Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17299 del 17/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 17/06/2021, (ud. 17/03/2021, dep. 17/06/2021), n.17299

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15225/2018 R.G. proposto da:

Agenzia Territoriale per la Casa del Piemonte nord, in persona del

legale rapp.te p.t., elett.te domiciliata in Roma, alla via Tacito

n. 10, presso lo studio dell’avv. Enrico Dante, da cui è rapp.ta e

difesa, unitamente all’avv. Lorenzo Bertaggia, come da procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Cerano, in persona del Sindaco p.t., elett.te domiciliato

in Roma alla via Cosseria n. 5, presso lo studio dell’avv. Guido

Francesco Romanelli, unitamente all’avv. Maurizio Fogagnolo, dai

quali è rapp.to e difeso come da procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 119/01/18 della Commissione Tributaria

Regionale del Piemonte, depositata il 18/1/2018, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17 marzo 2021 dalla Dott.ssa Milena d’Oriano.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. con sentenza n. 119/01/18, depositata il 18 gennaio 2018, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte rigettava l’appello proposto dall’Agenzia Territoriale per la Casa (di seguito A.T.C.) del Piemonte Nord avverso la sentenza n. 1574/1/15 della Commissione Tributaria Provinciale di Novara, con compensazione delle spese di lite;

2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione del diniego del rimborso richiesto dall’A.T.C. del Piemonte Nord in relazione all’IMU 2012, che si riteneva versata in eccedenza per la mancata concessione dell’esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), rispetto ad una serie di immobili concessi in locazione a terzi per finalità sociali, a fronte del pagamento di un canone molto modesto, parametrato non al valore di mercato bensì allo stato di bisogno degli assegnatari;

3. la CTP aveva rigettato il ricorso, ritenendo insussistenti i presupposti oggettivi e soggettivi per il riconoscimento dell’esenzione; la CTR aveva confermato la decisione di primo grado rilevando che gli immobili delle A.T.C. sono soggetti ad un regime impositivo speciale che non consente l’estensione dell’esenzione, in ogni caso misura agevolativa insuscettibile di applicazione analogica, e ciò indipendentemente dal fatto che gli stessi possano qualificarsi come alloggi sociali;

4. avverso la sentenza di appello, la A.T.C. del Piemonte Nord ha proposto ricorso per cassazione, consegnato per la notifica in data 23 maggio 2018, affidato un unico motivo, e depositava memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c.; il Comune ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con unico motivo di ricorso l’Agenzia ricorrente censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. i), in combinato disposto con il D.Lgs. n. 23 del 2011, artt. 8 e 9, con il D.L. n. 201 del 2011, art. 13, conv. con modif. dalla L. n. 214 del 2011, con il D.L. n. 1 del 2012, art. 91 bis, conv. con modif. dalla L. n. 27 del 2012, e con il D.M. Finanze n. 200 del 2012, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver escluso la spettanza del diritto all’esenzione dal pagamento dell’IMU ritenendo ostativo l’esercizio con modalità non commerciali delle attività di ricettività sociale.

Osserva che:

1. Il ricorso non merita accoglimento.

1.1 Va premesso che nella specie si controverte dell’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), in tema di ICI, applicabile anche all’imposta IMU per l’anno 2012, oggetto di causa, in virtù del rinvio operato dal D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 9, comma 8, in combinato disposto con il D.L. n. 201 del 2011, art. 13, conv. con modif. dalla L. n. 214 del 2011.

Tale esenzione, nella versione modificata ad opera del D.L. n. 1 del 2012, art. 91 bis, conv. dalla L. n. 27 del 12, applicabile ratione temporis, opera per “gli immobili utilizzati dai soggetti di cui al del testo unico delle imposte sui redditi, art. 87, comma 1, lett. c), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonchè delle attività di cui alla L. 20 maggio 1985, n. 222, art. 16, lett. a).”

Come è evidente siamo in presenza di una norma che, prevedendo una agevolazione fiscale, ha natura speciale e derogatoria della norma generale che istituisce il tributo e perciò, essendo di stretta interpretazione, non può essere applicata al di fuori delle ipotesi tipiche e tassative indicate, stante il divieto non solo di applicazione analogica, ma anche di interpretazione estensiva, in conformità a quanto stabilito dall’art. 14 preleggi (cfr. con riferimento ad altre fattispecie, ma sempre in materia di ICI, Cass., Sez. 5, n. 10646 del 2005 e Cass., Sez. 6-5, n. 15407 del 2017).

1.2 Trovando applicazione gli stessi principi elaborati in tema di ICI, questo Collegio, dando continuità a quanto già ritenuto da questa Corte in fattispecie analoga, ritiene che l’esenzione riconosciuta dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), per gli immobili utilizzati dai soggetti di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87, comma 1, lett. c), (enti pubblici e privati, diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato e non aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio d’attività commerciali), purchè destinati esclusivamente – fra l’altro – allo “svolgimento d’attività assistenziali”, non spetta alle Agenzie Territoriali per la Casa, istituite con L.R. Piemonte n. 11 del 1993, enti pubblici non economici che esercitano nell’ambito locale le funzioni già attribuite agli Istituti Autonomi per le Case Popolari, non essendo sufficiente la pretesa destinazione “esclusiva” allo svolgimento di attività assistenziale, ma occorrendo la destinazione diretta e immediata dell’immobile allo svolgimento dei compiti istituzionali dell’ente, aspetto non ravvisabile in caso di utilizzazione indiretta degli alloggi di edilizia residenziale pubblica concessi in godimento a cittadini assegnatari, e comunque assoggettati al pagamento di pigioni – sia pure inferiori a quelle di mercato – remunerative del capitale investito.(Vedi Cass. n. 34601 del 2019).

Le Agenzie Territoriali per la Casa, istituite con la L.R. Piemonte 26 aprile 1993, n. 11, esercitano nell’ambito locale le funzioni già attribuite agli Istituti Autonomi per le Case Popolari e sono subentrate nei rapporti attivi e passivi di questi, sono qualificate dalla citata L., art. 3, comma 2, enti pubblici di servizio, non economici, ausiliari della Regione, e provvedono all’amministrazione e gestione del proprio patrimonio e di quello ad esse affidato da altri enti pubblici ed all’attuazione di interventi, diretti o indiretti, finalizzati all’incremento ed alla conservazione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica e dei relativi servizi.

L’espressa qualificazione delle Agenzie quali enti pubblici non economici conferma che esse abbiano natura analoga a quella riconosciuta agli I.A.C.P. (cfr.: Cass. n. 18549 del 2003; Cass. SU n. 11052 del 1994; Cons. St., sez. VI, dec. 11 giugno 1990, n. 596), per i quali si è già ritenuto che, tenuto conto delle finalità sociali e degli scopi di pubblico interesse da questi perseguiti nel costruire appartamenti economici da porre a disposizione delle categorie di cittadini meno abbienti o bisognosi, risulta coerente con tali natura e funzione il permanere dell’obbligo degli assegnatari inquilini degli alloggi di corrispondere pigioni inferiori a quelle di mercato, in quanto calcolate senza intenti speculativi o di lucro (cfr.: Corte Cost., sent. 22 dicembre 1969, n. 169; Corte Cost. sent. 28 luglio 1976, n. 193).

Nonostante le finalità sociali e gli scopi di pubblico interesse e l’esclusione di un profitto d’impresa, tali enti hanno però il dovere di retribuire con il monte delle pigioni il capitale immobilizzato, realizzando il corrispondente reddito (cfr. R.D. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 21); circostanza che ne esclude la natura meramente assistenziale dell’attività.

Del resto si è da ultimo ribadito che” la tenuità e modestia del canone corrisposto non esclude il carattere economico dell’attività svolta, non essendovi equivalenza tra il concetto di corrispettivo tenue o modesto e quello di corrispettivo simbolico, il quale esclude completamente il rapporto sinallagmatico, sussistente invece nel primo caso”. (Vedi Cass. n. 8964 del 2020).

1.3 Ebbene questa Corte, anche a Sezioni Unite, ha ripetutamente affermato, che l’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), non spetta per gli immobili gestiti da IACP, e cioè da aziende per l’edilizia residenziale pubblica, richiedendosi la duplice condizione, insussistente per questa categoria di beni, dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito. (Cass. SU, n. 28160 del 26 novembre 2008; Cass., Sez. 6-5, n. 13542 del 1 luglio 2016; Cass., Sez. 5, n. 14226 dell’8 luglio 2015; Cass., Sez. 5, n. 3733 del 17 febbraio 2010).

In particolare è stato affermato che “in materia di ICI, l’esenzione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), opera alla duplice condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito, escludendo che il beneficio possa spettare in caso di utilizzazione indiretta, pur se assistita da finalità di pubblico interesse” (cfr. Cass. S.U. n. 28160 del 2008, e anche Cass. n. 7385 del 2012, Cass. n. 12313 del 2017 e Cass. n. 20135 del 2019).

Premesso che il riconoscimento dell’esenzione di cui al ciato art. 7, esige la duplice condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito, sia in riferimento agli IACP che alle Agenzie territoriali per la casa, subentrate nell’esercizio di medesime finalità, si è evidenziata l’assenza di entrambe, rilevando da un lato, che nell’attuazione dell’istituzionale destinazione alla locazione degli alloggi di edilizia sovvenzionata non è ravvisabile un utilizzo diretto degli immobili stessi da parte di tali enti e, dall’altro, che il godimento degli immobili da parte dei cittadini assegnatari è comunque assoggettato al pagamento di pigioni – sia pure inferiori a quelle di mercato remunerative del capitale investito.

2. Peraltro, deve rilevarsi che la menzionata giurisprudenza in materia di IACP, nel formulare le conclusioni di cui sopra, teneva conto che la non spettanza dell’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), dipendeva anche dal fatto che, per tali enti, era prevista dal medesimo D.Lgs., all’art. 8, comma 4, una riduzione di imposta, il che non si conciliava con una esenzione di carattere generale.

Anche l’evoluzione normativa successiva conferma tale conclusione: il D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 10, conv. con modif. dalla L. n. 214 del 2011, aveva previsto, per le unità adibite ad abitazione principale del soggetto passivo e per le relative pertinenze, una detrazione dall’imposta dovuta sino a concorrenza del suo ammontare di Euro 200,00, estesa anche alle unità immobiliari di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, comma 4, che riguardava proprio gli alloggi assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari per i quali era riconosciuta l’agevolazione della detrazione per l’abitazione principale.

Nè rispetto alle condizioni suindicate è desumibile qualche elemento di novità dal D.M. n. 200 del 2012, che, nel fornire una definizione di attività di ricettività sociale, non ha comunque escluso il requisito dell’utilizzo diretto da parte degli enti che le gestiscono; le attività di natura recettiva sono da sempre potenzialmente meritevoli dell’esenzione de quo, ma solo in presenza degli ulteriori requisiti che l’individuazione delle particolari caratteristiche dei beneficiari di tali attività non ha modificato.

L’attività svolta dagli IACP o dalle analoghe A.T.C. non prevede la gestione diretta di un’attività di ricettività sociale ma la gestione di un’attività di concessione a terzi del godimento degli immobili a prezzi calmierati.

Tanto è confermato dal fatto che, successivamente, il D.L. n. 102 del 2013, art. 2, comma 2, lett b), conv. dalla L. n. 124 del 2013, modificando il D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 10, conv. con modif. dalla L. n. 214 del 2011, ha mantenuto la mera detrazione in riferimento “agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari (IACP) o dagli enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse finalità degli IACP, istituiti in attuazione del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 93”, mentre allo stesso art. 2, comma 4, ha previsto l’equiparazione all’abitazione principale solo per le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a decorrere dal primo luglio 2013, e per i fabbricati destinati ad alloggi sociali, come definiti dal Ministero delle infrastrutture del 22.4.2008 pubblicato nella G.U. del 24.6.2008 n. 146, dal successivo primo luglio 2014.

Disposizione che è stata richiamata dalla CTR, nella parte in cui dal 2014 prevede l’equiparazione degli alloggi sociali alle abitazioni principali, al solo fine di escludere tale equiparazione, stante l’operatività per gli immobili gestiti dalle A.T.C. del diverso regime innanzi descritto.

3. Nè sussiste la disparità di trattamento prospettata in ricorso.

Il Giudice delle Leggi ha già affrontato analogo problema con le sentenze 12 aprile 1996, n. 113, e 2 aprile 1999, n. 119, e dichiarato l’inammissibilità e l’infondatezza della questione, rilevando che in materia di esenzioni e riduzioni d’imposta il legislatore gode di ampia discrezionalità, il cui esercizio non è sindacabile se non per manifesta irragionevolezza o arbitrarietà che nella fattispecie non sussistono.

Il citato art. 7, prevede, infatti, esenzioni per categorie di immobili che presentano rilevanti differenze rispetto a quelli di proprietà degli Enti di edilizia residenziale che (sia pure a canoni o prezzi predeterminati per legge) sono destinati istituzionalmente alla locazione o, alle condizioni predeterminate dalla legge, alla vendita. Attività, questa, assai diversa rispetto a quelle cui sono verosimilmente destinati gli altri immobili ivi elencati e che, contrariamente all’assunto di parte ricorrente, non può definirsi assistenziale.

La strutturale diversità fra la destinazione degli immobili di proprietà degli IACP e delle ATC, e quella degli altri immobili previsti dall’art. 7, già innanzi evidenziata, rende non irragionevole l’opzione discrezionale del legislatore di non inserire gli enti di gestione del patrimonio edilizio residenziale nell’elenco di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7.

4. Per tutto quanto sopra esposto il ricorso va rigettato.

4.1. Segue la condanna dell’Agenzia ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.

4.2 Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, in quanto notificato dopo tale data, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente a pagare all’ente impositore le spese di lite del presente giudizio, che si liquidano nell’importo complessivo di Euro 1.400,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, esborsi per Euro 200,00 ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.

Così deciso in Roma, da remoto, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2021

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