Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17299 del 12/07/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 17299 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: BISOGNI GIACINTO

Ud. 11/12/12
SENTENZA
sul ricorso proposto da:

Mladen SINCIC e Veljko SINCIC, nella qualità di eredi
di Mira Tranajstic Sincic, entrambi elettivamente
domiciliati in Roma, via Crescenzio 20, presso lo
studio dell’avv.to Stefano Ménicacci, che

li

rappresenta e difende in virtù di procura a margine del
ricorso nonché l’avv. Gina TRALICCI, che impugna per il
capo relativo alla condanna delle spese ; in proprio, con
il proprio ministero ex art. 86 c.p.c.;

– ricorrenti nontro

101j miniate= dalla Giustizia, intg~na del ~latro
tempore,

mr,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura

1

Data pubblicazione: 12/07/2013

generale dello Stato e domiciliato in Roma presso i
suoi uffici, in via dei Portoghesi 12;

– controricorrente avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia
emesso in data 20 settembre 2010 e depositato il 9

sentito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Sergio Del Core che ha concluso per
il rigetto del ricorso;

Rilevato che:
1. Con ricorso del 15 ottobre 2010 Mladen Sincic e
Veljko Sincic, nella qualità di eredi di Mira
Tranajstic Sincic, hanno chiesto alla Corte di
appello di Perugia la condanna del Ministero
della Giustizia al risarcimento, ex legge
n.89/2001, del danno subito per la durata
eccessiva e non ragionevole di un giudizio
iniziato dalla loro dante causa davanti alla
Pretura del lavoro di Roma.
2. Si è costituito il Ministero della Giustizia e ha
chiesto dichiararsi la nullità della procura
rilasciata in favore dell’avv.to Tralicci perché
mancante della indicazione del luogo e della data
di rilascio e apparentemente conferita da un
soggetto residente all’estero, quindi senza
l’osservanza della procedura prevista in casi
simili e con la conseguenza del venir meno dello
2

novembre 2010, R.G. n. 740/2010;

jus

postulandi

chiesto

ammettersi

interrogatorio formale dei ricorrenti sulla
circostanza del luogo del rilascio della procura.
3. La Corte di appello di Perugia ha ammesso
l’interrogatorio formale dei ricorrenti da
espletarsi, nel loro luogo di residenza, per

di Croazia, ai sensi della Convenzione firmata a
l’Aja il 1 marzo 1954 e ha fissato al 15 ottobre
2008 il termine per l’espletamento. Tale termine
è stato prorogato per due volte dalla Corte di
appello dopo aver riscontrato che la richiesta di
rogatoria non era stata evasa dalla autorità
giudiziaria croata. All’udienza dell’8 febbraio
2010 l’Avvocatura dello Stato ha depositato la
traduzione del verbale della rogatoria nel
frattempo evasa dall’autorità delegata. Il
difensore dei ricorrenti ha eccepito la nullità
della proroga del termine per l’espletamento
della rogatoria e la conseguente decadenza della
parte dal diritto di avvalersi di quel mezzo di
prova. Ha eccepito altresì la nullità della prova
delegata perché non preceduta dalla comunicazione
alle parti del luogo e del tempo dell’assunzione
della prova.
4. La Corte di appello di Perugia, con il decreto
impugnato, ha respinto entrambe le eccezioni
della difesa degli odierni ricorrenti. Ha
rilevato, in particolare, che nella rogatoria

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delega all’autorità giudiziaria della Repubblica

all’autorità estera le forme del procedimento di
assunzione sono regolate dalla lex loci salvo che
il giudice richiedente abbia chiesto l’osservanza
di forme particolari sicché solo nel caso di
contrarietà, rilevabile d’ufficio, delle norme
processuali straniere all’ordine pubblico interno

delegata. La Corte di appello ha richiamato la
giurisprudenza di legittimità (Caso. civ.
7789/1991)

che ha ritenuto non contrario

all’ordine pubblico interno l’omesso
riconoscimento del diritto di informazione delle
parti circa il tempo e il luogo dell’assunzione a
meno che il giudice richiedente non abbia
proposto, su istanza di parte, una espressa
domanda di informazione al riguardo. La Corte
territoriale ha anche affermato l’idoneità della
prova espletata a confutare la validità della
procura. Sebbene il difensore con la
sottoscrizione dell’atto processuale e con
l’autentica della procura a esso riferita, compie
un negozio di diritto pubblico e riveste la
qualità di pubblico ufficiale, la cui
certificazione di autografia può essere
contestata soltanto con la querela di falso, – ha
rilevato la Corte perugina – nel caso di specie,
non sussiste l’ipotesi del ricorso necessario
alla querela di falso non avendo
l’amministrazione

messo

4

in

discussione

si può ritenere non utilizzabile la prova

l’autografia della firma apposta in calce alla
procura ma avendo limitato la sua eccezione
all’avvenuto rilascio della procura fuori del
territorio italiano, sul presupposto della
mancata indicazione del luogo di rilascio dalla
procura e della residenza dei ricorrenti

ha rilevato la piena ammissibilità dell’eccezione
di nullità della procura rilevando che, da un
lato, deve presumersi che, quando l’autentica
della sottoscrizione sia stata effettuata da un
difensore esercente in Italia e ancorché manchi
l’indicazione del luogo di conferimento, il
rilascio del mandato e l’autentica della
sottoscrizione debbano ritenersi avvenuti in
Italia, anche se il mandante risiede all’estero.
D’altro lato tuttavia, secondo la univoca
giurisprudenza di legittimità
5840/2007),

(Casa. clv.

n.

richiamata dalla Corte di appello,

tale presunzione può essere vinta con una prova
contraria che nella specie è consistita nelle
dichiarazioni rese dai ricorrenti negli
interrogatori formali assunti per rogatoria.
5. Sentiti dall’autorità giudiziaria croata, il 10
agosto 2009, i sigg.ri Mladen Sincic e Veljko
Sincic hanno entrambi dichiarato di non aver
conferito la procura relativa al presente
giudizio all’avv.to Tralicci né di aver mai
conferito mandato ad alcun avvocato in Italia.

5

all’estero. Per altro verso la Corte di appello

6. All’esito di tali dichiarazioni la Corte di
appello di Perugia ha ritenuto che Mladen Sincic
e Veljko Sincic non avessero conferito alcuna
procura a rappresentarli all’avvocato Gina
Tralicci e che quest’ultima abbia agito in loro
nome, proponendo la domanda ex legge n. 89/2001,

conseguenza

ha

jus postulandi.

dichiarato

il

Di

ricorso

inammissibile per inesistenza della procura e ha
condannato il difensore senza poteri alla
refusione

delle

spese

sostenute

dall’amministrazione convenuta.
7.

Ricorrono per cassazione Mladen Sincic e Veljko
Sincic e l’avv. Gina Tralicci, relativamente alla
condanna al pagamento delle spese processuali in
proprio, affidandosi a tre motivi di impugnazione
con i quali deducono: a) violazione e falsa
applicazione dell’art. 24 e 26 della Costituzione
e degli artt. 115 e 112 c.p.c. della legge n.
367/2001 e dell’art. 726 c.p.c. nonché vizio di
motivazione ex art. 360 n. 4 e 5 c.p.c.; b)
violazione e falsa applicazione degli artt. 154,
184 bis, 204 e 294 c.p.c.; c) violazione o falsa
applicazione dell’art. 221 c.p.c.

8. Si difende con controricorso il Ministero della
Giustizia.
Ritenuto che
9. Il ricorso è infondato per i seguenti motivi.
10. Con il primo motivo di ricorso la difesa dei

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pur essendo priva dello

ricorrenti ritiene che la Corte di appello abbia
fondato il proprio convincimento su dichiarazioni
in contrasto fra loro e non riferibili alla
fattispecie in esame. L’assunto è smentito dal
testo delle dichiarazioni riportate nella
motivazione della Corte di appello da cui risulta

procure per la loro costituzione in giudizio.
11.La difesa dei ricorrenti ritiene che le modalità
di assunzione degli interrogatori formali abbiano
violato i principi fondamentali dell’ordinamento
giuridico italiano in tema di diritto di difesa.
La affermazione è stata già correttamente
smentita dalla Corte di appello con riferimento
alla sentenza di questa Corte (Case. civ. sezione
I n. 7789 del 12 luglio 1991) che ha ritenuto la
nullità dell’assunzione della prova in relazione
all’art. 7 della Convenzione sull’assunzione
all’estero delle prove in materia civile o
commerciale, adottata a l’Aja il 18 marzo 1970,
resa esecutiva con l. 24 ottobre 1980, n. 745 ed
entrata in vigore il 21 agosto 1982, per il quale
l’auto ità che dispone la rogatoria è informata,
■•••• ■■
ne abbia fatto richiesta, della data e del

\ WW

luogo in cui avrà luogo il procedimento affinché
le parti interessate possano assistervi. Vale a
tale riguardo richiamare altresì la sentenza di
questa Corte (Casa. civ., sezione I, n. 13298 del
13 dicembre 1999) secondo cui il concetto di

7

che mai i ricorrenti avessero conferito in Italia

ordine pubblico italiano, di cui all’ora abrogato
art. 797 n. 7 cod. proc. civ. (identico a quello
richiamato nell’abrogato art. 31 delle preleggi)
comprende il complesso dei principi ivi
compresi quelli desumibili dalla Carta
Costituzionale – che formano il cardine della

nazionale in un determinato momento storico,
conferendole una ben individuata ed
inconfondibile fisionomia, nonché quelle regole
inderogabili, le quali abbiano carattere di
fondamentalità (che le distingue dal più ampio
genere delle norme imperative) e siano immanenti
ai più importanti istituti giuridici, e
considerato che con riferimento alle norme
processuali, detto concetto, così precisato, è
riferibile ai principi inviolabili, posti
nell’ordinamento, a garanzia del diritto di
difesa, per tali intendendosi gli istituti del
processo civile, i quali, per la loro portata
sostanziale, assicurino alle parti una
sufficiente ed adeguata tutela giurisdizionale e
si identificano negli elementi essenziali del
diritto di agire e di resistere in giudizio e non
anche nelle modalità di regolamentazione del
diritto di difesa stesso in relazione ai singoli
atti istruttori.

12. La difesa dei ricorrenti ribadisce l’intervenuta
decadenza dall’assunzione della prova delegata in

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struttura economico sociale della comunità

considerazione del fatto che/ mentre il termine
per la rogatoria era stato fissato dalla Corte di
appello per il 15 ottobre 2008, la prova per
interpello era stata eseguita solo il 18 gennaio
2010. A tale eccezione la Corte di appello ha già
risposto, anche in questo caso correttamente,

assunzione della prova appartiene all’autorità
giudiziaria dello Stato richiedente cui è
attribuito, in base alla citata convenzione
dell’Aja, il potere di rivolgersi con commissione
rogatoria all’autorità competente di un altro
Stato contraente per richiedergli il compimento
di un atto istruttorio. La commissione rogatoria
ha pertanto un impulso officioso che caratterizza
tutto il sub-procedimento e che esclude la
possibilità di una comminatoria di decadenza,
eccepita dalla difesa dei ricorrenti, dovendo
ritenersi insussistente la ragione
giustificatrice di una rimessione in termini, a
carico della parte che ha chiesto l’ammissione
della prova, per il mancato espletamento
dell’attività istruttoria demandata dal giudice
italiano all’autorità giudiziaria straniera. La
fissazione di un nuovo termine da parte del
giudice ha infatti una funzione di programmazione
della prosecuzione del processo e di
interlocuzione con l’autorità giudiziaria cui è
rivolta la richiesta di assunzione della prova

9

rilevando che la “titolarità” della richiesta di

che prescinde dall’attivazione della parte.
13. Secondo la difesa dei ricorrenti la Corte di
appello ha omesso di pronunciarsi sull’eccezione
in ordine alla necessità di una querela di falso,
quale

unico

strumento idoneo a confutare la

validità della sottoscrizione della procura ad

c.p.c. Tale affermazione è infondata sia quanto
all’assunto dell’omessa pronuncia sia quanto alla
deduzione

della

inutilizzabilità

delle

dichiarazioni rese in sede di interrogatorio
formale al di fuori di un procedimento di querela
di falso ex art. 221 c.p.c. e al fine del
disconoscimento

della

sottoscrizione

della

procura. Sul punto la Corte di appello ha già
chiarito che / nella specie / il Mlnistio della
Giustizia

non ha messo

in discussione

l’autografia della firma apposta in calce alla
procura ma ha eccepito che la procura non era
presumibilmente stata rilasciata in Italia sia
perché in essa non è indicato il luogo di
apposizione della firma e di certificazione della
sua autenticità, sia perché i ricorrenti sono
residenti e vivono in Croazia. La necessità della
querela di falso sussiste solo se diretta a
contestare la certificazione di autografia
laddove la presunzione di effettuazione in Italia
della autentica della sottoscrizione incontra la
possibilità di essere vinta con prova contraria

10

litem con conseguente violazione dell’art. 112

che nella specie è stata raggiunta secondo un
giudizio scevro da vizi logici reso dalla Corte
di appello con riferimento alle dichiarazioni
degli stessi ricorrenti in sede di interrogatorio
formale.
14. Per quanto riguarda l’impugnazione dell’avv.

relativo alla sua condanna al pagamento delle
spese processuali, impugnazione che non si è
sviluppata in specifici motivi di ricorso, deve
rilevarsi che l’inesistenza della procura
accertata dalla Corte di appello e la conseguente
constatazione dell’aver ella agito in
rappresentanza dei ricorrenti senza averne il
potere ha comportato necessariamente la pronuncia
di condanna per essere la responsabilità delle
spese del giudizio sostenute dall’amministrazione
ascrivibile esclusivamente *al difensore privo
dello jus postulandi.
15.Vànno pertanto respinti i ricorsi con condanna
dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese
processuali del giudizio di cassazione.

P.Q.M.
La Corte rigetta entrambi i ricorsi e condanna i
ricorrenti in solido al pagamento delle spese del
giudizio di cassazione liquidate in complessivi 550
euro oltre spese prenotate a debito. Dispone

11

Tralicci, riguardante il capo della pronuncia

trasmettersi rapporto alla Procura della Repubblica
competente.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio

dell’il dicembre 2012.

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