Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17296 del 13/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 13/07/2017, (ud. 26/06/2017, dep.13/07/2017),  n. 17296

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana M.T. – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. PICARDI Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23499-2011 proposto da:

MONTERIPOLIS SRL IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA CASTROVILLARI 4, presso lo studio dell’avvocato LUIGI DE VITIS,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA GERIT SPA AGENTE RISCOSSIONE PROVINCIA DI ROMA,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA ATTILIO REGOLO 12D, presso lo

studio dell’avvocato RICCARDO ZACCHIA, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

nonchè contro

COMUNE DI TIVOLI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 96/2011 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 16/02/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/06/2017 dal Consigliere Dott. ZOSO LIANA MARIA TERESA.

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. La società Monteripolis s.r.l. in liquidazione impugnava la cartella di pagamento notificata il 22.1.2007 dal concessionario Gerit s.p.a. per conto del Comune di Tivoli relativa alla Tarsu ed al tributo provinciale per l’anno 2005. La commissione tributaria provinciale di Roma rigettava il ricorso con sentenza che era confermata dalla commissione tributaria regionale del Lazio. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la società Monteripolis s.r.l. in liquidazione affidato a cinque motivi. Si è costituita in giudizio con controricorso Equitalia Sud s.p.a., già Gerit s.p.a..

2. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge e nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in relazione all’art. 161 c.p.c., poichè in calce alla sentenza di secondo grado risultano apposte due sigle illeggibili sotto l’indicazione del relatore e del presidente sicchè è impossibile comprendere chi effettivamente abbia emesso la sentenza impugnata.

3. Con il secondo motivo deduce nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., dato che i giudici di appello hanno omesso di pronunciarsi in ordine all’eccezione di decadenza e di prescrizione dell’azione accertatrice ed in ordine alla genericità del contenuto della sentenza di primo grado perchè in essa mancava qualsiasi ricostruzione dell’iter procedimentale e qualsiasi riferimento alle richieste delle parti nonchè al contenuto della cartella impugnata. Sostiene, poi, che nella sentenza impugnata è stata omessa l’indicazione del comune di Tivoli quale parte processuale nel giudizio di primo grado e che la CTR ha omesso di pronunciarsi in ordine alla illegittimità della cartella esattoriale derivante dal fatto che era stato applicato dal Comune il regolamento comunale che, in violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68, prevedeva una tariffa differenziata per le unità abitative e per gli esercizi alberghieri; tale regolamento avrebbe dovuto essere disapplicato ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992m art. 7, comma 5. Inoltre la CTR ha omesso di pronunciarsi in ordine all’ulteriore rilievo secondo cui il Comune di Tivoli avrebbe dovuto operare una riduzione della tariffa Tarsu in considerazione del fatto che l’attività alberghiera veniva svolta solamente in modo saltuario ed occasionale in taluni periodi dell’anno, rimanendo chiusi i locali nei restanti periodi. Infine nella cartella non era specificato quali importi erano richiesti a titolo di Tarsu e quali, invece, a titolo di tributo provinciale per lo svolgimento delle funzioni ambientali e per l’addizionale erariale.

4. Con il terzo motivo deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Sostiene che la CTR non ha motivato in ordine al rilievo relativo alla mancata differenziazione della tariffa per abitazioni ed alberghi, giusta il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68.

5. Con il quarto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68, ed D.Lgs. art. 7, oppure nel caso in cui l’ufficio ritenga che la denuncia presentata sia infedele od incompleta, mentre, qualora, come nel caso di specie, la denuncia sia stata presentata, l’ente, ove ritenga di non contestarla, procede attraverso la notifica della cartella esattoriale senza previo emissione di alcun avviso di accertamento, liquidando il tributo in base agli elementi dichiarati dallo stesso contribuente o a seguito di denuncia di variazione. In tal caso la notifica della cartella di pagamento, prima dell’entrata in vigore della L. n. 296 del 2006, non era sottoposta ad alcun termine di decadenza, posto che quello fissato dal D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 72, comma 1, si riferisce esclusivamente alla formazione e alla notifica del ruolo, ma doveva comunque avvenire nel termine di prescrizione di cinque anni, ai sensi dell’art. 2948, n. 4, cod. civ. (Cass. n. 24679 del 23/11/2011).

La L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 163, prevede che, nel caso di riscossione coattiva dei tributi locali il relativo titolo esecutivo deve essere notificato al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo. Ed il successivo comma 171 prevede che le norme di cui ai commi da 161 a 170 si applicano anche ai rapporti di imposta pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Ora, considerato che la cartella di pagamento è stata notificata nel 2007 per la tassa afferente il 2005, il rapporto di imposta era ancora pendente poichè non era maturato il termine di prescrizione di cinque anni, per il che si applicava il termine triennale di cui all’art. 1, comma 163, citato. La notifica della cartella è, dunque, avvenuta nei termini anche secondo la nuova disciplina introdotta dalla L. n. 296 del 2006.

Il motivo riferito al non aver la CTR pronunciato in ordine al rilievo della genericità del contenuto della sentenza di primo grado perchè in essa mancava qualsiasi ricostruzione dell’iter procedimentale e qualsiasi riferimento alle richieste delle parti nonchè al contenuto della cartella impugnata è inammissibile perchè generico, non avendo indicato specificamente quali censure erano state svolte in ordine al contenuto della sentenza di primo grado.

Il fatto che nell’intestazione della sentenza di secondo grado sia stata omessa l’indicazione del comune di Tivoli, benchè esso fosse stato parte processuale nel giudizio di primo grado, non determina la nullità della sentenza, non essendo stata eccepita la violazione del principio del contraddittorio e posto che dal contenuto della sentenza è dato evincere il riferimento all’ente territoriale quale parte processuale.

I rilievi relativi alla carente motivazione della cartella per non essere in essa indicati separatamente gli importi dovuti a titolo di Tarsu e quelli a titolo di tributo provinciale per lo svolgimento delle funzioni ambientali e di addizionale erariale sono inammissibili per difetto del requisito dell’autosufficienza sancito dall’art. 366 c.p.c., avendo la ricorrente censurato la sentenza della commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione della cartella senza riportarne il testo. Ciò facendo la ricorrente non ha consentito la verifica esclusivamente in base al ricorso medesimo, dovendosi considerare che la predetta cartella non è un atto processuale, bensì amministrativo, la cui legittimità è necessariamente integrata dalla motivazione dei presupposti di fatto e dalle ragioni giuridiche poste a suo fondamento (cfr. Cass. n. 9536 del 19/04/2013; Cass. n. 8312 del 04/04/2013).

Analogamente è inammissibile il rilievo relativo al fatto che l’illegittimità della cartella deriverebbe dalla circostanza che è stato applicato dal Comune il regolamento comunale che, in violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68, prevedeva una tariffa differenziata per le unità abitative e per gli esercizi alberghieri, dal che sarebbe derivato l’obbligo della disapplicazione del regolamento stesso da parte della CTR a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 5. Invero, ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione avverso l’applicazione della tassa sui rifiuti solidi urbani (TARSU) per violazione del regolamento di un Comune, ove siano sollevate censure che comportino l’esame di detto regolamento, è necessario, per il principio di autosufficienza del ricorso, che le norme del regolamento invocate siano interamente trascritte o allegate, non operando, con riguardo alle norme giuridiche secondarie, il principio iura novit curia, e non rientrando, pertanto, la conoscenza dei regolamenti comunali tra i doveri del giudice che, solo ove disponga di poteri istruttori, può acquisirne diretta conoscenza, indipendentemente dall’attività svolta dalle parti (Cass. n. 1391 del 23/01/2014; Cass. n. 29322 del 15/12/2008; Cass. n. 12786 del 29/05/2006).

Quanto al rilievo relativo al fatto che il Comune avrebbe dovuto concedere una esenzione poichè l’attività alberghiera veniva svolta solamente in modo saltuario ed occasionale in taluni periodi dell’anno, rimanendo chiusi i locali nei restanti periodi, si osserva che, in tema di TARSU, nel caso di esercizi alberghieri dotati di licenza annuale, essendo il presupposto del tributo costituito dalla occupazione o conduzione di locali a qualsiasi uso adibiti, ai fini della esenzione dalla tassa non è sufficiente la sola denuncia di chiusura invernale ma occorre allegare e provare la concreta inutilizzabilità della struttura (Cass. n. 22756 del 09/11/2016). Nel caso che occupa la ricorrente non ha allegato nè di aver effettuato la denuncia di chiusura invernale nè di non aver provato in concreto di non averla utilizzata, per il che il rilievo è infondato.

Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

 

La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere ad Equitalia Sud s.p.a. le spese processuali che liquida in Euro 2.200,00, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2017

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