Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17294 del 13/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 13/07/2017, (ud. 26/06/2017, dep.13/07/2017),  n. 17294

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. PICARDI Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22428/2011 proposto da:

COMUNE DI MOZZECANE, CONSORZIO BACINO VERONA 2 QUADRILATERO,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA MARCELLO PRESTINARI 13, presso

lo studio dell’avvocato GIUSEPPE RAMADORI, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MAURIZIO LOVISETTI;

– ricorrenti –

contro

POLITEX SRL, CONCESSIONARIO RISCOSSIONE PROVINCIA DI VERONA EQUITALIA

NOMOS SPA;

– intimati –

nonchè da:

POLITEX SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA B. TORTOLINI 34,

presso lo studio dell’avvocato NICOLO’ PAOLETTI, che lo rappresenta

e difende;

– controricorrente incidentale –

contro

COMUNE DI MOZZECANE, CONSORZIO BACINO DI VERONA 2 QUADRILATERO,

CONCESSIONARIO RISCOSSIONE PROVINCIA DI VERONA EQUITALIA NOMOS SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 25/2011 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

VERONA, depositata il 10/02/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/06/2017 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO.

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. La società Politex s.r.l. impugnava la cartella di pagamento emessa ai fini della TIA per l’anno 2007 dal Comune di Mozzecane, per il tramite dell’ente gestore del servizio Consorzio di Bacino di Verona 2 del Quadrilatero, assumendo di esercitare l’attività di carpenteria metallica e di non dover pagare nulla a titolo di tariffa per la gestione dei rifiuti urbani in quanto nell’area destinata ad officina di lavorazione ed a magazzino si producevano unicamente rottami di ferro e trucioli, rifiuti speciali derivanti dalla produzione che essa contribuente conferiva a terzi autorizzati per lo smaltimento e che non erano da considerare assimilabili agli urbani ai fini della raccolta e dello smaltimento.

La commissione tributaria provinciale di Verona accoglieva il ricorso affermando che la tariffa era dovuta solo in relazione alla superficie occupata da uffici. La sentenza era confermata dalla commissione tributaria regionale del Veneto, sezione staccata di Venezia.

2. Avverso la sentenza della CTR propongono ricorso per cassazione il Comune di Mozzecane ed il Consorzio di Bacino di Verona 2 del Quadrilatero affidato a quattro motivi iilustrati con memoria. Resiste con controricorso la società Politex S.r.l., la quale ha svolto ricorso incidentale affidato ad un motivo pure illustrato con memoria.

3. Con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione di legge e vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto la CTR ha errato nel ritenere che essi ricorrenti avessero rinunciato all’eccezione di inammissibilità del ricorso per essere stato proposto avverso la cartella di pagamento non per vizi propri della stessa ma per vizi propri dell’atto prodromico costituito l’avviso di pagamento che era stato autonomamente impugnato.

2. Con il secondo motivo deducono violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.P.R. n. 152 del 2006, art. 195, comma 2, lett. e. Sostiene che l’art. 195 citato prevede che non possono essere, di norma, assimilati ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree produttive, compresi i magazzini di materie prime ed i prodotti finiti, salvo i rifiuti prodotti negli uffici, nelle mense, negli spazi, nei bar e nei locali di servizio dei lavoratori o comunque aperti al pubblico. Sostiene che tale norma non è direttamente precettiva nei confronti dei comuni che procedono al prelievo e che, pertanto, la CTR ha errato nel ritenere che l’applicazione di essa implicasse la detassazione delle superfici produttive e dei magazzini.

4. Con il terzo motivo deducono violazione di legge e vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto ha errato la CTR nel ritenere non assimilati agli urbani i rifiuti metallici prodotti dalla Politex s.r.l. sulla base della Delib. n. 24 del 1998 del comune di Mozzecane poichè nella normativa Tia non è prevista la detassazione delle superfici produttive di rifiuti speciali nè in tal modo dispone il regolamento del comune.

5. Con il quarto motivo deducono violazione di legge e vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto la CTR ha ritenuto non imponibili le officine di lavorazione ed i magazzini senza verificare la sussistenza delle indispensabili condizioni formali e probatorie atte a dichiarare ed a comprovare l’esistenza e la delimitazione delle superfici non imponibili, condizioni non configurabili e comunque non dichiarate nè provate per il magazzino.

6. Con l’unico motivo di ricorso incidentale la contribuente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la CTR disposto la compensazione delle spese pur essendo risultato soccombente il Comune.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso, contiene distinte censure, riferite alle diverse ipotesi di cui dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. La prospettazione del ricorrente non esclude, tuttavia, lo scrutinio delle censure stesse. Infatti, in tema di ricorso per cassazione, la configurazione formale della rubrica del motivo di gravame non ha contenuto vincolante per la qualificazione del vizio denunciato, poichè è solo la esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico,il contenuto della censura. Ciò in quanto il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, deve essere bensì articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, ma non è necessaria l’adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come autonomo motivo, non costituisce, dunque, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato, esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass. S.U. n. 9100 6/5/2015; Cass. S.U. n. 17931 del 24//2013; Cass. n. 17514 del 2/9/2016). Ciò premesso, il motivo è fondato ed assorbe gli altri. Va considerato che la Corte di legittimità ha affermato il principio secondo cui, in tema di contenzioso tributario, sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, tutti quegli atti con cui l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorchè tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione di pagamento, sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto, non assumendo alcun rilievo la mancanza della formale dizione “avviso di liquidazione” o “avviso di pagamento” o la mancata indicazione del termine o delle forme da osservare per l’impugnazione o della commissione tributaria competente, le quali possono dar luogo soltanto ad un vizio dell’atto o renderlo inidoneo a far decorrere il predetto termine, o anche giustificare la rimessione in termini del contribuente per errore scusabile (Sez. U, Sentenza n. 16293 del 24/07/2007). Ed è stato, poi, affermato che i contribuenti hanno la facoltà e non il dovere d’impugnare atti diversi da quelli individuati dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, che manifestano il rapporto tributario (Cass. n. 16952 del 2015; Cass. n. 10987 del 2011; Cass. n. 15946 del 2010). Nel caso che occupa la contribuente aveva esercitato la facoltà di impugnare l’avviso di pagamento, per il che avrebbe potuto impugnare la cartella solo per vizi propri (tra i quali rientrava la mancata definitività dell’atto prodromico in quanto ancora sub iudice) e non per vizi inerenti l’avviso di pagamento.

2. Il ricorso va dunque accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 2, ed il ricorso originario della contribuente va rigettato. Le spese processuali dei giudizi di merito si compensano tra le parti in considerazione dell’affermarsi del principio giurisprudenziale in ordine alla impugnabilità degli atti diversi da quelli elencati nel D.Lgs. n. 546 del 1992, in epoca successiva alla proposizione del ricorso e quelle di questo giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese processuali relative ai giudizi di merito e condanna la contribuente a rifondere ai ricorrenti le spese processuali di questo giudizio, spese che liquida in complessivi Euro 2.200,00, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2017

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