effetto dell’irrinunciabilità, la cessazione del rapporto quale condizione necessaria per la monetizzazione;

9. a fronte di tali circostanze, il datore di lavoro può imputare al lavoratore di essersi posto nelle condizioni di non godere delle ferie, ma a tal fine va dimostrato che il lavoratore potesse autoorganizzarsi le ferie stesse, come potrebbe essere, ma non necessariamente sempre e’, per i dirigenti (Cass., SU, n. 9146 del 2009 e, poi, Cass. n. 6493 del 2021);

10. ne deriva che la Corte territoriale, valorizzando il fatto in ordine alla sottoposizione del T. ad una duplice gerarchia che condizionava il godimento da parte sua delle ferie, non ha per nulla esorbitato dalla causa petendi, apprezzando l’inesistenza di una circostanza, ovverosia l’esistenza o meno del potere di autorganizzazione in capo al lavoratore, che costituisce oggetto di eccezione in senso lato e che, come tale, oltre a poter essere rilevata d’ufficio, va poi esaminata in tutte le sue sfumature, positive o negative, nei termini in cui l’assetto circostanziale emerga dall’istruttoria svolta;

11. l’emergere di fatti quale conseguenza dell’attività istruttoria è poi effetto del tutto fisiologico dello sviluppo probatorio, sicché non vi è luogo a discorrere di tardivo ingresso nel processo;

12. è poi ininfluente che tra le varie circostanze indicate dalla Corte territoriale nel proprio argomentare vi fosse anche la lamentela del T. con propri colleghi, in merito alla mancata concessione delle ferie, in quanto si tratta di elemento secondario, certamente non decisivo rispetto all’asse decisionale, che la sentenza impugnata colloca nella interferenza, rispetto alla fruizione delle ferie, che è derivata dalla linea gerarchica autorizzatoria cui era soggetto il lavoratore, seppure dirigente;

13. la censura in ordine alla mancata ammissione delle prove dedotte dal Comune è invece inammissibile perché nel motivo non è riportato il tenore di tali deduzioni testimoniali, sicché risulta impossibile apprezzare la rilevanza ed ammissibilità delle corrispondenti circostanze rispetto a quanto oggetto del decidere;

14. il quarto motivo è rubricato come violazione degli artt. 2697 c.c., degli artt. 115 e 116c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) oltre che come omesso esame di fatti decisivi ed obiettiva carenza del procedimento logico che ha indotto al convincimento (art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5);

15. il motivo si articola attraverso l’esposizione di alcuni profili della sentenza impugnata che attesterebbero la contraddittorietà logica di essa e l’inidoneità di quanto addotto dalla Corte territoriale al fine di definire il proprio convincimento di merito;

16. si tratta tuttavia di aspetti non decisivi nel senso ritenuto dall’ente;

17. infatti, l’avere il ricorrente dedotto nel ricorso introduttivo di espletare una funzione apicale non contrasta con l’assenza di un potere del medesimo di autoorganizzare i periodi di ferie, in quanto una cosa è la posizione di vertice rispetto a certe funzioni svolte ed altra cosa è che comunque la fruizione delle ferie trovasse condizionamenti in decisioni altrui;

18. analogamente il fatto, parimenti dedotto dal ricorrente, che egli avesse per le vie brevi richiesto al servizio risorse umane di poter godere dei periodi di ferie non esclude di certo che la linea gerarchica autorizzatoria fosse quella poi ricostruita in istruttoria e dalla sentenza impugnata, anche perché comunque quelle richieste, secondo le deduzioni del T., erano state comunque disattese;

19. il fatto poi che il c.c.n.l., all’art. 17, prevedesse che il Dirigente potesse di regola autoorganizzare le ferie è sottoposto, dalla stessa norma collettiva, al rispetto “dell’assetto organizzativo dell’ente”, il che non è in contrasto, ma è invece del tutto coerente, con la circostanza che in concreto l’organizzazione del Comune di Pozzuoli sottoponesse le ferie alla linea autorizzativa di cui si è detto, così come l’avere il teste O. riferito che di rado fosse consentito ai dirigenti con incarichi a tempo determinato di fruire delle ferie, non significa necessariamente che il T., per quanto dirigente effettivo, non fosse sottoposto alla predetta gerarchia, non risultando in concreto padrone di decidere da solo sulle proprie ferie;

20. il quinto motivo afferma la violazione ed omesso esame della disciplina del CCNL Area Dirigenza Regioni ed Enti Locali del 10.4.1996, con riferimento all’art. 17, commi 8 e 13, anche in relazione all’art. 36 Cost., e all’art. 2109 c.c. (art. 360 c.c., nn. 3 e 5);

21. premesso che gli effetti giuridici di una certa norma contrattualcollettiva non possono considerarsi fatto la cui mancata considerazione possa avere rilievo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, che ha riguardo ai fatti storici, in ogni caso già si è detto come le previsioni del CCNL non siano per nulla incompatibili con l’assetto organizzativo quale ricostruito dalla Corte di merito e dunque anche questo motivo, con cui si adduce appunto che la pretesa troverebbe ostacolo nel regime di cui al CCNL, va disatteso;

22. infine, il sesto motivo afferma la violazione dell’art. 116 c.p.c., comma 2, e dell’art. 117 c.p.c., nonché delle citate norme collettive (art. 360 c.p.c., n. 3), oltre ad omesso esame di fatto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5), per non avere la Corte territoriale considerato che la contrattazione prevedeva la richiesta scritta delle ferie, mentre il ricorrente, in interrogatorio libero, aveva ammesso di averne fatto soltanto richieste verbali;

23. si tratta di motivo infondato, in quanto il datore di lavoro è obbligato a porre in ferie il dipendente, senza possibilità neppure, come si è detto, di una rinuncia e monetizzazione di esse, se non quando ne risulta impossibile la fruizione e quindi a fine rapporto e ciò anche a prescindere dalla richiesta del lavoratore, sicché le previsioni negoziali di forme non sono certamente in grado di condizionare efficacemente i conseguenti diritti del lavoratore;

24. il ricorso va quindi disatteso, con regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di legittimità, con distrazione in favore del difensore della parte controricorrente che ne ha fatto richiesta.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15% ed accessori di legge, con distrazione;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2022

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